Le Scuole Iniziatiche dell'Antica Saggezza MARTINISMO
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PRIMI ELEMENTI DI LINGUA EBRAICA da appunti di GASTONE VENTURA - ALDEBARAN S.I.I.
Redazione di "Kether" Rassegna siciliana di studi Martinisti dell'OMAT- 1997
PRIMI ELEMENTI DI LINGUA EBRAICA
In via tradizionale la lingua ebraica si deve considerare una "lingua sacra" e da tale affermazione noi partiamo. Non si dovrà quindi meravigliare il lettore se troverà in queste brevissime note affermazioni e considerazioni che, a prima vista, potranno sembrare immaginarie o fantasiose. Sta di fatto che la lingua ebraica, così come è rappresentata graficamente, deriva quasi esclusivamente e direttamente dai geroglifici egiziani. Tuttavia, dobbiamo subito precisare che oggi si è perduto quanto servì di base a Mosé per scolpire le TAVOLE delle LEGGE: i segni che riprodurremo, e che sono quelli che ai giorni nostri (sia pur con molte variazioni) compongono l'alfabeto ebraico, datano soltanto dal quinto secolo a. C. E generale opinione che essi siano una riproduzione assai vicina dei primitivi geroglifici usati da Mosé, e che Egli ricavò dai caratteri egiziani e da quelli cuneiformi. L'alfabeto ebraico si compone di 22 segni che si possono considerare 22 "chiavi" di un sistema criptografico basantesi sulla trasposizione di idee in caratteri, di caratteri in suoni e in numeri. Ne consegue che ognuno dei 22 segni rappresenta: 1) UN'IDEA CON PIU' DERIVAZIONI, OVVERO UN GEROGLIFICO CON PIU' PIANI CORRISPONDENTI; 2) UN SUONO; 3) UN NUMERO.
Esempio: Se noi indichiamo un'idea o un oggetto con un segno e ne facciamo corrispondere un suono ed un numero, per la legge delle equivalenze il numero corrisponderà all'idea e al suono; il suono al numero e all'idea. Ogni segno (o chiave) dell'alfabeto ebraico possiede quindi tre proprietà reversibili che si possono usare separatamente o, in determinati casi, che spesso si verificano, con funzioni composte. Tali proprietà sono state abbandonate nella lingua parlata: ogni parola ebraica ha oggi un significato comune: i segni che graficamente la rappresentano si possono ormai considerare delle lettere, ovvero segni fonetici rappresentanti soltanto un suono vocale.
ALFABETO EBRAICO
1 Aleph = A, a Come vocale madre corrisponde ad A: come consonante è una dolce aspirazione.
2 Beth = B, b, bh Come il B italiano.
3 Ghimel = G, g, gh Come G italiano davanti ad O, U, a, (suono cioè gutturale).
4 Daleth = D, d, dh Come D italiano.
5 Hè = H, hè, h Come vocale madre corrisponde ad E, come consonante H aspirato.
6 Vau = O, o,W,U,u,y Come vocale madre è O, U, U; come consonante è V, W, ed F (suono consonantico mediolabiale sordo o sonoro).
7 Zain = Z, z Lo Zeta (dentale , sibilante).
8 Hé, Chet = H, h, hi, ch Come vocale madre corrisponde ad hé; come consonante si deve aspirare di petto, quasi un ch (aspirazione gutturale).
9 Teth = T,t Come T italiano.
1-10 Jod = I, i, J, j Come vocale madre è I nei vari suoni; come consonante corrispondente allo iota francese (valore semivocalico tipico del suono I seguito da vocale).
1.2-20 Caph = C, c, hb 2 Come il ch tedesco, il j spagnolo, lo x greco (suono gutturale sordo aspirato).
2-3-30 Lamed = L, I Come in italiano.
3-4-40 Mem = M, m Come in italiano.
14-5-50 Nun = N, n Come in italiano.
15-6-60 Samech = S, s Come in italiano.
