LA TEURGIA
di Robert Ambelain
- Aurifer S.I.I.
«Una Forza magica, assopita dalla caduta, giace
latente nell’Uomo. Può essere risvegliata dalla grazia di Dio
o dall’Arte della Cabala...».
(J.B. van Helmont:
«Hortus Medicinae», Leida,
1667)
La Teurgia (dal greco theos
= dio e ergon = opera) è l’aspetto più elevato, più puro ed anche
più sapiente, di ciò che l’uomo qualunque chiama Magia. Definire la
seconda, per poi prenderne in considerazione solo l’essenza e
l’aspetto più puri, vuol dire conseguire la prima. Ora, secondo
Charles Barlet «La Magia Cerimoniale è una operazione con la quale
l’Uomo cerca di costringere, con il gioco stesso delle Forze
Naturali, le Potenze invisibili dei diversi Ordini ad agire secondo
ciò che da esse richiede. A questo scopo, le afferra, le sorprende,
per così dire, proiettando (con l’effetto delle “corrispondenze”
analogiche che implica l’Unità della Creazione) delle Forze di cui
egli stesso non è padrone, ma alle quali può aprire delle vie
straordinarie, in seno stesso della Natura. Donde Pentacoli,
sostanze speciali, condizioni rigorose di Tempo e di Luogo che
occorre osservare pena i più gravi pericoli. Poiché, se la direzione
ricercata è un pochino imperfetta, l’audace è esposto all’azione
delle “Potenze” nei cui confronti non è che un granellino di
polvere... » (Charles Barlet: l’«Initiation», numero di
Gennaio 1897). Dunque, la Magia, come abbiamo visto, non è che
una Fisica trascendente. Di questa definizione, la Teurgia
considera solamente una applicazione pratica: quella della legge
delle «corrispondenze» analogiche, che sottintendono:
1° l’unità del Mondo,
in tutti i suoi componenti; 2° l’identità analogica del Piano
Divino e dell’Universo materiale, il secondo creato «a immagine» del
primo e suo riflesso, inferiore e imperfetto; 3° un rapporto
permanente tra i due, rapporto che deriva da questa identità
analogica e che può essere espresso, e contemporaneamente stabilito,
da una scienza secondaria, detta Simbologia.
In quanto al «dominio»
nel quale si esercitano questi principi secondari, la Teurgia si
distingue nettamente dalla Magia. Questa non mette in azione che
delle Forze Naturali, terrestri o cosmiche, in quanto si esercita
solo in quel dominio puramente materiale che è l’Universo e, di
conseguenza, non sono neanche Cause Secondarie, tutt’al più
«intermediari» delle «Cause terze». Di conseguenza, l’azione della
Magia perturba l’intenzione delle Cause Seconde, che esprimono, a
loro volta, quella della Causa Prima, esercitandosi con uno dei suoi
«possibili». Da ciò il ristabilirsi inevitabile dell’equilibrio
spezzato, detto «choc di ritorno», che segue ogni realizzazione
magica; la violenza di questo effetto contrario è proporzionale
all’ampiezza ed alla durata della realizzazione ottenuta. Poiché è
legge imprescrittibile che il Mago debba pagare nel dolore le gioie
che la sua Arte avrà strappato alle «Immagini Eterne», uscite
dall’ASSOLUTO, poi orientate e fissate dalle Cause
Seconde. Altra cosa è il dominio della Teurgia e dei fattori che
mette in gioco, fattori puramente metafisici del resto, e mai
cosmici o iperfisici. Poiché in seno all’Archetipo, nei «possibili»
che passano — immagini fuggitive — nella INTELLIGENZA PRIMORDIALE,
la Teurgia opera. Definiamo, dunque, questo campo.
