Le Scuole Iniziatiche dell'Antica Saggezza MARTINISMO
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Il Trattato Sulla Reintegrazione degli esseri di Giovanni Vincenzo Cubeddu
Virtù magica del Trattato René Le Forestier, nel suo autorevole studio consacrato all’Ordine degli Eletti Coen, esordisce scrivendo: "«Il Trattato della reintegrazione degli esseri nelle loro prime proprietà, virtù e potenze spirituali e divine», opera dogmatica e compendio della dottrina segreta insegnata da Pasqually, ha la forma d’un corso professato ex cathedra. L’Autore si rivolge al lettore con il tono del maestro che conversa con gli allievi; prevede le loro obiezioni e le confuta in anticipo, previene le domande che potrebbero rivolgergli, si sforza di dissipare gli eventuali loro dubbi dando prova della sua buona fede e dell’esattezza delle sue informazioni" (René Le Forestier, "La Massoneria occultista nel XVIII secolo e l’Ordine degli Eletti Coen", Ed. Riservata, Genova 1999, Libro I, cap. I, p. 16). Due sono le asserzioni che ci colpiscono in queste righe: "dando prova della sua buona fede" e "dell’esattezza delle sue informazioni", due affermazioni che si distinguono tra le altre e danno a questo brano un significato, perché ciò è in sintesi lo spirito del Trattato. E non solo, questo è lo spirito di tutta l’opera di Martinez de Pasqually e di tutto ciò di cui fu il centro animatore: dell’Ordine di cui fu il Grande Sovrano, della sua dottrina e delle sue pratiche operative di realizzazione. La buona fede e l’esattezza, or ora evocate, sono caratteristiche di chi conosce per via diretta le cose che insegna, di chi padroneggia appieno le nozioni che esprime, di chi parla essendo in possesso della chiave della verità, come scrisse Saint-Martin: "La nostra prima scuola ha delle cose preziose. Sono tentato di credere che M. Pasqually, di cui voi mi parlate (e che, è necessario dirvi era il nostro maestro) avesse la chiave attiva di tutto ciò che il nostro caro Boehme espone nelle sue teorie" (Papus, "Louis-Claude de Saint-Martin", Demeter, Paris 1988, p.236). Conoscenza della verità ottenuta con "i tormenti del corpo, dell’anima e dello spirito" (Tr. p. 271), verità, non dell’uomo comune, bensì emanazione divina, come Martinez fa dire a Noè nel Trattato: "La mia parola è semplice e pura. La verità che il mio verbo vi fa conoscere è schietta e senza inganni, non ne ha bisogno per farsi capire da coloro che desiderano conoscerla in buona fede. Essa stessa si offre all’uomo di desiderio gli parla un idioma che non può ignorare, poiché essa non riceve nulla dalla materia; è una, non ha limiti, non cambierà mai; è completamente spirituale in quanto emanata direttamente dal Creatore" (Tr. p. 166). Questa è la forza del Trattato in questione, ciò che colpisce il suo lettore, che lo attrae inesorabilmente - se in possesso della qualità necessaria – che lo aiuta ad approfondire, ad osare, ad andare oltre, alle difficoltà di superficie del linguaggio e dei concetti che esprime, che lo porta a combattere per ottenere e possedere, egli stesso, quella chiave, che Martinez ci ha lasciato in eredità. È la forza di che promana da uno livello superumano, dalla fonte stessa della verità, da un piano divino, stando però attenti a non riconoscere in ciò una affermazione dal sapore marcatamente teista. Una verità che genera fede, non quella passiva di carattere pietistico, peculiare delle degenerazioni mistiche o delle religioni di massa, quanto piuttosto "fides", fiducia, condizione attiva del credere dinanzi all’evidenza dei fatti. Fede che rigenera la virtù, "virtus", una forza magica che consente la trasformazione della propria esistenza, da uomo comune o profano, a "uomo-Dio della terra". "La fede senza le opere non può essere considerata vera fede, sebbene possiamo benissimo avere le opere della fede senza la fede" (Tr. p. 156), questo è ciò che Martinez vuole comunicare ai suoi discepoli: fede nella verità, fede ottenuta con le opere che consentono un contatto diretto con la verità, con il divino. Le opere, altro non sono che le operazioni teurgiche l’aspetto pratico della Reintegrazione. Ulteriore prova della fede personale di de Pasqually, quale anima motrice del suo lavoro, è il fatto che, de Grainville e de Champoléon, due Réau-Croix che lo aiutavano nella stesura del Trattato, cercando di correggere gli errori di stile e di ortografia, venivano spesso ad avere accese discussioni con lui, quando si ostinava a mantenere le sue formulazioni esattamente come le aveva concepite. Certo di aver concretizzato, al di là dell’estetica, in uno stile letterario, magari, non bello, gli insegnamenti che voleva trasmettere.
