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Le Scuole Iniziatiche dell'Antica  Saggezza

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INTRODUZIONE

ALLA STORIA DELLA MAGIA
 

di Devon Scott

 

Che cos'è la magia?
Chi volesse consultare un qualsiasi dizionario troverebbe: 
"Arte che pretende di scoprire forze occulte nella natura e di sottoporle al proprio potere, allo scopo di dominare in modo diretto ed immediato il mondo fisico e spirituale; si dice magia nera se esercitata con intenti malefici, bianca se esercitata a scopi benefici" (Garzanti). 
Aleister Crowley, uno dei più noti cultori di magia dei tempi moderni, l'ha chiamata "scienza ed arte di provocare cambiamenti volontari nella coscienza" (1).

 

Comunque la si definisca, la magia ha costituito un potere fin dal suo primo apparire; il concetto che il mago possieda la conoscenza dei rapporti fra causa ed effetto ed abbia le capacità di usare questi rapporti per asservire la natura, realizzando ciò che la gente comune non può fare, è rimasto inalterato per millenni.
Volendo, tutto quello che non si può spiegare razionalmente con le conoscenze di un certo periodo storico potrebbe essere considerato un atto magico: basta ricordare il terrore superstizioso dei nostri antenati per un semplice fenomeno fisico come l'eclisse.  Cambiano i tempi, le scoperte scientifiche aprono nuovi orizzonti, ma il fascino della magia resta intatto. Perché?
Lo storico Richard Cavendish ha detto che il pensiero magico "è un tipo di pensiero prevalente per gran parte della storia d'Europa, che si stende dietro vaste aree della religione, della filosofia e della letteratura e che costituisce una delle principali guide verso le regioni del soprannaturale e dello spirituale, sulle quali la scienza non ha nulla da dire. Non è necessario accettarlo: ma è indubbio che esso fa squillare lontani segnali di richiamo nelle profondità della mente" (2).

Francesco Bacone sosteneva che la magia era tanto lontana dalla scienza quanto la leggenda di re Artù era lontana dai Commentarii di Cesare (3); può anche essere vero, ma converrete con noi che è ben più affascinante la saga di Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda che non il resoconto della guerra condotta dai Romani nelle Gallie, anche se fa parte della nostra storia.
Ed infatti ci interessiamo di magia un po' tutti, per curiosità, per il bisogno di trascendenza che c'è in ciascuno di noi, o perché siamo circondati da cose che non riusciamo a capire, né tanto meno a controllare. Progrediamo continuamente a livello tecnologico, ma sul nostro destino personale non possiamo molto di più dei nostri antenati nelle caverne: continua a sembrarci oscuro e a volte terribile.


Nel disegno sopra, contrapposizione tra magia bianca e magia nera

 

La magia nasce proprio dal bisogno di appellarsi a qualcosa di superiore, che può tutto; di fronte agli eventi spiacevoli della nostra vita, che sono moltissimi (abbiamo solo l'imbarazzo della scelta), noi cerchiamo aiuto. In ogni epoca l'uomo ha avuto sempre tre metodi per porre rimedio alla sua paura di vivere; il primo è la religione, l'affidarsi alla Divina Provvidenza; il secondo è tentare di controllare l'ambiente con mezzi tecnologici e scientifici; il terzo è ricorrere alla magia. Giusto o no, quest'ultimo è quello che ha avuto, nei secoli, maggior successo.
Quando siamo infelici possiamo rassegnarci alla sorte infausta, infuriarci, lamentarci, piangere, anche pregare, se è vero che la fede smuove le montagne. Ma se abbiamo paura che le nostre preghiere restino inascoltate? A questo punto entra in gioco il mago: chi sa resistere alla tentazione di diventare padrone del proprio futuro, quando il prezzo da pagare non è che quello di un piccolo rituale? Il rituale magico ci protegge, ci aiuta, ci ridona la salute perduta, ci riavvicina la persona amata, ci procura denaro e felicità. E se non riesce a farlo, almeno ci regala la speranza e la forza di tirare avanti ancora un po', magari finché le cose non si sistemano da sole.

Dall'inizio degli anni Settanta c'è stato un vero e proprio revival del paranormale; è cresciuto in proporzione geometrica il numero dei maghi, degli astrologi, dei gruppi di studio, dei corsi di esoterismo. Questo termine ha assunto un significato molto generico e vi si fanno rientrare le cose più disparate: fatture e controfatture, lettura della mano, divinazione con la sfera di cristallo, malocchio, spiritismo, ufologia, incontri con extraterrestri, pranoterapia, rituali di sesso e sangue di cui abbonda un certo cinema, lettura dei fondi di caffè, società segrete, usanze di tribù che vivono isolate dalla civiltà, radiestesia, satanismo, filosofie orientaleggianti, amuleti, talismani e molte altre cose ancora: il tutto mescolato in un informe groviglio a cui viene appiccicata l'etichetta di articolo occulto.