Il Mago
crede necessariamente nell’esistenza di un solo ESSERE, Unico,
Eterno, Onnipotente, infinitamente Saggio, infinitamente Buono,
Fonte e Conservazione di tutti gli Esseri emanati e di tutte le
Creature passeggere. Egli designerà questo ESSERE unico, con
molteplici NOMI, esprimenti ogni volta uno dei «Raggi» della Sua
Gloria e che chiamiamo qui semplicemente Dio. Perché Dio è
infinito in potenza e in possibilità, il Bene e il Male coesistono e
si equilibrano eternamente in Lui. Ma, poiché Egli è pure
infinitamente Saggio ed è il Bene Assoluto, considera eternamente,
nella Sua Onniscienza, tutti i possibili futuri, opera tra noi, in
eterno, e con la Sua Onniscienza, una Discriminazione, anch’essa
eterna. Questa eterna Discriminazione dispone, quindi, l’uno di
fronte all’altro, il Bene e il Male. Ciò che Dio ammette,
ritiene, desidera, realizza e conserva, costituisce un Universo
Ideale, o Archetipale. È il «Mondo dell’Alto», il Cielo. Ciò che
Egli rifiuta, rigetta, riprova e tende a cancellare, costituisce il
«Mondo di Quaggiù», l’Inferno. E l’Inferno è eterno come il Male che
esprime, ora lo comprendiamo. Poiché Dio è eterno e contiene in
Sé tutti i «possibili», anche il Male è Eterno ed Egli non può
distruggerlo. E poiché è infinitamente Buono, Egli non lo
vuole. Allora, poiché è anche infinitamente Saggio, Dio lo
trasforma in Bene... Ma, poiché anche il Male è eterno in
quanto «principio», eterna è anche l’Opera di Redenzione degli
elementi respinti, come è eterno il Bene che essa manifesta e
realizza. L’UOMO, come ogni creatura, porta in sé una scintilla
divina, senza la quale non potrebbe esistere. Questa scintilla, è la
VITA stessa. Questo «Fuoco» divino porta in sé tutti i possibili,
come il Fuoco INIZIALE da cui emana. I buoni come i cattivi. Poiché
non ne è che il riflesso; e tra il braciere e la scintilla, non
esiste differenza alcuna in natura! Questo «fuoco» è, dunque,
suscettibile di «riflettere» il Bene o di «riflettere» il Male.
Quando l’Uomo tende ad avvicinarsi a Dio, soffia e anima in lui il
«fuoco chiaro», il fuoco divino, il «fuoco di gioia». Quando
tende ad allontanarsi da Dio, soffia e accende in lui il «fuoco
scuro», il fuoco infernale, il «fuoco della collera». Così,
egli genera in se stesso, come fa Dio nel grande TUTTO, il Bene o il
Male, il Cielo o l’Inferno. In noi portiamo la radice dei nostri
dolori e delle nostre gioie. A questa Opera della Redenzione
Universale e comune, che fa dell’Uomo il collaboratore di Dio, la Teurgia avvia
l’Adepto. Forse non farà miracoli apparenti e forse ignorerà
sempre il Bene che avrà realizzato. Ma, in questa stessa ignoranza,
la sua opera sarà cento volte più grande di quella del mago nero,
anche se quest’ultimo riesce a realizzare stupefacenti
prestigi. Poiché questi ultimi non esprimeranno che la realtà
del Male archetipo collaborandovi. Nessuno dubita di questa realtà;
e questa collaborazione gli è del tutto inutile... La Magia ci
mostra che niente va perduto, che tutto si ritrova e riprende il
proprio posto. «Ciascuno semina ciò che raccoglierà e raccoglie quel
che ha seminato» ci dice la Sacra Scrittura. In definitiva, il
mago nero è un ignorante che recita la parte dello zimbello! I
suoi desideri o i suoi odi gli avveleneranno i giorni che saranno
tempo perso ai fini della Vera Conoscenza. Al tramonto della vita,
tirerà le somme. Amore, Fortuna, Gioventù, Bellezza, non saranno al
suo capezzale per giustificare le ore sprecate. Non gli resterà che
una sola cosa: un debito da pagare, in questa o in un’altra vita,
che nessuna creatura al mondo potrà saldare in sua
vece. Poiché, volendo piegare delle «Forze», così potenti e
sconosciute come misteriose e temibili, ai suoi desideri ed alle sue
fantasie effimere, si sarà fatto loro schiavo incosciente, mai
loro maestro! Senza volerlo, le avrà servite... «Quando
mentiamo ed inganniamo, dice Mefistofele, diamo ciò che è
nostro!...». Attraverso la voce di Goethe, la folla anonima degli
Iniziati d’ogni tempo ci avverte!