16-7-70 Haìn = H, ho, gb gho Come vocale madre e la Ho gutturale (suono pronunciato di gola e non in posizione labiale); come consonante è una aspirazione gutturale palatale (aspirazione di gola strascicata lungo il palato e con parziale localizzazione nasale) gch
17-8-80 Phe = F, f Come Effe doppia.
18-9-90 Tsade = Tz, tz Suono interdentale circa come il Th inglese.
19-1-100 Koph = K,k, Q, q Suono Q (velare, labiovelare).
20-2-200 Resh = R, r La R come in italiano
21-3-300 Shin = Sh, sh . Il ch dei francesi e lo sh inglese.
22-4-400 Thau = Th Il T aspirato.
Ogni segno ha poi, come già detto, alcuni significati simbolici derivati da un'idea fondamentale. Ad esempio la Beth parte dall'idea della Casa, intesa come rifugio (sia in senso materiale che spirituale). Dal punto di vista fonetico quello che essenzialmente può interessare chi si avvicina per la prima volta alla lingua ebraica, i 22 segni testé riportati corrispondono ad altrettante lettere alfabetiche derivate dalla scrittura fenicia. Le 22 lettere si dividono in: 1) Tre lettere madre; 2) Sette lettere doppie; 3) dodici lettere semplici. Tutte queste lettere sono state generate da una di esse: la Jod = I, i. Prima sono state generate tre lettere madri: Aleph = A, a Mem = M,m Shin = Sh.
Poi le sette doppie che esprimono due suoni, uno forte, l'altro dolce e cioè: Beth; Ghimel; Daleth; Caph; Phè; Resh; Thau.
Per ultime sono state generate le altre dodici lettere, che sono quelle semplici.
I NUMERI La caratteristica principale dell'alfabeto ebraico, per cui si può parlare sicuramente di geroglifici, è il numero o valore numerico attribuito ad ogni lettera. Come già abbiamo detto, questa caratteristica permette di cifrare tutte le combinazioni delle 22 lettere giungendo a risultati che dimostrano che la lingua ebraica, meglio di ogni altra, è una lingua artificiale probabilmente cosi costituita con scopi determinati, che oggi possono sembrare fantasiosi ma che giustificano la tradizione segreta orale che ha permesso ai figli di Israele di tramandare pressoché inalterate nel corso dei millenni di schiavitù, le loro credenze, i loro costumi, la loro religione, senza subire influenze determinanti da parte delle popolazioni fra cui gli ebrei vissero, spesso appartati, spesso mescolati od addirittura occultati, assorbendo esteriormente usi e costumi, che poi abbandonavano nel chiuso delle loro case (Beth) al riparo da ogni indiscrezione. In ogni parola ebraica, che al profano sembra avere un significato comune, indicante un oggetto, un modo, una situazione etc., si può invece nascondere un significato diverso, comprensibile soltanto a coloro che ne possiedono la chiave. Si può dire che al tempo delle persecuzioni di Babilonia, e durante la dominazione romana, la maggior parte degli ebrei, certamente quelli colti, conosceva tale chiave e la usava per intendersi senza che i dominatori, pur padroni della lingua esteriore ebraica, fossero in grado di comprendere il vero significato orale e scritto delle loro conversazioni, dei loro canti e delle loro corrispondenze. Tornando alla parte pratica, si può affermare che le prime dieci lettere dell'alfabeto ebraico corrispondano rispettivamente alle cifre dall'uno al dieci; le successive nove corrispondono al 20, 30, 40, 50, 60, 70, 80, 90, 100; le ultime tre, nell'ordine, a 200, 300, 400. In tarda epoca, per facilitarne la lettura e per comparare l'alfabeto ebraico a quelli occidentali, furono aggiunte altre cinque lettere: la Caph finale, (valore numerico 500); la Mem finale (600); la Nun finale (700), la Phè finale (800) e la Tzade finale (900). Esse peraltro non ci interessano in questo superficiale studio. Le indichiamo senza tracciarne i segni grafici, a solo titolo di precisione. Il modo che ha permesso di ottenere i numeri è molto semplice: i primi dieci corrispondono alla sequenza stessa delle lettere o segni dell'alfabeto. Gli altri seguono lo stesso sistema di identificazione numerica infatti, un'occhiata anche sommaria al posto occupato dalle lettere e al loro corrispondente valore numerico rivela subito che dal primo al nono posto corrispondono valori numerici da 1 a 9; dal decimo al 18° posto valori dal 10 al 90; . dal 19° al 22° posto quattro valori rispettivamente 100, 200, 300, 400. Se togliamo gli zeri notiamo che si tratta sempre della serie di cifre 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, che si ripete, salvo gli ultimi quattro valori che si interrompono a 4 ma che raggiungono il 9 se si calcolano le cinque lettere finali alle quali abbiamo accennato. Così si potrebbe continuare all'infinito aggiungendo un nuovo zero ad ognuna delle cifre da 1 a 9 se esistessero nuove lettere alfabetiche. Si nota, poi, che ad ogni valore numerico del segno corrisponde la somma delle cifre che compongono i numeri di posizione dei segni.
