Alla ricerca di
pascoli per le loro pecore, gli Ebrei si spostarono fino in
Egitto, dove vissero in relativa tranquillità per più di
quattrocento anni; fu solo attorno al 1300 a. C., durante il
regno di Ramsete II, che la situazione precipitò.
"Sopra
l'Egitto sorse un nuovo re, che non tenne in nessuna
considerazione Israele. Egli disse al suo popolo: Ecco, il
popolo dei figli d'Israele è più numeroso e più potente di
noi. Orsù, procediamo con cautela a suo riguardo, che non
abbia a moltiplicarsi ancora e, in caso di guerra, non si
unisca ai nostri nemici, combatta contro di noi e poi se ne
parta dal nostro paese. Furono stabiliti dunque sopra
Israele dei sorveglianti ai lavori, per opprimerlo con le
loro angherie. Ma quanto più l'opprimevano, tanto più il
popolo di Israele si moltiplicava e si estendeva. Per questo
gli Egiziani presero in odio i figli d'Israele e li
ridussero alla condizione di schiavi, trattandoli aspramente
ed amareggiando la loro vita" (2).
Tra le
persecuzioni che Ramsete ordinò contro gli Ebrei, una fu
particolarmente terribile: comandò alle levatrici di uccidere
tutti i neonati maschi, lasciando solo le femmine in vita. La
Bibbia racconta, nel libro dell'Esodo, della nascita di colui
che il Signore aveva destinato come liberatore: Mosè.
"Un uomo
della casa di Levi prese per moglie una figlia di Levi.
Questa donna concepì ed ebbe un figlio. Vedendo che era così
bello, lo tenne celato per tre mesi. Poi, non potendo più
tenerlo nascosto, prese una piccola cesta di papiro, la
spalmò di bitume e di pece, vi pose dentro l'infante e la
mise nella giuncaia sulle rive del Nilo. La sorella del
bambino se ne rimase ad una certa distanza, per vedere che
cosa gli sarebbe successo.
Intanto la figlia del Faraone era scesa a bagnarsi nel fiume
e mentre le sue ancelle passeggiavano sulla riva, ella vide
la piccola cesta nella giuncaia e mandò la sua serva a
prenderla. Poi l'aprì e vide che c'era dentro un bambino; ed
ecco che il bimbo pianse ed ella ne fu mossa a compassione e
disse: "Questo è un figlio degli Ebrei". Allora la sorella
del bambino le chiese: "Devo andare a chiamarti una balia
ebrea che allatti il bambino?" La figlia del Faraone le
disse di sì e la fanciulla corse a chiamare la madre del
bambino" (3).
Nell'immagine
a lato,
"Mosè ritrovato" di Salvator Rosa (1615-1673), particolare, olio
su tela. Detroit, Institute of Arts
Fu così che la madre poté ritrovare suo figlio. La principessa
lo allevò e lo chiamò Mosè, che in egiziano vuol dire "salvato
dalle acque". Il piccolo venne educato come un principe; imparò
la matematica, la musica, la medicina, l'astrologia e la
scrittura, che poi trasmise al suo popolo. Egli apprese anche la
magia, che gli fu insegnata dal sacerdote Anacharsis, che gli
rivelò i nomi degli spiriti da invocare quando era nei guai e
gli regalò il Dragone Rosso, un potentissimo talismano.
Mosè un giorno
uccise un Egiziano per difendere un Ebreo, per cui fu costretto
a fuggire. Sposò la figlia di Jetro, sacerdote di Madian, e
visse per anni pascolando le pecore, finché Jahvè non gli fece
conoscere la sua missione.
Egli tornò allora in Egitto e costrinse il Faraone a liberare il
popolo d'Israele, per guidarlo nella terra che era stata loro
promessa da Dio. Essendo Ramsete contrario a lasciarlo andare,
il Signore mandò dieci terribili piaghe sopra
l'Egitto. Guidati da Mosè, gli Ebrei peregrinarono per quarant'anni
prima di arrivare in Palestina.