Lo storico inglese Lawrence Stone ha detto che il ritorno in auge della magia in questi ultimi anni è dovuto al fatto che viviamo "sul filo del rasoio di una società tecnotronica, razionale, impersonale, governata dal computer, efficiente, ma sterile, che non lascia spazio alle emozioni, all'amore, alla compassione, né al senso del mistero e della meraviglia, che sono alla radice di tutta la grande letteratura, dell'arte e della musica" (4).
Sono molti a credere che l'uomo, alienato dalla società industriale in cui vive, si rivolga alla magia per modificare una realtà che gli è diventata estranea e nella quale non si riconosce. Le scoperte scientifiche, che in teoria dovrebbero eliminare la magia, sono invece costrette a coesistere con la superstizione; gli scienziati passano la vita sostituendo la realtà all'illusione, per cui l'eccesso di certezze deve in qualche modo essere contrastato da un antidoto di natura fantastica.

Ed è forse proprio per questi motivi che, anche se non lo vorremmo, ci crediamo, perché la magia è più vicina al nostro cuore ed alla nostra mente di quanto lo siano la logica e la ragione, quando lottiamo contro l'impossibile, contro le avversità, quando rifiutiamo di sentirci sconfitti, quando ci ribelliamo ad una sorte che sembra essere già segnata e combattiamo con la sola forza della nostra volontà.

 

 

LA MAGIA NEL MONDO ANTICO

 

Narra una leggenda che migliaia di anni fa "Uomini di cristallo" scesero dalle stelle per stabilirsi a Thule, una terra vicina al Polo Nord. Questi saggi maestri furono l'elemento di equilibrio fra i primi abitatori della Terra; con le loro conoscenze tecnologiche impedirono ai grandi cataclismi di distruggere il pianeta e gli uomini che lo popolavano; per merito loro l'umanità conobbe una vera "età dell'oro".
Ma alcuni di questi saggi si lasciarono sedurre dalla magia nera e convinsero gli indigeni a ribellarsi ai Maghi Bianchi: lo scontro distrusse Thule e pose fine al periodo felice. 

I pochi sopravvissuti si rifugiarono in un'isola chiamata Iperborea, nome che significa "al di là di Boreas", il vento del Nord, posta fra l'Islanda e la Groenlandia.
Diodoro Siculo (5) scrisse che l'isola aveva dimensioni simili alla Sicilia; era una terra fertile e feconda, dotata di un clima meravigliosamente temperato, tanto da produrre due raccolti all'anno. Vi erano montagne trasparenti come diamanti, regnava sempre un piacevole calore ed i fiori profumavano l'aria; gli abitanti erano bellissimi e molto longevi. Alcuni erano perfino dotati di chiaroveggenza, dono dato loro da Apollo, il dio greco che gli Iperborei veneravano sopra ogni altro, che visitava l'isola ogni diciannove anni, "quando si completa il ritorno delle stelle allo stesso posto nella loro orbita", accolto con danze e canti dagli abitanti.
Un giorno terribile un'immane catastrofe spazzò via Iperborea: una meteorite provocò un violentissimo e repentino raffreddamento, e quel paradiso terrestre scomparve sotto i ghiacci.

La concezione di una razza primordiale venuta dalle stelle, portatrice di una spiritualità trascendente e del bagaglio delle conoscenze "magiche", è comune a molti popoli.
Atlantide, Thule ed Iperborea sono miti nati in Occidente, ma ce ne sono di simili anche nella tradizione orientale, come Mu-Lemuria, il continente scomparso situato fra l'Asia e l'America, del quale l'Australia, l'Isola di Pasqua, le Hawai e la Polinesia sarebbero un residuo.
I racconti di terre misteriose, nascoste ai più o scomparse nella notte dei tempi, si trovano nel folklore di vari paesi e con tratti inspiegabilmente costanti, malgrado la diversità delle civiltà in cui si sono sviluppati: sono tutti paradisi, terre ricchissime, che godono di un clima salubre e favorevole allo sviluppo dell'agricoltura; gli abitanti sono tutti belli e longevi, dotati di poteri mentali particolari; il governo è illuminato e vive in armonia ed in pace con tutti.

