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I resti di Israele

nel “Trattato sulla reintegrazione”

di Martinez de Pasqually

di Giovanni Vincenzo Cubeddu

 

“Mosè riunì il resto dei figli di Israele che erano stati preservati dalla divina giustizia messa in atto dai quindici eletti della tribù di Levi e, prima di risalire sulla montagna allo scopo di ottenere le nuove tavole della legge, diede al popolo i seguenti ammaestramenti su quanto era accaduto” (Tr. p. 243) 1.

         Così Martinez de Pasqually, nel suo “Trattato sulla reintegrazione degli esseri”, mette in risalto, per l’ultima volta, il concetto di resto di Israele, nel momento in cui Mosè sta per salire una seconda volta sul Sinai, dopo aver punito il popolo che adorava il vitello d’oro e distrutto le prime tavole della legge.

Mosè, l’Iniziatore della religione di Israele, colui che trasforma un popolo di oppressi negli Eletti dell’Eterno, caso unico di elezione di un popolo nella storia dell’umanità.

Mosè, che recita la parte più importante nel Trattato di Martinez e nell’ordine degli Eletti Coen.

         Eletto è la parola chiave che ci permette di comprendere la nozione di resto. Non è possibile, ogni volta che si incontra il termine in questione, considerarlo al di fuori dell’ambito di una elezione, sia questa di un popolo, quello ebraico, o di un individuo, l’Eletto Coen, sia essa “universale” oppure “particolare”, per usare il lessico di Martinez.

         G. Sholem scrive: “L’essere è in esilio dall’inizio della creazione, e il compito di riportare ogni cosa al suo posto è assegnato al popolo ebraico, il cui fato storico simboleggia lo stato dell’universo in generale” 2.

         L’elezione è una condizione particolare dell’anima, qualcosa che pone al di fuori dalla vita ordinaria, un destino speciale, qualcosa che distingue dagli altri. Che spinge ad affrontare prove e scelte, sempre più difficili e dall’esito incerto, in vista di una promessa finale, di una condizione di pace stabile e reale.

         Si desidera fuggire da un passato di schiavitù, di confusione ed incoscienza (spesso rappresentato dall’esilio), abbracciando, per mezzo dell’elezione, un eterno presente fatto di lotte e di una presa di coscienza progressiva, fatto di morte e resurrezione, nella speranza di un futuro migliore, di una condizione stabile, la redenzione finale, il mondo a venire, l’avvento del Messia, la reintegrazione.

         Tutto ci suggerisce che l’elezione è la “conditio sine qua non” per ottenere il riscatto dell’uomo decaduto, la possibilità di risalire per quella via lungo la quale siamo rovinati nella condizione ordinaria del nostro quotidiano. Adamo fu fatto per dominare l’universo, per esserne Re, per esercitare l’imperium e finì per essere dominato, l’eletto è colui che combatte per reintegrare l’uomo nella sua regalità primordiale.

          

I resti di Israele, nella storia e nell’A. T.

  

“Tutta la bibbia è compenetrata della convinzione che a partire da un piccolissimo numero di eletti Dio si costruisce un grande popolo (Genesi 15, 6; 18, 14/18)” 3.

         La nascita di Israele, il popolo degli eletti, parte da molto lontano. In seno all’umanità, per salvare ciò che di buono è in essa. Nella Genesi, Adamo, uomo universale (“il minore” per Martinez) è decaduto dalla sua condizione primeva a causa del peccato originale. E nonostante egli avesse dato origine ad una generazione buona – prima in Abele e poi in Set –, in quelle successive quest’uomo si perverte sempre di più fino a che diventa così disorientato da coinvolgere nella sua confusione la terra e tutti i suoi abitanti non umani, costringendo l’Eterno a scatenare il Diluvio. Per poter iniziare nuovamente, c’è bisogno di un seme, un resto, ovvero Noè, l’unico trovato giusto in quel tempo: “Il Signore disse a Noè: «Entra nell’arca tu con tutta la tua famiglia, poiché te ho veduto giusto dinanzi a Me in questa generazione». (Genesi 7, 1) 4. Così incontriamo per la prima volta il concetto di individuo che viene salvato, non perché perfetto, ma perché, pur non essendolo 5, ha la qualità di giusto in confronto agli altri della sua generazione. Con in sé la potenzialità di un perfezionamento, degno di essere salvato per ciò che può originare da lui in futuro, e quindi meritevole di elezione; il Midrash Rabba sulla Genesi dice a proposito: “«E Noè trovò grazia agli occhi di YHVH», in considerazione di quale merito? Di quello dei suoi discendenti” 6.