Dopo aver ricevuto le tavole delle Leggi da Dio, Mosè morì nelle
pianure di Moab; gli Ebrei si stabilirono nella zona fra il Mar
Morto, la Fenicia ed il Sinai. L'abbandono del nomadismo favorì
una fiorente civiltà nella valle del Giordano. Il popolo fu
diviso in 12 tribù, ciascuna governata da un Giudice, capo che
veniva eletto per le sue capacità e le sue doti, non per diritto
ereditario.
La terra
promessa era però abitata da altre genti, tra cui i
Filistei, i Cananei, i Samaritani e gli Aramei. Con questi
popoli gli Ebrei lottarono duramente fino alla creazione del
primo Stato Ebraico sotto re Saul, attorno al 1020 a. C.
Il suo successore, Davide, conquistò Gerusalemme e suo figlio
Salomone la dotò del primo tempio stabile.
Nella
foto,
veduta di Gerusalemme
Prima di allora c'era stato soltanto un tempio itinerante, la
sacra Arca dell'Alleanza, cassa di legno dorato contenente le
Tavole delle Leggi, date a Mosè sul Sinai dal Signore.
Durante le peregrinazioni veniva trasportata a spalla da quattro
uomini, durante le soste era posta sotto una tenda, il
Tabernacolo.
Gli Ebrei erano stati nomadi tanto a lungo che non avevano
alcuna nozione di architetture stabili; per questo motivo la
costruzione del tempio di Gerusalemme fu affidata alle
maestranze fenicie, mandate da re Hiram I di Tiro, col quale
Salomone si indebitò pesantemente.
Egli consolidò lo stato dal punto di vista economico,
amministrativo, religioso e culturale; ma alla sua morte,
attorno al 920 a. C., ci fu una grave crisi, che portò ad uno
scisma fra le tribù: quelle del Nord diedero origine al regno di
Israele, con capitale a Samaria, quelle del sud costituirono il
regno di Giudea, con capitale a Gerusalemme.
La divisione indebolì lo stato ebraico, rendendolo facile preda
dei nemici; il re Nabuccodonosor distrusse Gerusalemme ed il suo
tempio nel 586 a. C. Tutta la popolazione sopravvissuta, secondo
l'usanza dell'epoca, fu deportata in Mesopotamia.
Babilonia significa "porta di Dio", ma per gli Ebrei fu solo un
luogo di prigionia; la cattività babilonese finì cinquant'anni
più tardi, con la conquista persiana del re Ciro, che permise
loro il ritorno in Palestina.
Ma in quel periodo durissimo i Profeti (parola che significa
"colui che parla") avevano tenuto ben desto lo spirito
nazionalistico e religioso: la prigionia fu intesa come una
punizione divina per coloro che avevano rinnegato la sacra
alleanza con Jahvè, che proteggeva dai nemici il popolo eletto.
La Bibbia
è la fonte principale delle nostre conoscenze sul popolo
ebraico. I primi cinque libri del Vecchio Testamento sono
chiamati Pentateuco (dal greco, rotolo in cinque parti) e
la tradizione li attribuisce a Mosè: sono la Genesi, l'Esodo, il
Levitico, i Numeri ed il Deuteronomio. Essi costituiscono per
gli Ebrei la Thorà, cioè la Legge, e vi troviamo una
lunga serie di norme che regolamentano ogni aspetto della vita,
per permettere al popolo di Israele di mantenersi puro al
cospetto del proprio Signore.
Il concetto di un Dio unico era allora molto originale, anche se
non appannaggio dei soli Ebrei; in realtà si può parlare di
monoteismo in senso stretto solo dopo Mosè, perché prima si
preferisce il termine di "monolatria" (4), che indica una
predominanza di adorazione per un dio che non escluda però dei
minori.
Jahvè assommava in sé le caratteristiche che altri popoli
dividevano in molteplici divinità: egli era il dio degli
eserciti, dava la legge e la vittoria al suo popolo, era lo
scudo che proteggeva il giusto e puniva l'ingiustizia. Era anche
un Dio che non tollerava altri dei; per questo la Bibbia
descriveva minuziosamente i guai a cui andava incontro chi
rinnegava l'unico vero Dio a favore di falsi dei.
Il pericolo
dell'idolatria non era così lontano come si potrebbe pensare.
