La
Mesopotamia (1) è stata definita "culla della civiltà"; oggi è
una zona desertica, ma nei tempi antichi era detta "mezzaluna
fertile", favorita da un clima piuttosto mite e con una
vegetazione che in molte zone cresceva rigogliosa per
l'abbondanza d'acqua.
Nell'immagine a lato,
la Torre di Babele
I
Sumeri erano il più antico popolo organizzato che si conosca in
questa area, che essi abitarono fin dal 4000 a. C.; erano
agricoltori e costruirono imponenti sistemi di canalizzazione;
vivevano in città-stato, come Ur, Uruk, Lagash e Umma, rette da
un re che aveva anche le funzioni di sacerdote. Per circa mille
anni essi vissero in pace, finché, agli inizi del 3000, furono
invasi dal popolo semitico degli Accadi, guidati dal loro re
Sargon, che sconfisse i Sumeri e creò un regno unico, che
andava dal Golfo Persico alle coste del Libano. La leggenda di
Sargon servì da modello a quella di Mosè.
"Sargon
sono io, forte re di Akkad. Mia madre era povera, mio
padre non l'ho conosciuto; mia madre mi concepì, mi
partorì di nascosto, mi pose in un cesto di canne e mi
lasciò in balia del fiume, che non mi sommerse. E il
fiume mi trasportò verso Akki il giardiniere. Egli mi
guardò con benevolenza, mi allevò come un figlio, mi
impiegò per il giardinaggio. Mentre facevo il
giardiniere, la dea Ishtar certamente mi protesse e mi
amò. Io esercito la regalità" (2).
La dominazione
accadica durò fino al 2150, quando, aiutati da altri popoli
migrati dall'Armenia, i Sumeri si ribellarono e riuscirono a
riconquistare la libertà. Il nuovo popolo formò il nucleo degli
Assiro-Babilonesi, sui quali sono arrivate fino a noi
molte notizie tramite tavolette d'argilla scritte in caratteri
cuneiformi.
I documenti mesopotamici sono di vario tipo: esistono intere
biblioteche di tavolette con liste di re, annotazioni storiche,
cronache politiche, poesie, racconti epici, amuleti, inni,
imprecazioni; ci sono poi le pietre di confine, con divinità o
formule di scongiuro, e le incisioni sulle pareti dei templi.
Molte tavolette riportano riti e formule di ogni tipo: scritte
con chiarezza e praticità, in alto si trova la parola "Siptu",
incantesimo; una linea orizzontale indica la fine della formula,
per passare poi ad un nuovo incantesimo; nel caso la formula
vada letta accompagnata da un rituale del fuoco, un'altra parola
lo indica.
L'elemento
magico (3) permeava ogni aspetto della vita sociale nella
civiltà mesopotamica ed era presente in tutte le cerimonie
religiose. I riti erano sostenuti ed arricchiti da formule,
incantesimi, purificazioni che cercavano di ottenere da dei e
demoni, con mezzi magici, ciò che non si poteva fare con
semplici preghiere.
Magia e medicina erano strettamente connesse, perché ogni
malattia era frutto dell'azione malvagia di un demone o di un
mago vendicativo; era questo il motivo per cui i testi
magico-religiosi mesopotamici trasudavano di doloroso fatalismo:
una sola parola o un gesto potevano essere causa di vendette a
catena e di mali a non finire.
I demoni erano davvero potentissimi: "né porte né
chiavistelli li arrestano", recitava uno scongiuro; sapevano
infiltrarsi dappertutto, rendersi invisibili, travestirsi
assumendo le sembianze più disparate. Sotto la superficie
terrestre c'erano larve e lemuri; chi usciva di notte rischiava
di imbattersi nei vampiri.
Gli spiriti malvagi abbondavano nel mare, nel deserto, nelle
paludi e nel vento; però coloro che ne erano diventati preda,
sia che dovessero espiare un grave peccato, sia che fossero
stati invasi per errore o vendetta, potevano salvarsi facendo un
bell'esorcismo e rimettendo tutto a posto.