         E in Genesi 7, 23 troviamo: “Il Signore distrusse ogni essere che era sulla faccia della terra dall’uomo alla bestia, ai rettili e ai volatili; furono distrutti dalla terra; rimase soltanto Noè e chi era con lui sull’arca”.

         Noè è rappresentato come coltivatore, a lui è affidata la terra affinché tutto rinasca in un nuovo ordine. Siamo all’inizio della scala della redenzione. Una volta effettuata la distinzione tra gli Israeliti e l’umanità in genere, troveremo, all’epoca di Giacobbe-Israele, Giuseppe - uno dei suoi figli divenuto ministro alla corte del Faraone -, dire ai fratelli: “Dio mi ha mandato avanti a voi per darvi la possibilità di rimanere sulla terra, e perché per voi si dia vita a numerosi scampati. (Genesi 45, 7). In quel tempo vi era carestia in Terra di Israele ed era necessario che questa nazione, attratta dai bisogni del corpo, fosse sottoposta alla prova in Egitto, per poter in futuro godere pienamente della Terra Promessa. L’Egitto ha sempre una connotazione negativa nell’A. T.; i Patriarchi - prima Abramo e poi Israele - devono sempre essere messi alla prova nella terra dei faraoni per acquisire il diritto di godere della terra promessa ad Abramo.

         Mosè, libera la nazione dall’esilio egiziano, la sua epoca è caratterizzata dall’esodo verso la Palestina, la sua storia è totalmente compenetrata dall’idea di lotta, di prova (il deserto), di cadute e di conquiste.

Dopo l’occupazione della terra di Canaan con Giosuè, ed il consolidamento dello stato con i Giudici ed i Re, l’epoca dei profeti è caratterizzata dall’idea che Israele, a causa della sua infedeltà, sia sottoposto al giudizio divino e che solo un resto di questo popolo sopravviverà. Così in I Re 19, 18: “Ed Io lascerò in vita in Israele settemila persone, coloro le ginocchia dei quali non si sono piegate al Ba’al e la bocca dei quali non lo ha baciato”. Ed in Zaccaria 14, 2: “Farò convergere tutte le nazioni su Gerusalemme a scopo di conquista, la città verrà espugnata, le abitazioni calpestate, le donne violentate, e, mentre una metà degli abitanti della città verrà portata in esilio, l’altra metà verrà sradicata da essa”. Leggendo Isaia 7, 3 si noterà ad esempio che, uno dei figli del profeta, si chiama bwcy rac (Scear jasciuv) nome simbolico che significa “un residuo ritornerà” o “un resto si converte”.

         Viene da pensare alla tecnica dei cercatori d’oro, che passano al setaccio la sabbia del fiume e lasciano ricadere nell’acqua ciò che a loro non interessa, facendo rimanere nel setaccio solamente le pagliuzze d’oro.

Dunque questo popolo infedele, che non osserva il patto dell’alleanza dividendo, dopo Salomone, lo stato in due regni, opera una distinzione interna alle tribù: tra Giuda (il resto), fedele alla legge, e tutte le altre che sono ormai corrotte. Si appresta, così, a subire nuove prove: l’assedio e la caduta di Gerusalemme, la distruzione del Tempio ed un nuovo esilio a Babilonia.

Ma anche questa prova viene affrontata con la speranza di un riscatto, per coloro che si salveranno. Ed i sopravvissuti liberati da Zorobabele, tornano alla loro terra a ricostruire ciò che è stato distrutto in precedenza 7.