I destinatari del Trattato L’Ordine di cui Martinez de Pasqually fu il creatore ed il Grande Sovrano, ebbe vita nella seconda metà del sec. XVIII e rappresentò una espressione diretta della tradizione iniziatica d’occidente. Il "Trattato sulla reintegrazione degli esseri" era l’istruzione riservata ai Réau-Croix, la classe segreta, il grado più elevato della scala iniziatica dell’Ordine in questione, l’unico grado che avesse realmente importanza per Martinez all’interno del suo sistema. Tutti gli altri gradi erano accessori e servivano a condurre progressivamente l’Eletto Coen, dallo stato di confusione proprio dell’uomo ordinario, alla condizione di Réau-Croix, di "uomo-Dio della terra", per usare un termine specificatamente Martineziano, in grado cioè di operare magicamente per rigenerarsi e reintegrarsi progressivamente "nella primitiva proprietà virtù e potenza spirituale divina", seconda parte del titolo di quest’opera. Martinez de Pasqually resta un personaggio enigmatico, poco o nulla si conosce della sua vita profana, compare sull’orizzonte della storia poco prima degli anni 60 del XVIII secolo e da questa svanisce morendo a Santo Domingo il 20 settembre 1774. Il suo ordine gli sopravviverà, per filiazione diretta, sino al 1781, anno in cui Sébastien de Las Casas, terzo ed ultimo successore di Martinez, per mancanza delle qualità necessarie ad adempiere il proprio compito, dà disposizione a tutte le logge Coen di depositare i propri documenti negli archivi del Rito dei Filaleti. La dottrina e le pratiche operative degli E. C. hanno influenzato il milieu dell’occultismo dei secoli successivi, grazie soprattutto all’opera svolta da due emuli di Martinez: Jean-Baptiste Willermoz e Louis Claude de Saint-Martin. Il primo, massone lionese di fama riconosciuta, innestò in ambito massonico la dottrina della Reintegrazione, trasformando la "Stretta Osservanza Templare" nei "Cavalieri Beneficienti della Città Santa", sistema conosciuto in seguito come "Rito Scozzese Rettificato". Il secondo autore prolifico e già famoso ai suoi tempi, influenzò per mezzo dei suoi libri, i circoli occultistici dei sec. XIX e XX, diffondendo ciò che aveva assimilato della dottrina martineziana. E per loro tramite, l’eredità raccolta, un tempo, da Martinez è pervenuta a dare frutto in questo periodo di decadenza, in cui l’uomo, ottuso e arrogante dei nostri tempi, inebriato dalla sua presunta libertà assoluta, si trova, più che mai, ad essere ridotto in schiavitù dalla propria confusione.