"Al mio corpo non ti devi avvicinare,
non mi devi precedere,
non mi devi seguire,
dove io sono non ti devi sedere,
nella mia casa non devi entrare,
non devi assillare il mio tetto,
non devi posare i piedi sull'impronta dei miei passi,
dove io entro tu non devi entrare" (4).
Alle formule si
aggiungevano pratiche minuziose per ogni occasione; per esempio,
sono stati trovati centinaia di rituali contro il mal di testa,
che si deduce doveva essere molto diffuso e doloroso.
Per liberarsene occorreva "coprire un cocomero selvatico con
un panno, poi circondarlo di farina; il giorno dopo prenderne la
radice al levar del sole ed annodare sulla testa del malato un
vello di capretta; il male entrerà nel vello e fuggirà dal
malato".
Quando non soggiornavano nelle teste altrui, ai demoni piaceva
scorrazzare per i deserti, nei luoghi oscuri, tra le rovine;
erano molto rumorosi, ragliavano, grugnivano, belavano,
ululavano ed erano praticamente infiniti. Con i demoni trattava
abitualmente la strega, che era in grado far magie contro
il cielo e la terra, infliggere mali fisici e morali, rendere
impuro chiunque avesse a che fare con gli stregati sue vittime;
ella correva ovunque con piede agile e poteva tutto, perché
"l'universo è il suo dominio". Partendo da questi presupposti,
gli abitanti della Mesopotamia vivevano in un perenne stato di
terrore ed i sacrifici si sprecavano.
Anche i defunti
potevano influire sulla vita terrena; per questo i funerali
prevedevano spese cospicue allo scopo di far vivere la salma
nell'Oltretomba con ogni comodità.
La gerarchia nel mondo dei morti era rigida come in quello dei
vivi; gli Inferi erano una città cinta da mura altissime,
con sette porte sorvegliate da altrettanti guardiani; c'erano
palazzi di nobili e di personaggi di rango, oltre a case di
gente più umile; il sole non illuminava quel luogo tenebroso, ma
i defunti trascorrevano comunque piacevolmente il loro tempo,
mangiando, bevendo, ascoltando musica e conversando; per questo
ognuno doveva raggiungere l'aldilà con una buona dote di oggetti
a lui cari.
Il defunto poco soddisfatto delle offerte aveva il diritto di
perseguitare il parente vivente che si era dimostrato avaro,
mandandogli guai a catena, malattie, disgrazie.
Sui morti governava Ereshkigal, che originariamente era
stata una dea stellare, poi trascinata a forza negli Inferi dal
malvagio drago Kur, che l'aveva data in sposa al re delle
tenebre, Kutusumgal, al quale era sacra la città di Kutu, che
ritroveremo parlando di un testo di magia nera medievale, il
Necronomicon. La coppia infernale regalava agli uomini
guerre, distruzioni, calamità naturali, carestie e morte.
Per proteggersi dai demoni non esistevano solo scongiuri ed
esorcismi a male avvenuto, ma anche riti di prevenzione. Contro
gli attacchi magici si invocava Marduk, signore degli
incantesimi, protettore degli esorcisti, dio dalle orecchie
larghe e dai grandi occhi chiari, che vedeva tutto.
I rituali d'amore chiedevano l'intervento di Ishtar, dea
dell'amore, della bellezza e della fertilità, sorella di
Ereshkigal.
"Oh tu, bella delle belle, la profumata, la rosea, la bianca,
oh tu, i cui seni non sono mai avvizziti,
oh tu, il cui ventre è fecondo senza impurità,
tu che sai conservarti pura negli abbracci della carne,
tu che possiedi la chiave delle supreme ebbrezze,
tu, il cui nome mistico è il più puro dei profumi,
dammi ciò che gli altri mi rifiutano.
Dammi la fortuna,
dammi l'ebbrezza,
dammi la voluttà,
dammi l'oblio della terra!
Ed io ti coprirò di fiori e sarò tuo fino alla morte" (5).
Spesso si
chiamano gli Assiro-Babilonesi con il nome di Caldei, ma
questo era in realtà il termine che indicava i sacerdoti-maghi.