         Di sfuggita, in riferimento ai profeti, è importante sottolineare che la setta zadochita di Qumran - una setta di ispirazione messianica -, dalla quale ha avuto probabilmente origine il cristianesimo, si considerava un resto di Israele. Per esempio all’inizio del “Documento di Damasco” 8 leggiamo: “Ma nel suo ricordo del patto con gli antenati lasciò un resto ad Israele e non li abbandonò dalla distruzione” 9.

Se corriamo lungo i secoli, la storia ebraica, o meglio giudaica come viene generalmente denominata dopo il ritorno da Babilonia, viene segnata dalla Diaspora, sotto l’impero romano. E dopo la Diaspora da nuove persecuzioni, sempre scatenate dalla peculiarità degli ebrei, dal loro ostinato attaccamento alla legge.

Ripensiamo all’inquisizione, al fenomeno dell’apostasia marrana (in cui sopravvisse nascostamente la religione dei padri divenendo così, seppur in modo anomalo, un resto), all’espulsione dalla penisola iberica, giungendo alla storia più recente, all’olocausto e alla realizzazione del moderno stato di Israele, con la sua condizione di guerra permanente.

E potremo continuare ad osservare - nonostante le turpitudini - che l’elemento fondamentale che determina la tenacia del popolo ebraico e la sua caratterizzazione lungo quattro millenni di storia, è sempre lo stesso: il sentirsi detentori di un fato speciale, con un compito unico in seno all’umanità, sentirsi insomma degli eletti e quindi investiti del dovere sacro di impegnarsi a qualunque costo, nonostante le prove, sapendo sempre che ciò che resterà servirà a ricostruire meglio di prima.

 

 I resti di Israele e Martinez de Pasqually

 

          Il “Trattato sulla reintegrazione degli esseri” era l’istruzione riservata ai Réau-Croix, il grado più elevato, la classe segreta dell’ “Ordine dei Cavalieri Massoni Eletti Coen dell’Universo” e conteneva tutta la dottrina professata da Martinez, la base teorica del suo sistema.

         Numerosi autori hanno ipotizzato che de Pasqually, della cui origine si sa poco, fosse di razza ebraica ed in particolare di discendenza marrana. Sono arrivati a queste conclusioni analizzando alcuni degli episodi conosciuti della sua vita, parti della corrispondenza degli affiliati all’ordine e leggendo tra le righe del “Trattato” 10.

         È pensabile che possa aggiungersi alle altre voci che depongono a favore di questa ipotesi anche l’oggetto di questo articolo, la nozione di “resto”; che essendo, come abbiamo appena visto, una costante nel pensiero ebraico, è, allo stesso modo, una presenza sottile ma determinante nell’opera di Martinez.

         Non mettiamo in dubbio che Israele sia un simbolo universale e che, come tale, venga impiegato in tutta la tradizione esoterica giudaico-cristiana. Ma è pur vero che Martinez lo utilizza in modo da lasciar supporre una sua naturale familiarità con questa concezione. Familiarità dovuta, forse, all’ambiente culturale in cui è vissuto ed in cui ha maturato il suo pensiero.

         Fermo restando che, come vedremo, a lui il simbolo del popolo ebraico serve, in particolare, a dissimulare il suo ordine.

         Il resto fa la sua prima entrata nel Trattato, all’epoca di Enoc. Questi, aveva effettuato una prima elezione di dieci giusti tra gli uomini della posterità di Adamo in Set, istituendo per loro un culto ed un cerimoniale, preannunciando, così, tra quegli uomini passati i veri eletti del Creatore. Uno di loro si pervertì, ed Enoc, unitosi ai restanti nove, fece una nuova elezione “... per la sostituzione del prevaricatore, aggiungendo, però, che colui che si preparava a scegliere a tal fine sarebbe entrato in virtù e in potenza divina solo dopo che essi stessi avessero espiato i propri peccati durante la loro vita temporale e dopo che la divina giustizia avesse castigato i colpevoli” (Tr. p. 124). In seguito a ciò, questi nove giusti ebbero una visione “... di tutte le sciagure di cui doveva servirsi il Creatore per colpire la terra ed il resto dei suoi abitanti ...” (Tr. p. 124), ebbero dunque una visione profetica sul diluvio universale.

