Le Scuole Iniziatiche dell'Antica Saggezza MASSONERIA
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Défilé 1 di Gesualdo Toscano
…senza distintivo, senza nome; questi versi sono dedicati a chiunque ed a nessuno! Essi sono per chi li sente Suoi…
C’era gente sulla montagna, ma ero solo sulla montagna. Sentii sulla spalla una mano, era il Maestro che mi disse piano: “vedi la Valle ad Oriente?” “si, la vedo - dissi – ma non c’è niente”. “Vieni - il Maestro mi disse - costruiremo il Tempio delle Regole Fisse”. Non capivo le sue Parole ma lo seguii e arrivammo col Pieno Sole. Il Maestro si fermò e tracciò con mano ferma un progetto e mi resi conto che era un valente Architetto. Mi diede una Pietra e uno scalpello e mi disse: “dirozzala e squadrala aiutandoti col martello”. Sorrisi, credendo di saperlo fare ma, nella foga, non feci altro che sbagliare. All’Inizio dirozzare mi sembrò poca cosa ma le ore passavano senza posa. Spazientito guardai il Maestro per parlare; mi disse: “taci, osservami e imparerai a dirozzare”. Trascorsero le ore, i giorni, ci vollero tre anni, ma finalmente dirozzai, pur con gli affanni. Così seguii il Maestro nella costruzione del Tempio, pietra su pietra, senza interruzione. A cinque anni dall’Inizio il Maestro mi diede la Regola per far si che le mura fossero a Perpendicola; allora mi accorsi che c’era da Livellare per poterle mura diritte innalzare. Il Maestro intanto aveva pronte le Colonne di sostegno che erano alte e tonne. Annodammo con un cordone le mura saldamente e poi fissammo bene le Colonne ad Occidente. Il lavoro di costruzione era così intenso e il tempo sembrò fermarsi col profumo d’incenso. Sette anni son trascorsi dall’Inizio perché il perimetro del Tempio si stagliasse, alto, nello spazio. Le Stelle erano alte nel Cielo e coprivano il Tempio come un Velo. Dissi allora al Maestro: “il Tempio è grande e profondo e in Esso già si vede un altro mondo”. Il Maestro riguardò e mi sorrise: “hai imparato allora la Verità delle cose?” “Quale verità - dissi io - di quali cose” il Tempio manca ancora del tetto e senza di esso non si può dire perfetto”. “E’ Mezzanotte - il Maestro rispose –, qui sta la Verità delle Cose: il Tempio incompiuto ha per tetto un Cielo di Stelle”. Compresi che nel Tempio delle Regole Fisse, delle cose belle, è la Chiave del Compiuto nell’Incompiuto. Allora il Maestro sparì e mi lasciò muto. La notte era del tutto dimenticata, il Sole già partoriva una nuova giornata. La Luce investì me e il Tempio e non vidi più la tenebra dell’empio. C’era gente sulla montagna, ma ero solo sulla montagna, perché triste sulla montagna. Venne il Maestro e mi portò a Valle. Sono solo nella Valle, ma non sono solo nella Valle, perché sono cosciente nella Valle. Vedo un uomo sulla montagna. Andrò a prenderlo sulla montagna, e lo porterò ad Oriente, nella Valle.
E’ bello col pieno giorno rimirare ciò che sta intorno, mentre si va a lavorare per Costruire ciò che si deve dare. E’ bello andare in officina, e trovare i compagni, gli amici di prima. E’ bello andare in cantiere sapendo di imparare il Mestiere. E’ bello ritrovare i rumori degli attrezzi, che scacciano da noi i timori, la paura di non riuscire, col sapere, a finire ciò che i nostri compagni crediamo siano a completare. Ma è ancora più bello scoprire che i compagni fanno appello anche a noi, per poter insieme dire che le pietre, insieme siamo a rifinire. Questo è il Segreto del bel Lavorare. Ormai è notte piena e siamo per andare; felici di sapere che ciò che sgrezziamo possiamo tenere per poi, senza baratto, ad altri dare. E’ bello sapere che questo è il Mestiere che impariamo mentre a notte alta a casa ritorniamo.
Ieri, verso l’imbrunire, rividi, tra chi era a conversare, colei che Vedova Bianca posso chiamare. Andai da lei per poterla salutare. “Buonasera Fratello” disse, standomi a guardare negli occhi con quel sorriso che solo lei sa fare. Ero felice di poterle parlare. Ero felice di poterla ascoltare. Le dissi: “tempo fa mi volevi parlare ma a Te non potevo venire. Non avevo per me da bere, non potevo a Te offrire… adesso cosa posso fare?” La Vedova Bianca mi stette a guardare, poi con l’amore e col sorriso, prese a dire: “allora da te non desideravo bere, volevo solo la Tua presenza avere, volevo solo che mi stessi ad ascoltare, senza nulla offrire, senza altro fare.” A sentire ciò mi sentii rimpicciolire, e inerme, e incerto, mi sentii morire ma trovai la forza per poterle dire: “Amica, Sorella, come posso farmi perdonare?” Sorrise nel dirmi “non c’è niente che ti debba perdonare. Cerca solo di ricordare che non sempre chi chiama vuole da bere, che non sempre si è Fonte ma brocca da riempire.” Poi la Vedova Bianca fece per andare mentre guardandola la volevo ringraziare. Senz’ala benda ora posso felice vedere tutta la Luce che può venire dalla Fonte che non può inaridire poiché la Fonte è pure Brocca che si può riempire.