Essi passavano tutta la vita a studiare, in particolare
l'astrologia ed altre mantiche, cioè discipline per prevedere il
futuro; erano praticamente "figli d'arte", apprendendo tutto
(come ci dice Diodoro Siculo) dai genitori; le loro conoscenze
erano assai vaste e la loro fede profondissima.
"Essi
si occupano molto della mantica, facendo predizioni sul
futuro; in qualche caso con purificazioni, in altri con
sacrifici, in altri ancora con l'uso di qualche altro
mezzo, tentano di portare a compimento l'allontanamento
di eventi negativi ed il compimento del bene.
Sono anche edotti nella mantica legata al volo degli
uccelli e danno interpretazioni dei sogni e dei
portenti. Inoltre mostrano molta abilità nel divinare
con le osservazioni delle viscere degli animali, e sono
ritenuti in questo campo i più famosi. L'educazione
ricevuta in tutte queste materie è diversa da quella
seguita dai Greci che praticano queste attività. Infatti
fra i Caldei lo studio scientifico è tramandato
all'interno di ciascuna famiglia, il figlio ricevendolo
dal padre, poiché esonerati da tutti gli altri servizi
dovuti allo stato. Dal momento che i genitori sono i
loro insegnanti, non solamente apprendono ogni cosa di
buon grado, ma allo stesso tempo fanno attenzione ai
precetti dei loro maestri con maggior fiducia. Perciò,
educati con questi insegnamenti fin dall'infanzia,
ottengono grande esperienza in questa scienza, proprio
per la facilità all'apprendimento e per la grande
quantità di tempo riservato allo studio" (6).
La magia caldea
aveva un'essenziale componente astronomica, basata su una
visione del mondo universale ed eterna, regolata dal moto
infallibile degli astri. Il mondo non aveva avuto inizio, né ci
sarebbe stata una fine; i corpi celesti generavano un'energia
inesauribile ed agivano sugli uomini, sugli animali, sulle
piante; tutto aveva relazione con il resto e l'uomo era dominato
da queste forze ineluttabili.
Le stelle mostravano i segni degli eventi futuri a coloro che
erano soliti osservarle assiduamente; partendo da queste
premesse i Caldei finirono con l'inventare l'oroscopo come noi
lo conosciamo. Dapprima le previsioni furono fatte unicamente a
scopo politico, per individuare il destino del regno; poi si
aggiunsero le previsioni personalizzate per i membri della
famiglia reale, in seguito gli oroscopi vennero
volgarizzati e diffusi a chi ne faceva richiesta.
Magia e
religione andavano fianco a fianco: i rituali magici erano parte
integrante del culto ufficiale e venivano celebrati nel tempio
dai sacerdoti incantatori che, come gli indovini, erano una
casta di dipendenti statali.
Al contrario, gli stregoni non sacerdoti avevano un'esistenza
precaria ed irta di pericoli, perché oltre all'odio dei colleghi
sacerdoti, che scagliavano contro di loro ogni sorta di
malefici, dovevano stare attenti a non finire nelle maglie della
legge: fin dal 1800 a. C. Hammurabi, re di Babilonia,
aveva emanato leggi severissime contro la stregoneria, che
applicavano allegramente la legge del taglione: occhio per
occhio, dente per dente. Essere accusati di aver ucciso mediante
atto magico poteva avere conseguenze piuttosto spiacevoli.
Nel
disegno sopra,
ricostruzione di una stanza del palazzo di un sovrano assiro
(da A. H. Layard, Monuments of Nineveh, Londra)
MAGIA IN
PERSIA: MITHRA E ZOROASTRO
Gli dei
sumerici erano comuni a gran parte del Medio Oriente; magari
cambiavano i nomi, ma le attribuzioni restavano le stesse, come
Ishtar che presso i Fenici prendeva il nome di Astarte, pur
restando sempre la protettrice delle donne e dell'amore.
Faceva invece eccezione l'Iran, in cui veniva adorato Mithra.
Il culto del dio aveva rituali segreti e sacrifici cruenti; i
misteri mithriaci erano riservati ai soli uomini; nati come
culto della vegetazione, erano basati su due divinità, una delle
quali doveva morire per assicurare la fertilità e poi rinascere.