Jahvè aveva stretto un patto con il popolo di Israele, ma le
popolazioni vicine avevano divinità delle quali, ogni tanto,
egli subiva la suggestione. Dai Fenici gli Ebrei presero Astarte,
dea della fecondità, simbolo e protettrice della donna e della
madre; dagli Assiro-Babilonesi Dumu-zi-abzu, che fu cambiato in
Tammuz, che rappresentava le forze generative della natura e che
divenne il protettore dell'agricoltura; egli era amante di
Astarte ed ogni anno moriva per discendere sotto terra, per cui
era anche il dio dell'Oltretomba.
Dai Cananei presero Baal, dio dei fulmini, che divenne poi
protettore dei raccolti. Insieme a queste divinità positive,
essi adorarono il dio fenicio Melkart, che prese il nome di
Moloch, che significa "re dell'ignominia": la feroce divinità,
dalla testa di toro e dalle braccia tese, chiedeva sacrifici di
bambini, che venivano sgozzati o arsi vivi nella statua
arroventata del dio.
Nel disegno,
raffigurazione medievale di Moloch
Onorarono anche
le divinità cananee Reshef, signore del deserto, della guerra e
della calamità, e Asherah, dea del mare, dei boschi e della
sensualità, i cui riti erano veri e propri baccanali osceni. Dai
vicini Filistei ereditarono Dagon, dio della tempesta,
raffigurato talvolta con una lunga coda di pesce, che invece per
i Cananei era il dio del grano; dai Moabiti presero Baal-Peor,
dio al quale le fanciulle sacrificavano la loro innocenza. Il
nome venne poi cristianizzato e si trasformò in Belfagor, demone
che seduceva promettendo scoperte scientifiche.
Di esempi di
magia la Bibbia è piuttosto ricca.
Il dono della profezia era comunemente accettato e veniva detto
"essere invasi dallo spirito di Pitone", da cui il termine
pitonessa dato alle indovine. Oltre ai profeti esisteva anche l'oracolo
di Ephod nel tempio di Gerusalemme, ma era un "veggente di
stato" in diretta comunicazione con Dio, e talvolta si rifiutava
di rispondere, specialmente se lo si consultava troppe volte o
se il Signore era adirato col popolo.
Allora ci si rivolgeva agli indovini, pratica che, in teoria,
era severamente proibita; come si legge nel Levitico: "Voi non
ricorrerete a quelli che evocano gli spiriti dei morti e non
consulterete gli indovini per non contaminarvi a causa loro. Se
uno lo fa, io volgerò la mia faccia contro di lui e lo farò
sparire dal suo popolo".
Nell'immagine
a lato,
un sacerdote con l'Ephod al collo, da un libro tedesco sui
costumi nei secoli (1850)
In realtà gli
indovini ed i negromanti, cioè coloro che traevano profezie
facendo parlare i defunti, erano consultati da tutti; il profeta
Ezechiele disse che essi esercitavano impunemente la magia e
venivano colmati di doni.
Perfino Saul, che aveva emanato severe leggi contro la
divinazione, volendo conoscere la propria sorte si rivolse alla
celebre pitonessa di En-dor, che evocò per lui lo spirito
di Samuele, il quale gli annunciò il castigo divino, gli disse
che egli sarebbe morto con i suoi figli nella battaglia contro i
Filistei e che gli sarebbe succeduto come re Davide. Una
leggenda dice che questi era un mago della setta dei Nabi, che
aveva la sede a Naioth, presso Rama, forse l'odierna Ar-Ramlah,
città al confine fra la Giordania e l'Arabia Saudita; i suoi
membri, come i Dervisci dell'Islam, si abbandonavano a danza
furiose con occhi rovesciati, grida acute, rotolamenti e
convulsioni, durante le quali profetizzavano.
Hanno
caratteristiche magiche i miracoli che Mosè ed Aronne compirono
davanti al Faraone, tramutando il loro bastone in serpente: i
sacerdoti di Ramsete fecero lo stesso con i propri bastoni, per
dimostrare che la magia degli Ebrei non era migliore di quella
degli Egizi, ma il serpente di Mosè inghiottì i serpenti degli
Egiziani.
Giuseppe portava sempre con sé una coppa, che gli serviva per la
divinazione con l'acqua, nella quale egli leggeva gli eventi
futuri.