La forma del Trattato ed il suo contenuto Il testo si presenta con un linguaggio ruvido, il suo autore, d’altro canto, si esprime con termini che dimostrano la sua scarsa padronanza della lingua francese e che spesso tradiscono le sue origini iberiche. Del resto, come abbiamo già detto in precedenza, questo depone a favore della propria convinzione personale nella verità che vuole esprimere. La forma letteraria del "Trattato sulla reintegrazione" è strettamente imparentata con la letteratura esoterica del giudaismo ed in particolare con i Midrashim, con lo Zohar e con i trattati di Filone di Alessandria. Commenta, nello stile ebraico, le allegorie rappresentate dagli episodi e dai personaggi del canone veterotestamentario, servendosi di ulteriori metafore chiarificatrici, allargando e reinventando i racconti biblici con aggiunte e creazioni personali, cambiamento di nomi ed altro, il tutto per renderne più accessibile il simbolismo, in concordanza con la tradizione giudaica. Tra tutti i personaggi biblici, in particolare, offre ampio spazio a Mosè. La centralità della sua figura nel "Trattato sulla reintegrazione" – posizione che occupa del resto nella tradizione del popolo di Israele - e nel simbolismo dell’ordine degli Eletti Coen, fece dire a Matter, nella sua opera dedicata a Saint-Martin, che Pasqually è il "cancelliere di Mosè". Inoltre, a tratti, ritroviamo allusioni di carattere massonico, mutuate spesso dalle leggende dei gradi e dalla loro simbologia. Riferimenti, questi, necessari perché la massoneria rappresentava il tronco in cui de Pasqually aveva innestato il proprio sistema. Egli riprendeva le allegorie dei "Figli della vedova", perché i suoi emuli ne comprendessero appieno il significato non restando schiavi, solamente, dell’abitudine del cerimoniale; perfettamente in grado, cioè, di diventare dei veri massoni, anziché arrestarsi allo status di massoni apocrifi (così venivano denominati, nei catechismi Coen, i massoni degli altri sistemi). Lo studioso attento, troverà idee che appartengono al campo della magia cerimoniale e della cabala pratica. È necessario ricordarsi che la pratica teurgica è l’obbiettivo principale di Martinez, insegnare, cioè, ai propri allievi come diventare il centro di un universo magico, che consenta di realizzare la propria palingenesi. Il cardine della dottrina teurgica martinezista, è la scienza dei numeri; numeri che diventano, nella loro qualità di simboli semplici e puri, delle porte aperte su infiniti mondi dello spirito. Ma l’argomento, che è il vero fondamento del Trattato, è la figura del Cristo, nella quale non bisogna affatto scorgere, come molti hanno fatto, una confessione di fede cristiana o ancor di più cattolica di de Pasqually. La coloritura di carattere cattolico è - come giustamente fa notare R. Le Forestier, nella sua opera citata in precedenza - uno smalto di superficie che si scrosta facilmente, ad un esame più attento del testo. Il Cristo di Martinez, è da intendere in senso esoterico, è il principio divino immanente che opera nell’universo tramite l’uomo, principio che sotto diversi nomi ritroviamo in tutte le correnti tradizionali e che, lungi dall’essere il solo Gesù, nell’opera in questione, con il nome di Hely si manifesta attraverso gli Eletti dell’Eterno che operano sulla scena dell’Antico e del Nuovo Testamento. Questi Eletti, sono in numero di dieci, e precisamente: Abele, Enoc, Noè, Melchisedec, Giuseppe, Mosè, Davide, Salomone, Zorobabele e il Messia. Il fatto che, de Pasqually, usi indifferentemente il termine Messia o Cristo, come se fossero la stessa cosa – del resto nella realtà, i due termini, sono simonimi, essendo Cristo la traduzione greca dell’ebraico Messia, ovvero "unto", "consacrato" – e che li ponga a completamento della sua scala denaria di Eletti, conferisce al Cristo un carattere peculiare all’escatologia giudaica, la sua apparizione alla fine dei tempi, ossia a compimento dell’opera del "Dio-uomo". L’apparenza cattolica del Trattato, è dovuta, con ogni probabilità, sia allo scopo di non urtare gli emuli, che nella Francia del settecento, vivevano una cristianità fatta di abitudini quotidiane, sia per dissimulare agli occhi dei molti il reale insegnamento, celato tra le sue righe. Ricordiamo che, come molti autori hanno ipotizzato, Martinez era di probabile origine ebraica, forse discendente da famiglia marrana, e quindi non è illogico, che avesse una naturale propensione a nascondere le sue tesi non troppo conformi al dogma romano.