Riparleremo più avanti di questo culto, che fu portato in Italia
dai soldati dell'esercito romano nel I secolo a. C., e da qui si
propagò nei paesi dell'area germanica, in Gallia, Britannia e
Spagna, dove ebbe enorme fortuna.
Zoroastro
fu il fondatore di un movimento religioso nella Persia del VI-V
secolo prima di Cristo.
Nato nell'odierno Afghanistan nel 630, egli desiderava diventare
sacerdote, ma si ribellò all'imperante culto mithriaco,
rifiutandosi di sacrificare animali.
Decise allora di abbandonare il sacerdozio per fare un lungo
periodo di meditazione solitaria; all'età di trent'anni
ricevette una rivelazione da Vohu Manah, un angelo mandatogli
dal dio supremo Ahura Mazda. Egli divenne allora profeta
della nuova religione e combatté con ancora maggior foga i
sacrifici di animali, convinto che anche questi avessero
un'anima.
Dopo dieci anni di predicazione e di feroci dissidi con i
sacerdoti di Mithra, egli lasciò il suo paese e raggiunse la
Persia, dove ebbe la fortuna di convertire il re Ciro il Grande;
la conversione appianò tutte le sue difficoltà ed egli rimase in
Persia a fare proseliti fino alla sua morte, avvenuta a
settantasette anni.
Lo Zoroastrismo
era una religione basata sull'adorazione di Ahura Mazda, dal
nome del quale fu detta Mazdeismo. Fu la prima religione
dualistica, che definì il male non come manifestazione del
divino, ma derivante da un principio del tutto separato.
Il dio supremo era l'incarnazione della bontà, della verità e
della luce, creatore dell'universo, degli uomini e degli
animali; alla fine dei tempi egli avrebbe giudicato le anime,
premiando i buoni e punendo i malvagi. Nell'arduo compito di
badare al mondo veniva aiutato dallo Spirito Santo suo figlio e
da sei santi immortali. I nomi di questi santi compaiono ancora
sui calendari tradizionali iraniani; sono protettori della
terra, degli animali, del fuoco, dell'acqua, dei metalli e delle
piante. Il culto del dio si svolgeva nei "Templi di fuoco",
costruzioni a forma di torre, così chiamati perché vi ardeva
sempre un fuoco, che veniva spento soltanto alla morte del re,
per essere riacceso dal suo successore.
Antagonista di
Ahura Mazda era Angra Mainyu, spirito malvagio, o Ahriman;
egli era il dio del male, delle tenebre, della menzogna, di
tutto ciò che era nefasto ed impuro; poteva causare ben 9999
malattie.
Come il dio del bene veniva aiutato dagli angeli, così il dio
del male era circondato dai Devas, i demoni. Le milizie delle
due parti si affrontavano in assetto di guerra, come due
eserciti ben addestrati.
Il mondo, quindi, era diviso in due: l'uomo doveva scegliere da
che parte stare. Se decideva di condurre una vita giusta
concorreva alla vittoria del bene, che comunque era destinato a
vincere sul male.
Al tempo del giudizio universale Ahura Mazda avrebbe diviso i
malvagi dai buoni: i primi sarebbero sprofondati nel metallo
fuso, i secondi avrebbero potuto vivere in eterno in un mondo
senza dolore, malattia o morte.
Ahura Mazda
aveva creato una sorgente di vita, il Toro, subito ucciso da
Ahriman; ma dal suo seme sparso sulla terra erano nati il primo
uomo e la prima donna.
Il malvagio Ahriman aveva sedotto la donna con offerte di frutti
maturi e di latte; in seguito anche l'uomo aveva ceduto al
peccato. Essi avevano così perso il paradiso ed in più si erano
trovati la terra infestata da serpenti ed altri rettili, animali
cari ad Ahriman.
Come si può vedere, lo Zoroastrismo influì su molte religioni,
in particolare sul Cristianesimo e sull'Ebraismo: nelle tre
religioni troviamo identici concetti di angeli, demoni,
resurrezione della carne, paradiso e giudizio universale.
Concetti derivati dal Mazdzeismo si ritrovano nei Manichei, nei
neo-platonici, nella Gnosi e nella religione islamica.