Quei «principi» che Dio
custodisce, perché li desidera, eternamente, Egli li emana.
Essi si individualizzano, poi si esprimono, a loro volta,
secondo la propria natura che è l’Idea Iniziale divina. L’insieme di
queste «Emanazioni» costituisce il Piano Divino o Aziluth. Ciascuna
di esse è un Attributo Metafisico. Così si hanno la «Giustizia», il
«Regno», la «Misericordia», la «Dolcezza», la «Forza», la
«Saggezza», ecc.. Poiché sono di essenza divina, si capisce
perché i metafisici orientali, dopo di averle elencate e dotate di
nome proprio, vi abbiano aggiunto i suffissi «El» o «Iah», che
significa Dio, femminile o maschile. Si hanno in tal modo le
denominazioni convenzionali: «Giustizia di Dio», «Rigore di Dio»,
«Misericordia di Dio», ecc.. Ciascuna di queste Emanazioni
essendo parte costituente della DIVINITÀ UNA, emana a sua volta
delle modalità secondarie della sua essenza. E così via. Si
costituiscono in tal modo degli esseri particolari che chiamiamo
Angeli, Geni o Dei, esseri che la teodicea ha raggruppato in dieci
divisioni convenzionali. Sono i nove cori angelici a cui va aggiunto
quello delle «anime glorificate» della Teologia ebraico-cristiana e
della Cabala. Nel «Mondo inferiore» che Dio respinge (le
Quliphoth o «scorze» della Cabala), ciascuno di essi ha la propria
antitesi, un essere del tutto opposto, emanato da uno degli
Attributi-Contrari, che Dio tende a far evolvere verso il Meglio ed
il Bene. Si hanno perciò l’«Ingiustizia», la «Debolezza», la
«Crudeltà», la «Durata» e l’«Errore» e aggiungendovi i suffissi
complementari El o Iah, otteniamo i Nomi Demoniaci: «Ingiustizia
Suprema», «Debolezza Suprema», «Crudeltà Suprema»,
ecc.. Tutti i «possibili», respinti «in basso», sono
destinati a diventare «creature» e, emergendo dall’Abisso per Grazia
ed Amore di Dio, costituiscono il Mondo della Prova e della
Necessità, la «Terra», in ebraico Aretz, solo riflesso superiore
dell’Abisso. Tutti gli Esseri che non sono gli «Dei-Attributi»
dell’ASSOLUTO, nascono in seno all’Abisso, complesso di ciò che
l’Eterna Saggezza respinge eternamente. Similmente, gli esseri
venuti dal Basso devono pervenire, infine, tutti «in alto», nel
«Palazzo del Re», collegati ad una delle Dieci Sfere precipitate, ma
migliorate, evolute, diventate infine tali e quali Dio eternamente
desiderava, ricche della totalità dei ricordi e delle esperienze
passate. Tutti questi esseri si innalzano, dunque, prima
attraverso tutte le «forme» possibili e immaginabili della Vita, in
questo vasto caleidoscopio che è la NATURA ETERNA; forme successive
visibili o invisibili, minerali o vegetali, animali o ominali.