Un esempio di magia imitativa è il metodo usato da Giacobbe per
frodare il gregge al suocero Labano; egli chiese astutamente al
suocero di essere pagato per il suo lavoro solo con le pecore e
le capre dal pelo maculato.
"Giacobbe
prese dei rami verdi di pioppo, di mandorlo e di platano
e li sbucciò a strisce bianche, mettendo a nudo il
bianco dei rami. Poi piantò i rami così sbucciati a
strisce negli abbeveratoi e nei trogoli dove le pecore
andavano a bere e mangiare. Poiché le pecore lì si
accoppiavano, figliavano agnelli striati e maculati; in
tal modo egli si arricchì" (5).
Anche i re
erano cultori di magia. Manasse, re di Giudea, fu il più
crudele: egli si servì della magia nera contro i suoi nemici,
innalzò idoli agli astri del cielo, ai quali immolò perfino suo
figlio; introdusse nel tempio di Gerusalemme le statue di Baal e
di Asherah e favorì il diffondersi degli astrologi e dei maghi.
Si rese colpevole di ogni sorta di nefandezze, per cui il
Signore fece piombare su Gerusalemme "tali sventure che chiunque
ne udrà, ne avrà le orecchie rintronate". E nel Libro dei Re si
legge: "Io farò pulizia di Gerusalemme come si pulisce un
piatto, il quale, lavato che sia, si rivolta sottosopra".
Il re-mago per
eccellenza fu Salomone, che aveva avuto giovanissimo una
visione, in cui Dio gli chiedeva di scegliere un dono: egli
volle la sapienza e la capacità di discernere il bene dal male e
per questo motivo il Signore gli concesse una larghezza di mente
pari "alla sabbia che sta sulla riva del mare".
Salomone fece costruire il Tempio di Gerusalemme, che
ancora oggi viene usato come pianta per i templi iniziatici. La
Bibbia ce ne dà una descrizione molto accurata (Libro dei
Re, 6-7).
Il Tempio che Salomone edificò al Signore aveva circa sessanta
cubiti (un cubito equivale a circa 45 cm) di lunghezza, venti di
larghezza e trenta di altezza; ogni pietra era stata levigata
altrove, in modo tale che il Tempio non sentisse risuonare alcun
rumore di ferro, martelli o scalpelli.
All'interno non si potevano vedere pietre, perché tutto era
stato rivestito da profumatissimi pannelli di legno di cedro.
All'ingresso del santuario c'erano due colonne di rame vuote
all'interno, chiamate Iachin e Boaz; esse non servivano come
sostegno, ma erano la porta di entrata, sovrastate
dall'architrave, simbolo dell'equilibro fra le forze.
Terminato il Tempio, Salomone vi fece trasportare l'Arca
dell'Alleanza e lo consacrò al Signore.
Una leggenda dice che il magnifico tempio fu costruito in soli
sette anni, perché Salomone aveva ridotto in schiavitù il
demonio Asmodeo, che controllava lo Shamir, un
leggendario verme che sapeva spaccare e sagomare pietre con
grande velocità ed abilità. Per rendere schiavo Asmodeo,
Salomone lo aveva fatto ubriacare e poi l'aveva bloccato con un
anello magico, che portava inciso all'interno il nome di Dio.
La fama della
sua saggezza, tramandata ai posteri dal famoso aneddoto delle
due madri che dovettero spartirsi il bambino, attirò a
Gerusalemme la regina di She-ba (Saba); questa,
espertissima maga, gli pose difficili questioni esoteriche, alle
quali Salomone diede risposta; colma di ammirazione, la donna se
ne tornò nel suo regno, dopo avergli lasciato molti munifici
doni.
La Bibbia non dice altro a proposito di questa regina,
però un manoscritto etiope del XII secolo, il Kebra Nagast
(la gloria dei re), narra una storia diversa; esso racconta
che la regina, di nome Makeda, durante il suo soggiorno concepì
un figlio con Salomone; tornata nella capitale del suo regno,
ella partorì il bambino, al quale diede il nome di Menelik, che
significa "figlio dell'uomo saggio".