         Abbiamo dunque, una premessa di elezione in Enoc, che verrà perfezionata in seguito e solamente dopo il diluvio, durante il quale viene colpita la terra ed il resto dei suoi abitanti, ma anche salvato un resto grazie a tutti coloro che sono rinchiusi con Noè sull’arca, uomini ed animali. É ciò che leggiamo sul Trattato: “Quando Noè uscì dall’arca, così parlò al resto delle creature che erano con lui ...” (Tr. p. 165) e più sotto: “La sua divina bontà vi ha scelti quali testimoni della manifestazione della sua gloria insuperabile messa in atto contro la terra ed il resto dei suoi abitanti” (Tr. p. 165).

         Dunque anche per Martinez, come per la tradizione ebraica, il concetto di resto ha inizio con il diluvio universale. In sostanza, perché si possano affrontare le prove che l’elezione comporta ed un resto - un gruppo di scampati - possa sopravvivere al fine di portare a termine il cammino, occorre che il disordine del passato venga riconosciuto ed annientato dalla forza delle acque, ed un nuovo ordine nasca per mezzo di Noè, il coltivatore; che una volta uscito dall’arca istituisce un nuovo culto 11 e “Con la sua invocazione implorava la misericordia del Creatore, affinché riconciliasse la terra con il resto dei suoi abitanti che avevano trovato grazia dinanzi a lui” (Tr. p. 168). Una parte si perde ed un’altra purificata e migliorata si salva.

         In seguito, il Trattato, ritorna ancora all’idea di resto al tempo di Mosè bambino, che come Noè viene salvato dalle acque. Martinez ci dice che la figlia del Faraone, con le attenzioni e le cure che gli prestava dopo averlo salvato: “... preannunciava l’alleanza che gli idolatri avrebbero fatto in futuro con la legge divina, la qual cosa fu realizzata dal resto degli Egizi i quali, dopo la sconfitta del Faraone e del suo esercito, accettarono le leggi di Mosè” (Tr. p. 220). Ci dice, cioè, che i resti di quella parte di umanità che vive in Egitto, che significa “luogo di privazione divina o terra maledetta” (Tr. p. 217), una volta superato l’annientamento nel Mar Rosso, sarà costretta suo malgrado a scegliere l’alleanza con la legge divina, a riconoscere la vera legge dell'universo.

         Quando si considera Israele, anche la tendenza al male ha un suo compito da svolgere affinché sia possibile giungere alla reintegrazione. Ricordiamoci che Adamo è caduto proprio per il suo desiderio di conoscere il  bene e il male, ma tra gli uomini prima del diluvio tutto era confuso, non era possibile affrontare l’aspetto infero della creazione, senza essere da questo soggiogati. Nel popolo degli Eletti invece, si opera un continuo sforzo di presa di coscienza. L’identità dei prescelti si rafforza talmente, resto dopo resto, che è in grado di affrontare il Male, di misurarsi con esso, di ordinare il caos, trasformandolo in un solido sostegno lungo il cammino della reintegrazione.

         Ritroviamo un altro accenno al resto dove Martinez dice che Mosè: “... galleggiava sulle acque, senza poter usare i propri sensi corporei e sotto la sola salvaguardia del Creatore ...”(Tr. p. 237), e più avanti: “... Così galleggiava Noè con il resto del popolo riconciliato ...”, sottolineando che: “ Similmente ondeggiava lo spirito divino prima di separare la luce dalle tenebre e prima che ogni cosa caotica ottenesse il proprio posto naturale stabilito dalla legge”, il che si ricollega al discorso appena fatto.

         Dunque ciò che è preannunciato da Enoc, passando da Noè a Israele, seguirà un cammino di perfezione guidato da Mosè. Possiamo trovare un esempio di questa lotta di perfezionamento nell'episodio, inventato da Martinez, del contrasto con i maghi d’Egitto ed i saggi di Ismaele e nell’immagine dei serpenti che si confrontano.