Il Sogno mi inseguì nel mio Oblio. Rividi il luogo in cui io, a cavallo della notte eterna, penetrai nella dimensione interna che, nella sua apparente opacità, annullò l’idea che avevo della realtà. Il vortice era il solo Tutto e mi avvolse nel suo immenso flutto. In questa immensa, nuova dimensione Credetti non ci fosse una spiegazione. Mi guardai intorno stupito ma attento e vidi nel vortice il Tutto in ordinamento. Il Tutto, compatto e lento, vorticava seguendo la scia che egli stesso lasciava. Dalla Vera Realtà fui permeato: il caos apparente aveva un significato. Capii che dal Caos, dal Tutto, venne ciò che vediamo già costrutto. Capii che dal Caos venne l’Ordine che l’occulto Architetto trasse dal disordine. Alla luce di questa Rivelazione vidi nel Tutto la spiegazione. Capii che il vortice era solo un miraggio, poiché nel Tutto era il suo Reale Messaggio. Fu allora che l’Oblio si dileguò e il Sogno nella sua vera luce si presentò. La dimensione nella quale ero penetrato era la stessa che credetti aver lasciato. Il Sogno mi fece capire che la realtà due volti ha da offrire: uno, creduto vero, apparente; l’altro, misconosciuto, il vero agente. La notte fece posto alla Luce, nel Tutto vidi allora ciò che conduce.
Quando il giorno dell’Amore viene a visitare il nostro cuore, viene a noi tutto strano ma ci prende con gioia la mano. Non importa che quel giorno sia piovoso, c’è sparso intorno il forte sapore del melograno, e del melograno ha pure il colore perché è il giorno dell’Amore. Può venire a noi con il vento, ma ciò ci appaga nel sentimento, in quanto ci riempie la vita di aria nuova non avvizzita. Ma questo è il giorno dell’Amore che spazza via da noi ogni dolore. Può venire a noi con il sole e allora rifioriscono le aiuole. I fiori sono tutti sbocciati e l’odore dei profumi ci fa sentire amati. Ma è il giorno dell’Amore e ogni cosa è bella come un fiore. Può venire a noi con la neve e ci fa vedere, come i fiocchi, ogni peso lieve. Ci sentiamo leggeri e vorremmo volare per raggiungere chi sappiamo di amare. Ma è il giorno dell’Amore e il sentimento lo diamo con ardore. Brilla la Stella dell’Amore, rossa nel cielo, e si fermano le ore. Il tempo è per incanto annullato. Il giorno dell’Amore è arrivato.
E’ da tempo tutto cambiato nel mondo dove sono nato. Non crescono più alberi frondosi, ma solo sterpi duri e spinosi. Non ci sono più frutti prelibati, ma solo aborti ibridi, adulterati. Non invecchiano più pesci nei mari, perché avvelenati da liquidi amari. Non scorazzano più nelle savane gli animali, perché decimati dagli umani strali. Non scorre più acqua nei fiumi, perché di sorgenti non ci son più barlumi. Non c’è più azzurro nel cielo, perché il mondo è avvolto da un grigio velo. Non c’è più calore in questo mondo, perché è già freddo fin nel profondo. Non ci sono più uomini con sentimenti, perché li hanno uccisi con alieni fermenti. C’è invece un’Umanità che dice: “abbattere il Passato”, ma nel Presente non costruisce l’Avvenire. Umanità, Umanità, che distruggi tutto, senza guardare in là, se non vuoi distruggere la Tua Identità, RICORDA che, solo con l’Umiltà, ritroverai la Forza per ricominciare con Dignità, riscoprendo nel Passato le molte Attualità per preparare l’Avvenire alla Sua Realtà.
Di qua dal Grande Fiume, un mondo sommerso dal lerciume. Un mondo senza regnante e senza regno. Un mondo dove l’azione richiede il pegno. Di la dal Grande Fiume, un mondo diverso, strano, incompreso ai più e ritenuto arcano. Si sapeva solo che lì regnava Mhira, leggendaria regina. Un giorno mi vestii di coraggio e decisi di fare il gran passaggio. Andai così verso la sponda e con un brivido affrontai l’onda. Credetti non riuscire nella traversata, ero stremato, ma raggiunsi la meta agognata. Soddisfatto respirai l’aria forte, inginocchiandomi poi per ringraziare la sorte. Il freddo accompagnava la sera ormai; accesi il fuoco e lì presso mi addormentai. La luce mi svegliò al nuovo giorno, mi alzai e mi guardai intorno; mi avviai quindi verso la città. Qui la gente era tutta un’operosità. Guide esperte accompagnavano i nuovi venuti e ogni cosa loro spiegavano con amore, come fratelli maggiori ai giovincelli. Chiesi ad una guida esperta chiarimenti sulla fratellanza da me scoperta. La guida sorrise, mi guardò e mi disse: “Questo è il regno di Mhira, la regina che sconfisse l’odio con l’amore proprio quando fu trafitta nel suo cuore. Quando Imhar, suo giovane amato sposo, fu ucciso per invidia dal fratello corroso, prima che dei figli potesse da Mhira avere a coronamento del loro sogno d’amore. Mhira, privata del suo sposo, perdonò il fratricida che il suo Amore frantumò, e decise quindi di adottare gli orfanelli del regno per perpetuare in essi il ricordo di Imhar, suo sposo, che tutti amava e nell’amore trovava riposo. Tutti orfanelli adottati siamo in questa città. "e da Mhira abbiam imparato l’amore nella fraternità.” Mi lasciò sorridendo per indicare ad altri la Via dell’amore che nella fraternità non è teoria. Capii perché nel mondo dal quale provenivo, questo Mondo era considerato strano, proibitivo. Capii che in questo Regno l’azione è fatta per l’azione e non perché per essa arriva l’ammirazione. Decisi che non sarei mai più tornato nel mondo di là dal fiume, dov’ero nato, poiché nel Regno di Mhira l’Amore avevo trovato.
Gesualdo Toscano
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