Le leggende sui visitatori venuti migliaia di anni fa dalle stelle parlano sempre dei buoni e timorosi indigeni che li hanno accolti con tutti gli onori e considerati come dei. Ma quanti anni ha l'uomo?
In Europa si sono trovati resti di individui del genere homo sapiens, risalenti a 250.000 anni fa; ma l'uomo che più si avvicina a quello di concezione moderna ha "soltanto" 40.000 anni. L'uomo preistorico, vissuto cioè nel periodo che precede l'uso dei metalli, usava solo strumenti di pietra e sulla pietra incideva e dipingeva. Organizzato in piccole tribù, la sua vita dipendeva dalla caccia; era una vita nomade, poiché egli era costretto a spostarsi per seguire le migrazioni degli animali che gli fornivano cibo per nutrirsi e pelli per coprirsi. Il suo unico imperativo era la sopravvivenza di se stesso, della propria prole e della propria tribù.

 

 

Nell'immagine a lato, 
un bisonte dipinto sulla roccia (grotte di Altamira)

 

 

 

Le pitture rupestri di questo periodo rappresentavano scene di caccia. A che scopo l'uomo del Paleolitico si prendeva la briga di dipingerle? Lo storico dell'arte Arnold Hauser afferma che (6) la pittura era per l'uomo preistorico "una prassi magica: nell'immagine da lui dipinta il cacciatore credeva di possedere la cosa stessa; credeva che l'animale vero subisse l'uccisione eseguita sull'animale dipinto".
L'inseguimento e la cattura della preda incisi sulle pareti della sua caverna non erano altro che "l'anticipazione dell'effetto desiderato; l'avvenimento reale doveva seguire il modello magico. Non si trattava, quindi, di sostituzioni simboliche, ma di vere azioni dirette ad uno scopo, atti reali che ottenevano effetti reali".
Le immagini erano una specie di trappola in cui la preda era destinata a cadere. Lo stesso scopo magico avevano le danze nelle quali i partecipanti indossavano maschere d'animale e fingevano una cattura ed un'uccisione "in effigie" della preda. La pittura del paleolitico viene chiamata naturalistica per la sua aderenza con la realtà: avendo uno scopo magico, il modello doveva avvicinarsi il più possibile a quello reale.

Col periodo Neolitico, 7000 anni avanti Cristo, l'uomo cominciò a darsi le prime forme articolate di organizzazione sociale.
Scoperte le possibilità dell'agricoltura e dell'addomesticamento degli animali a lui utili, decadde la necessità di spostarsi continuamente. I raccolti consentirono di immagazzinare scorte; si divisero i compiti fra i membri del clan, si ebbe il primo artigianato della ceramica.
Nacquero forme di culto più complesse, che abbisognavano di idoli e suppellettili funerarie, di amuleti protettivi e di simboli sacri; si svilupparono riti utili al gruppo, come quelli per aumentare la fertilità della terra.

Il Neolitico viene considerato un enorme passo avanti compiuto in tempo relativamente breve dall'uomo verso la civiltà; il Paleolitico medio, per esempio, si protrasse per 70.000 anni, mentre il Neolitico ne durò solo tremila, per sfociare nell'età del rame, la più antica delle età dei metalli. Nell'area mediterranea furono i popoli della Mesopotamia che scoprirono e padroneggiarono le tecniche della lavorazione dei metalli, quattromila anni prima di Cristo. Il primo fu il rame nativo, che poteva essere lavorato a freddo; vennero poi il bronzo ed il ferro. Con l'età del rame e con l'invenzione dei primi tipi di scrittura (detta "pittografica" perché formata da disegni indicanti l'oggetto descritto o il simbolo corrispondente) finisce la preistoria, che è la storia dell'umanità intera, e comincia la storia dei popoli e degli individui.

                                               Devon Scott

                              

Il testo è tratto da Tradizioni perdute di Devon Scott, edizioni Lunaris.
Copyright, tutti i diritti riservati.

 

Note bibliografiche
(1) Da Magick di Aleister Crowley, editrice Astrolabio, Roma.

(2) Da La magia nera di Richard Cavendish (due voll.), edizioni Mediterranee, Roma.

(3) Da Scritti filosofici di Francesco Bacone, a cura di Paolo Rossi, editrice UTET, Torino.

(4) Da Viaggio nella storia di Lawrence Stone, editrice Laterza, Bari.

(5) Da Storia universale di Diodoro Siculo, editrice Orsa Maggiore, Forlì.

(6) Da Storia sociale dell'arte di Arnold Hauser, editrice Einaudi, Torino.

 

 

Dal Portale esoterico–letterario

" Specchio Magico "

  www.specchiomagico.net

 

 

 

 

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