Appare chiaro ciò che il Trattato ci vuole insegnare con il concetto che stiamo prendendo in considerazione. Che solo in una condizione superiore a quella ordinaria (l’elezione), l’uomo o una società di uomini, rigenerati nel simbolo (Israele/gli Eletti Coen), possono per mezzo di un avanzamento che offre loro un’accrescimento della consapevolezza (gli episodi dell’A.T./i gradi dell’ordine) e soprattutto grazie all’ausilio di una tecnica operativa che mette in comunicazione con gli stati superiori dell’Essere (la teurgia), ritornare - sempre dopo aver salvato un resto e, come la Fenice, da questo rinascendo - alla condizione primitiva di Adamo/Rèau (la reintegrazione), l'eterno presente.

Si potrebbe concludere questa esposizione sull’idea di resto, nello stile del Midrash dicendo:

“Parabola di un re, che vuole costruirsi un palazzo. Tra tutti gli architetti del suo regno sceglierà solo il migliore, ricusando tutti gli altri, tra tutti i costruttori solo i maestri dell’arte e tra tutti i materiali solamente quelli di qualità superiore. Solo così, il suo palazzo, potrà realizzare il suo desiderio e divenire una degna dimora per la sua persona”.

 Note

 1 “Trattato sulla reintegrazione degli esseri”, IANUA - Ed. riservata, Genova 2000.

2 “La Cabala”, Ed. Mediterranee, Roma 1982, pag. 246.

3 Louis Monloubou, “Breve dizionario biblico”, Editrice Queriniana, Brescia 1992, p. 232.

4 Tutte le citazioni dall’Antico Testamento sono tratte da: Bibbia ebraica, Ed. Giuntina, Firenze 1995.

5 “... e non venire a giudizio con il Tuo schiavo perché nessun vivente può risultare innocente di fronte a Te. ...”. (Bibbia ebraica, Agiografi, Salmo 143, 2).

6 Midrash Rabba, Tome I, Genèse Rabba, Éditions Verdier, Dijon-Quetigny 1987, Cap. XXIX, 5.

7 Riguardo a Zorobabele ed al simbolo da questi rappresentato in considerazione al resto, ecco cosa recita una delle formule dei rituali degli Eletti Coen: “O Eterno, che il profumo che Ti offro in testimonianza della purezza della mia anima abbia lo stesso suc­cesso di quello che ti offrì Zorobabele a Babilonia per la liberazione dei resti di Israele. Liberami dalla servitù delle tenebre che mi circondano e mi tengono in privazione della Tua Volontà e della Tua Scien­za. Esaudisci la mia preghiera sino a quando la mia pa­rola e la mia volontà saranno conformi alle Tue. Amen”. (Manoscritto di Algeri, F. M. 1282 della B. N. F. di Parigi, pp. 100/101).

8 Dove Damasco sta per Qumran, riprendendo Isaia, Geremia ed Ezechiele che parlavano di Damasco, come del luogo della prova. E nello specifico, in Isaia, nelle parte concernente le profezie sul Messia.

9 “Manoscritti di Qumran”, U.T.E.T., Torino 1986, “Documento di Damasco”, p.227

10 Rinviamo, il lettore interessato all’approfondimento sulle origini di Martinez de Pasqually, all’introduzione del “Trattato sulla reintegrazione degli esseri”, IANUA - Ed. Riservata, Genova 2000.

11 Culto e coltura, hanno origini comuni nel latino còlere, coltivare, attendere con cura, ossequiare, venerare, prestare attenzione.

 

Tratto dalla pagina web di IANUA

cooperazione di lavoro il cui fine è lo studio e la ricerca, su Martinez de Pasqually, gli Eletti Coen e gli argomenti a questo attinenti, come la Tradizione Ebraica, la Massoneria, la Gnosi e la Teurgia

http://www.esoteria.org/web_utenti/ianua.htm

 

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