I SIMBOLI
Ogni lettera dell'alfabeto ebraico è un simbolo che nasconde un significato fondamentale, ed altri derivati. Come è noto gli alfabeti geroglifici e quelli ideografici, ai quali l'alfabeto ebraico appartiene, furono composti sulla base di rappresentazioni grafiche sintetizzanti un'idea fondamentale. La riunione di più segni portava a formare un insieme di idee che esprimevano un concetto. L'attuale conformazione delle lettere ebraiche non risponde più alla loro forma iniziale, e già esse, derivando da altre rappresentazioni grafiche, non rispondevano più ai concetti che le avevano ispirate. Tuttavia, trattandosi di un numero limitato di segni (22) non era difficile (e non lo è) imprimersi nella memoria il loro significato simbolico. In proposito rimandiamo il lettore in appendice del presente studio dove abbiamo riportato una sintesi dei significati simbolici delle 22 lettere ebraiche, dovuta allo studio F.M. Levistre della accademia d'Hipone. Ci sembra per altro opportuno dare un esempio: la lettera Beth ha per significato fondamentale l'idea della Casa. Unita alla lettera Resch, che ha per idea fondamentale il vedere (sia in forma materiale che in forma interiore: vedere fisicamente o intendere col pensiero), esprime il concetto: La casa della vista, che può essere inteso come il cervello umano. Ma il cervello umano porta a infinite altre considerazioni che risultano evidenti dal contesto della frase che molte lettere poste a gruppi lasciano chiaramente intendere a chi abbia familiarità con la lettura di segni ideografici.
LE RADICI Un'importanza rilevantissima hanno le radici o radicali nella lingua ebraica, come in tutte le lingue che partono da fondamenta simboliche e che tale caratteristica hanno conservato nel tempo. Non bisogna dimenticare che la lingua ebraica parte dalla Bibbia o meglio dalle Tavole della Legge. Ricordiamoci quindi che Iddio Padre pronunciò la parola Luce e la luce sorse dove prima erano solo Tenebre. La forza della Parola creò quindi le cose col loro nome e da esse derivarono tutti gli altri suoni che permisero all'uomo di comunicare con i suoi simili. Si verifica quindi in ebraico (come del resto nelle altre lingue arcaiche) che si può controllare il reale significato di una parola o di un termine, attraverso la sua radice, scoprendo così quanto di occulto o intellegibile si nasconde sotto un'apparenza vaga o altrimenti senza palese interesse o collegamento con il senso compiuto della frase o dell'argomento che si sta leggendo. Nelle lingue semitiche, il semantema è generalmente rappresentato da tre consonanti che formano come lo scheletro della parola: le vocali, al pari dei prefissi e suffissi, possono talvolta essere dei morfemi, oppure completare il semantema con una determinazione di significato. E questo il cosiddetto trilitterismo. Ciò spiega perché gli alfabeti semitici (ebraico, siriaco, arabo) scrivono generalmente solo le consonanti, mentre la scrittura delle vocali, che si fa per mezzo di punti e lineette messi sopra o sotto le lettere, è facoltativa. Se prendiamo, per esempio, la radice semitica M-L-K possiamo dire che in queste tre consonanti sta il semantema, il senso fondamentale, che è "regnare"; ora, mutando le vocali, aggiungendo suffissi e prefissi, avremo varie determinazioni e specializzazioni semantiche, per esempio: malak "egli regnò", melek "re", malkuth "regno", mamlakah "impero" ecc.