I sacerdoti del
culto di Ahura Mazda si chiamavano Magi. Essi erano
divisi in gradi successivi: apprendista, maestro e maestro
perfetto. Tutti si occupavano di scienza della divinazione ed
affermavano che la verità era l'oggetto dei loro studi; il loro
libro sacro era l'Avesta, paragonabile alla Bibbia per i
Cristiani.
Ma i libri più interessanti per le concezioni magiche del
Mazdeismo sono i Vendidad (7), elenchi di pratiche contro
i demoni e di precetti magici.
Una grandissima attenzione veniva prestata alle unghie ed ai
capelli: una volta tagliate, se lasciate in giro queste parti
diventavano preda del male. Questa superstizione si è conservata
per secoli: in Turchia, in Armenia e nella pampa argentina i
capelli tagliati vengono ancora oggi nascosti nei muri o negli
alberi cavi; presso alcune tribù africane i capelli vanno
consegnati allo stregone, che li seppellisce per evitare
operazioni di magia nera sul proprietario delle ciocche.
Altri rituali erano diretti contro le mosche, che nei paesi a
clima molto caldo possono rappresentare una tale calamità da dar
ragione a Zoroastro, che le considerava entità demoniache.
Una cerimonia particolare contro le mosche veniva eseguita sui
cadaveri, prima che fossero toccati, affinché la "diavolessa
mosca" non li contaminasse; chi violava il tabù veniva costretto
ad un complicato e sgradevole rito di purificazione, che durava
nove giorni ed era fatto con aspersioni alternate di acqua ed
urina di bue; il rituale era accompagnato da formule molto
simili a quelle cattoliche di esorcismo per gli indemoniati.
I riti funebri consistevano nell'esporre la salma sulle "Torri
del silenzio", finché gli avvoltoi scarnificavano totalmente il
corpo; questa cerimonia impediva che il corpo contaminasse
l'acqua, il fuoco o la terra, essendo esso preda di demoni
malefici e quindi impuro. Il cerimoniale durava tre giorni ed
era accompagnato da formule di scongiuro e di propiziazione; le
ossa rimaste venivano raccolte negli ossari.
Devon
Scott
Il testo è
tratto da Tradizioni perdute di Devon Scott, edizioni
Lunaris.
Copyright, tutti i diritti riservati.
Note bibliografiche
(1) Sugli Assiro-Babilonesi si veda Mesopotamia. La
scrittura, la mentalità e gli dei di Jean Bottero, editrice
Einaudi, Torino; I Sumeri alle radici della storia di S.
N. Kramer, editrice Newton Compton, Roma; I Sumeri, la
civiltà dei due fiumi di A. Chierici, editrice Rusconi,
Milano.
(2) Da La
civilisation d'Assur et de Babylone di Georges Contenau,
edizioni Payot, Parigi.
(3) Le notizie sulla
magia antica sono tratte da La magia nel mondo antico di
Fritz Graf, editrice Laterza, Bari; da Storia della magia
di Maurice Bouisson, editrice SugarCo, Milano; da Lo specchio
della magia di Kurt Seligmann, editrice Casini, Roma; da
Storia della magia di Richard Cavendish, editrice Mondadori,
Milano; da Il ritorno della Grande Madre di Gabriele La
Porta, editrice Il Saggiatore, Milano; da Storia della magia
di Francois Ribadeau Dumas, edizioni Mediterranee, Roma; da
The Encyclopedia of the Occult di Lewis Spence, editrice
Bracken, Londra. Le citazioni sul diavolo sono tratte da Il
diavolo nel mondo antico di Jeffrey B. Russel, editrice
Laterza, Bari.
(4) Da I riti della
magia di Maurice Bouisson, editrice SugarCo, Milano.
(5) Da Dei e miti
di A. Morelli, editrice Melita, Verona.
(6) Da Storia
universale di Diodoro Siculo, editrice Orsa Maggiore, Forlì.
(7) I Vendidad. Legge
di abiura di tutti i demoni dell'Avesta zoroastriano, si
possono trovare a cura di A. Panaino, editrice Mimesis, Milano.