Giunti a questo ultimo stadio, luogo di incontro in cui li attendono
la Libertà morale e la sua Responsabilità, essi costituiscono quel
Mondo di Prova e di Fatalità che è la «Terra», precursore dei
«Cieli» simbolici. In virtù di questa Libertà e di questa Scelta,
finché si trovano nel piano di Aretz («Terra»), sottomessi
all’Esperienza, dunque alla sofferenza ed alla morte trasmutatile,
gli Uomini possono, con l’accettazione o con il rifiuto, con la
scelta intelligente o sragionevole, elevarsi o discendere sulla
Scala, la scala del «divenire». Si osservi che la Cabala da lo
stesso valore numerico alla parola Sinai come alla parola Sulam, che
vuoi dire scala (130). La Gematria ci rivela in ciò una delle chiavi
principali della metafisica cabalistica. Infatti, questa «scala» è
legata alla leggenda del patriarca Giacobbe, parola che significa
«colui che soppianta». Ciò che per un’anima è salire, per
un’altra è discendere (cfr. nei «Mabinoggion» o «Racconti per il
Discepolo» l’insegnamento bardico a questo proposito, nel racconto
di Peredur a Ewrach). Sulla Ruota Eterna, tutte le anime passano
successivamente per tutti gli stati (vedi la «Rivoluzione delle
Anime» del rabbino Isacco Luria). In questa salita sulla scala,
un’anima è il «soppiantatore», un’altra è lo scalino... Poiché,
giunto una prima volta, nel «Palazzo Celeste», mondo della Pienezza,
dove ritrova infine l’insieme dei suoi ricordi e delle sue facoltà,
l’Essere può ridiscendere volontariamente sulla «Terra», in Aretz,
reincarnandosi, sia per nuove esperienze a beneficio proprio, sia
per lo scopo alchemico di aiutare gli altri esseri a liberarsi
dall’Abisso, a uscire dallo Sheol («Sepolcro»). E ciò ogni volta che
lo desidera, protetto dall’Oblio. Possiamo concepire l’inferno
mentale che sarebbe la nostra vita se potessimo ricordarci di tutto
quel che siamo stati? Possiamo immaginare il nostro sé immortale che
anima, per esempio, un ragno? Ci vediamo, grossi come un ragno,
nascosti in un buco infetto, danzare sulla tela, ricettacolo di
marciume e di polvere, mordendo a quattro ganasce i cadaveri
decomposti delle mosche?... «L’Oblio delle precedenti vite è un
beneficio di Dio...» ci dice la tradizione lamaista! Poiché
l’Eternità e l’Infinità divine fanno sì che l’ASSOLUTO resti sempre
inaccessibile all’Essere, sia pure pervenuto nel «Palazzo dei
Cieli», eterne in durata, infinite in possibilità, sono le
«esperienze» della Creatura, e così la Saggezza e l’Amore divini la
fanno partecipe d’una eternità e d’una infinità relative,
immagini e riflessi dell’eternità e dell’infinità divine e in tal
modo generatrici d’un eterno divenire.