LA PRONUNCIA Le 22 lettere ebraiche sono collocate nella pronuncia in cinque "luoghi" (punti di localizzazione dell'interruzione del flusso dell'aria nella cassa armonica costituita dalla bocca): nella gola, nel palato, nella lingua, fra i denti, sulle labbra e rappresentano tutti i suoni gutturali, palatali, linguali, dentali e labiali che un essere umano può emettere. Ne consegue che sette sono i tipi di pronuncia: LABIALE, DENTALE, LINGUALE, NASALE, GUTTURALE, SIBILANTE, ASPIRATO. lettere TOCCO LABIALE: Beth, Phe', Vau. TOCCO DENTALE: Daleth, Teth. TOCCO LINGUALE: Lameth, Resch. TOCCO NASALE: Mem, Nun. TOCCO GUTTURALE: Ghimel,Caph,Coph, Ain. TOCCO SIBILANTE: Zain, Samech, Tsade. TOCCO ASPIRATO: Jod, Shin, Thau.
Un tocco particolare fra gutturale e aspirato è quello delle lettere Aleph, Hè, Hé, che tendono tutte a spegnersi nel ch tedesco. Sei di queste lettere, Aleph, Hè, Hé, Jod, Vau, Ain, agiscono anche come vocali. Come abbiamo già accennato si indicano come "vocali madri" perché non hanno mai un suono preciso anche se sono rispettivamente indicate come corrispondenti a: A,a; E,e; Hé; I,i,J,i; O,o, u, u; ho; ma generano i vari suoni che ogni vocale produce (aperto, chiuso, accentato, misto, ecc.). Loro caratteristica è sostituirsi reciprocamente assumendo il valore l'una dell'altra a seconda delle consonanti che le precedono o le seguono. Tale caratteristica è stata codificata attraverso la tarda istituzione degli accenti o punti-vocali indicanti i vari suoni delle vocali madri che tendono a deviare dal loro suono fondamentale, e fissano contemporaneamente quello delle vocali vaghe che seguono o precedono ogni consonante senza essere indicate. Tale metodo si dice Masorah.
LA MASORAH L'antica scrittura ebraica non indica se non raramente e incompiutamente le vocali. Si può affermare, senza tema di smentita alcuna, che l'esatto vocalismo dell'ebraico antico - quello reale - è completamente sconosciuto. Il testo biblico (che è l'unico documento veramente ebraico che sia giunto fino a noi, seppure con i 22 segni parzialmente modificati) è composto di sole consonanti e qualche volta delle vocali madri (che a loro volta sono usate come consonanti). La notazione vocalica, quella delle consonanti doppie e delle loro variazioni di pronuncia fu introdotta nel testo biblico soltanto verso la fine del VII secolo dopo Cristo, attraverso i punti-vocali, similmente a quanto si verificava tra i Caldei. Tuttavia il vocalismo masoretico adottato per rendere facilmente leggibile l'antico ebraico, presenta notevoli differenze da quello semitico primitivo al quale, con ogni probabilità, la lingua ebraica si appoggiava. Per dare un esempio del funzionamento dei punti-vocali riporteremo alcuni esempi sull'uso degli accenti (o punti-vocali) che la scuola masoretica applicò al testo originale biblico allo scopo di tramandare la retta pronuncia del testo stesso nella pubblica lettura sinagogale. Lettura che era eseguita in forma di tenue cantilena. Ma anche la Masorah (in neo ebraico = tradizione) non ha potuto risolvere tutte le questioni interpretative del testo scritto (KETIBH) pur creando un testo da leggere (qvere) che oggi si ritiene pressoché esatto. Esemplifichiamo ora con la lettera Beth che può assumere Otto valori sillabici a seconda del tipo di accento (o punto-vocale) usato. Bà, Be, bi, bo (vocali lunghe) e Ba, Be, Bu, Bo (vocali brevi). Gli accenti usati si chiamano rispettivamente: KAMETZ TZERE', CHJREK, CHOLEM, PA TA CH, SEGOL, KJBBUTZ e KAMETZ-CHA TOPH. I primi quattro si pongono nella parte superiore della lettera; gli altri quattro in quella inferiore, e sono posti al centro, a destra o a sinistra in alto