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Le Scuole Iniziatiche dell'Antica  Saggezza

MARTINISMO

                                
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IL PENSIERO PURO

di

GIOVANNI ANIEL S.I.I. (FABRIZIO MARIANI)

GRAN MAESTRO PASSATO DELL'ORDINE MARTINISTA UNIVERSALE

 

Il Pensiero Puro, in sé e per sé, non corrisponde in nulla a ciò che siamo soliti definire come pensiero: è un'altra cosa, che prescinde dai parametri che ci sono noti e che in questa definizione (altre non ce ne sono) rientra soltanto marginalmente e solo in quanto viene concepito con lo stesso strumento con il quale concepiamo i pensieri correnti, cioè la mente. Nell'approccio al Pensiero Puro, però, la mente, che ordinariamente può anche sussistere per se stessa, ha bisogno di un supporto non transeunte e, quindi, deve agganciarsi al più inalterabile degli elementi del composto umano, cioè lo Spirito: grazie a questo aggancio la mente si predispone ad un'attività prima ignota, mentre, contestualmente, lo Spirito apprende a riconoscere se stesso (che è poi, sia detto per inciso, il compito precipuo di ogni incarnazione). Lo Spirito pensa se stesso: la meditazione sul Pensiero Puro è tutta qui.

Ma poiché questa affermazione, se non è basata su un dato di esperienza, non significa nulla, occorre avviare la mente all'esercizio dell'Immacolata Concezione con una serie di indicazioni che svolgono, lungo il percorso delle successive approssimazioni al Reale, la funzione dei segnali stradali: quando imbocchiamo una via per dirigerci verso una meta sconosciuta noi sappiamo, senza dubitarne, che la meta esiste in qualche punto dello spazio e sappiamo altresì, senza dubitarne, che i segnali ci consentono di raggiungerla agevolmente (o di perderla, se qualcuno, per un perverso motivo, si diverte a cambiare le indicazioni o a sostituirle con altre inesatte). In questo approccio avviene esattamente la stessa cosa e soltanto l'intuizione, non suffragata da alcuna esperienza, ci può indicare se i segnali nei quali ci imbattiamo sono autentici e credibili. Quali sono questi segnali? La risposta non può essere che una: si tratta di quegli archetipi dell'inconscio collettivo che ogni incarnato sa riconoscere immediatamente e senza fallo, attingendo a quel deposito comune che trascende le vite individue e le coordina in un insieme senza fine che unisce, al di là del velo di Maya, i cosiddetti vivi e i cosiddetti morti.

Tuttavia, prima di tentare una meditazione sugli archetipi, non sarà male fermare l'attenzione su alcuni punti fissi di riferimento. Per fare questo ci tornerà utile la filosofia greca e, in particolare, Platone e il suo maestro Socrate.

 

Da Atti del Congresso Martinista - 1993 - Edizione riservata

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