Ma, in ogni caso, non
si dovrebbe mai confondere gli Esseri in corso di evoluzione verso
il Piano Celeste e gli Attributi del Divino, parti costituenti di
Dio. Grazie
all’onnipotenza del Verbo, che si esprime attraverso la Preghiera e
le sante Orazioni, con una vita che si avvicina, nella misura
consentita all’Uomo, alle loro perfezioni, il Teurgo risveglia e
mette in azione gli Attributi divini e ciò elevando gli occhi
ad essi... Con la Simbolica che permette di
canalizzare e di condurre questa azione, «ponendola» nel Tempo e
nello Spazio, il Teurgo agisce, allora, indirettamente sugli Esseri
dell’Universo materiale. Dato che, partendo dal principio
iniziatico universale che la «parte» equivale al «Tutto», e che «ciò
che è in basso è come ciò che è in alto», questa Simbolica gli
consente di realizzare un microcosmo realmente in rapporto di
Identità analogica con il Macrocosmo. Ritroviamo
questa teoria, degradata, nel principio del Sortilegio e della
fissazione del suo «voult». Con la Simbolica, il Teurgo realizza,
sul suo altare, sui suoi pentacoli o nei Cerchi operatori, veri
«voult» del Mondo Celeste, dell’Universo materiale, degli Esseri che
in essi risiedono, delle Forze che vi sono racchiuse. Ma, al
contrario del praticante della comune Magia, realmente legato alle
particolari virtù dei suoi oggetti, dei suoi ingredienti, ai riti
(diventati formule superstiziose) del suo Sacramentario,
proprio come il Fisico o il Chimico sono legati agli apparecchi di
laboratorio, ai corpi che usano, alle formule del loro codice, il
Teurgo non ha tale servitù superstiziosa. Utilizza la
Simbolica solo come mezzo di espressione,
complementare del suo verbo, esso stesso espressivo del suo
pensiero. Poiché la Simbolica completa (nel dominio
delle cose inanimate) il Gesto del Teurgo, il suo Gesto completa la
Parola, la sua Parola esprime il Pensiero e il suo Pensiero esprime
la sua Anima. E questo è il segreto delle «Nozze feconde del
Cielo e della Terra». Così, nella Trinità Divina e nella Trinità
Umana:
Dio -
UNO
Padre
Figlio
Spirito Santo |
ANIMA - UNA
Pensiero
Parola
Gesto |
Infine, il Teurgo non
pretende di sottomettere, bensì di ottenere: il che è
molto diverso! Per il Mago, il rito piega
inesorabilmente le Forze alle quali si rivolge. Possedere il
«nome», conoscere gli «incantamenti» è poter incatenare gli
Invisibili, affermano le tradizioni magiche universali. La logica
non ammette, a questa pretesa, che tre ipotesi
giustificative:
a) o le Forze
assoggettate lo sono solo perché inferiori in potenza allo stesso
Mago. Allora, non c’è merito alcuno nell’asservirle e nessun
beneficio da ottenere. Poiché la Scienza ufficiale con la pazienza e
il tempo, vi arriva ugualmente...
b) oppure si
prestano per un momento al gioco, accettando solo in apparenza una
servitù momentanea, nell’attesa di una fatale conseguenza che sfugge
all’uomo, ma che deve logicamente essere utile ad esse. In questo
caso, il Mago è ingannato, la Magia è pericolosa e come tale deve
essere combattuta...
c) queste Forze
sono incoscienti, dunque inintelligenti e di
conseguenza naturali. In questo caso, la pretesa del Magista
di sottomettere le «potenze» dell’Aldilà è solo una chimera. Il suo
rituale, noioso, irregolare negli effetti, imprevedibile. Nelle
conseguenze ultime, deve essere sostituito da uno studio scientifico
di questi fenomeni, nell’attesa di incorporarle nel campo delle Arti
e delle Scienze profane. Da questo momento non c’è più
Magia...
In quanto al Teurgo non
ha da temere alcuna «spiegazione» che diminuisca i suoi poteri
poiché egli scarta di primo acchito ogni fattore materiale dotato di
una qualsiasi virtù occulta, ogni forza racchiusa o infusa con dei
riti nei suoi supporti materiali. Solo la Simbolica deve
unirlo al Divino con lo slancio della sua anima, per veicolo.
Subito si pone il problema: rivolgendosi a Dio attraverso il canale
dello Spirito e del Cuore, non v’è da temere alcuna
deflorazione del grande arcano, e, qualsiasi cosa accada nelle varie
realizzazioni, il Mistero di queste ultime rimane integro. Ciò
che il Mago pagherà alla fine con dolore, il Teurgo lo completerà in
gioia. Come dice la Sacra Scrittura, il Teurgo ammassa inalterabili
tesori, mentre il Mago fa un cattivo investimento.
Tratto da "La Kabbale pratique",
supplemento speciale alla rivista martinista
"La Tradizione Esoterica" - Edizione Privata
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