A vent'anni il giovane andò a Gerusalemme, dove venne
riconosciuto dal padre e colmato di onori; questo fece nascere
molte invidie, specialmente fra gli altri figli del re. Menelik
rimase alla corte solo per un anno, poi tornò in Etiopia; per
volere di Salomone, nel viaggio di ritorno lo accompagnarono i
figli primogeniti dei più alti sacerdoti.
Uno di questi, Azarius, figlio di Zadok, rubò la Santa Arca
dell'Alleanza, che era custodita nel tempio di Gerusalemme.
Menelik, che non sapeva nulla del furto, venne informato solo
quando erano vicini a She-ba, e decise di tenersi l'Arca,
affidando la sua custodia ad una casta di sacerdoti "puri di
cuore, limpidi di mente e amanti di Dio", che ancora oggi ne
sarebbero i custodi (6).
Salomone aveva
ricevuto la grazia di molte conoscenze; oltre all'anello magico
per soggiogare i demoni egli ne aveva anche un altro che gli
permetteva di capire la voce degli animali.
La familiarità di Salomone con gli spiriti e con i diavoli ne
tramandò ai posteri la fama come autore di alcuni manuali di
magia, i Grimori, fioriti nel Medioevo e nel
Rinascimento.
La saggezza del re, purtroppo, non si estendeva agli affari di
cuore; le sue innumerevoli donne di varie nazionalità, che la
Bibbia quantifica nel rispettabile numero di settecento mogli e
trecento concubine, lo convinsero ad erigere una grande varietà
di templi, nei quali esse potessero adorare i loro dei.
Divenuto vecchio, "il suo cuore, a causa delle donne, fu sviato
al punto da seguire dei stranieri, sicché egli non era più tutto
per il Signore. Egli venerava Astarte, dea dei Fenici, e
l'abominevole Moloch. Egli fece quello che era male davanti al
Signore".
Dio, adirato con Salomone, gli suscitò contro molti nemici. Alla
sua morte gli successe il figlio Roboamo, sotto il quale il
regno fu diviso.
Devon Scott
Il
testo è tratto da Tradizioni perdute di Devon Scott,
edizioni Lunaris.
Copyright, tutti i diritti riservati.
Note
bibliografiche
(1) Su storia e religione degli Ebrei si veda, per un quadro
molto generale, Atlante storico del popolo ebraico di
vari autori, con la revisione per la versione italiana di E.
Loewenthal, editrice Zanichelli, Bologna; più in particolare si
veda Storia del popolo ebraico di Eban Abba, editrice
Mondadori, Milano; Il ritorno degli Ebrei nella Terra
Promessa di Rosellina Balbi, editrice Mondadori, Milano;
La rivolta degli Ebrei di Amos Elon, editrice Rizzoli,
Milano; Concetti fondamentali dell'Ebraismo di Gershom Sholem,
Genova; Storia di Israele e di Giuda di Francois Castel,
editrice Paoline, Milano; Lineamenti di storia delle
religioni di A. Donini, Editori Riuniti, Roma; I
manoscritti del Mar Morto di J. Alberto Soggin, editrice
Newton, Roma; The spiritual nature of man di B. Ornestein,
editrice Columbia University Press, New York. Le notizie sulla
magia antica sono tratte da La magia nel mondo antico di
Fritz Graf, editrice Laterza, Bari; da Storia della magia
di Maurice Bouisson, editrice SugarCo, Milano; da Lo specchio
della magia di Kurt Seligmann, editrice Casini, Roma; da
Storia della magia di Richard Cavendish, editrice Mondadori,
Milano; da The Encyclopedia of the Occult di Lewis Spence,
editrice Bracken, Londra. Le citazioni sul diavolo sono tratte
da Il diavolo nel mondo antico di Jeffrey B. Russel,
editrice Laterza, Bari.
(2) Le
citazioni bibliche sono tratte da La sacra Bibbia, editrice Pia
Società San Paolo, Roma.
(3) Da La
sacra Bibbia, opera citata.
(4) La
spiegazione del concetto di monolatria degli antichi Ebrei è
tratto da Lineamenti di storia delle religioni di A.
Donini, opera citata.
(5) Da La
sacra Bibbia, opera citata.
(6) La storia
del manoscritto etiope è citata in Il mistero del Sacro Graal
di Graham Hancock, editrice Piemme, Alessandria.