Della presente edizione Il traduttore e curatore della presente opera, Caio Mario Aceti, è uno dei maggiori esperti di Martinez de Pasqually e degli Eletti Coen, si è da sempre consacrato allo studio di questo argomento ed in questo ambito ha pubblicato nel corso degli anni diversi testi, sia come autore, sia come traduttore. Ha collaborato con diverse riviste scrivendo numerosi articoli. È un profondo conoscitore e studioso della Massoneria, all’approfondimento della quale ha consacrato diverse opere. Ha tradotto opere di autori francesi, fra i quali Robert Ambelain e René Le Forestier. Del "Trattato sulla reintegrazione degli esseri", questa è una seconda edizione tradotta non dal manoscritto denominato "Matter", edito per la prima volta nel 1899 da René Philipon e fonte della prima edizione italiana per merito sempre di Aceti (Genova, 1982), bensì da una copia autografa di Louis Claude de Saint-Martin. Entrambi i manoscritti riproducono versioni cosiddette lunghe del Trattato, termine adoperato dagli studiosi per distinguerle da altre denominate brevi, come ad esempio quelle del manoscritto "Kloss" e quello di "Solesmes". Le brevi rappresentano senza ombra di dubbio le versioni originali, ma sono anche più povere, come l’espressione stessa ci suggerisce, per contro le lunghe sono state redatte in seguito e sono più ampie. Questa versione, a giudizio di Robert Amadou, che ne ha curato un’edizione francese ("Traité sur la réintégration des êtres", Diffusion Rosicrucienne, Le Tremblay 1995), è sicuramente superiore alle altre e rappresenta probabilmente l’ultima stesura del Trattato. Il linguaggio è più scorrevole, nel suo svolgersi la trattazione amplia e sviluppa alcuni temi caratteristici del supporto teoretico dei Réau-Croix. Un testo sicuramente difficile, alla cui comprensione occorrono anni di studio, tanto è vero che solo pochi hanno osato accostarvisi. Aceti, in questa versione dell’opera, ha inserito note esplicative, l’ha fatta precedere da un consistente studio introduttivo, il tutto per rendere agevole il compito al lettore che desidera cimentarsi con il Trattato. A questo fine, ha suddiviso la presente edizione in cinque parti; cinque divisioni simboliche che suggeriscono altrettante fasi, cicli, gradi - metastorici ed iniziatici, "universali e particolari" - della caduta, riconciliazione e reintegrazione di Adamo. Un testo difficile, come abbiamo appena detto, ma si tratta della Reintegrazione, non di una passeggiata nel parco. Occorre ricordare che spesso i compiti più difficili sono anche i più proficui e di norma i soli nei quali, volenti o nolenti, dobbiamo confrontarci nel corso della nostra esistenza. La ricompensa che trae chi sappia affondare le mani tra le sue righe è più che appagante, ci teniamo a ricordare che, essendo il Trattato la base dottrinale per i Réau-Croix ed essendo questi degli operatori magici, dei teurghi, possessori della "... potenza di santificare ..." che "... si acquisisce con l’iniziazione e la dignificazione ..." (E. C. Agippa, "De Occulta Philosophia", Libro III, cap. LXII, Ed. Mediterranee, Roma 1991) in esso sono contenute, in seme, tutte le istruzioni necessarie per sviluppare le operazioni degli Eletti Coen, la via pratica che rende possibile la Reintegrazione.
Tratto dalla pagina web di IANUA cooperazione di lavoro il cui fine è lo studio e la ricerca, su Martinez de Pasqually, gli Eletti Coen e gli argomenti a questo attinenti, come la Tradizione Ebraica, la Massoneria, la Gnosi e la Teurgia http://www.esoteria.org/web_utenti/ianua.htm
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