o in basso e possono essere semplici o composti (un solo punto o più punti). Ovviamente quanto detto per la Beth è valido per tutte le altre lettere dell'alfabeto ebraico tanto consonanti che vocali. Altri punti-vocali sono: Sheva (due punti posti uno sotto l'altro al di sotto di un carattere) indica che non è seguita da alcuna vocale se si tratta di consonante, e che non si deve pronunciare (resta muta) se si tratta di una vocale; Daghesh (un punto che è posto al centro della lettera - es: ) se si tratta di consonante, Mappik se si tratta di vocale, indicano che la lettera deve essere pronunciata con maggior forza. Ovviamente la nostra esemplificazione è quanto mai incompleta e generica. L'unico modo per poter prendere confidenza con la Masorah è la lettura del testo ebraico, anche senza capirne il significato ma solo per acquistarne pratica, ciò che non è molto difficile e punto noioso. La traduzione potrà poi essere facilitata dall'uso di un buon vocabolario e, quando lo stesso vocabolario non sappia dare sufficienti lumi, con l'aiuto delle interpretazioni simboliche, numeriche e l'attento uso dei radicali. Sempre in merito ai punti-vocali ci sembra se non importantissimo, certo utile e meritevole di attenzione (anche per la sua originalità) quanto dice il dott. Gerard Encausse (PAPUS) in un suo studio sulla materia: "Il loro ruolo capitale (dei punti vocali) quello che è il più importante, è del tutto ignorato. Supponiamo che tutte le frasi ebraiche siano state redatte con il minimo indispensabile di segni, e chiamiamole frasi ridotte. Nei segni che costituiscono una frase ridotta, gli accenti vogliono indicare tutta una serie di relazioni occulte; ne uscirà fuori una frase nuova che sarà la frase svelata" nella quale ciascun segno è ripetuto tante volte quanto è necessario per costituire un commento completo e senza errori possibili su quello che è stato scritto". Secondo il dott. Encausse ogni interpretazione sarebbe inutile in quanto il testo stesso affermerebbe e difenderebbe il suo proprio senso grazie al gioco di accenti che stabilirebbero il numero dei segni di cui la frase è composta e dalla quale si ricaverebbe la frase svelata. Un'altra osservazione del dott. Encausse, ricavata da un trattato di M. Heibling, “Le Mystère antique dècouvert,” dice che: “i punti vocali hanno finito per costituire un'autentica notazione musicale; visto che essi sono (oltre che un'indicazione vocalica) egualmente una indicazione di intonazione, ed ognuno sa la differenza che esiste tra una frase detta con giusto tono e la frase fredda risultante dalla scrittura. Le parole, dell'oratore, sono sempre un pò cantate (declamate) ciò che gli permette di mettere in rilievo le parti più interessanti del suo discorso e di mantenere in un felice equilibrio i valori che ne discendono”. Riassumendo brevemente quanto abbiamo esposto sui punti-vocali possa dire che non esistendo in ebraico i sistemi in uso nelle lingue moderne per indicare le variazioni dei Suoni di A, I, U, O, E, e cioè dittonghi, iati, accenti di vario tipo, o presentazioni grafiche di due o tre vocali unite insieme, essi sostituiscono tali sistemi con un artificio che determina il suono e serve a facilitare la lettura o la declamazione. In realtà, si può leggere l'ebraico anche senza i punti vocali, ma le difficoltà sono evidenti, trattandosi di accompagnare ad ogni consonante (ed in pratica tutti i 22 segni sono sostanzialmente delle consonanti) la vocale appropriata per poter fedelmente riprodurre la parola fissata dalla scrittura. Come abbiamo già detto, in origine si trattava di segni ideografici che avevano anche proprietà fonetiche: in proposito si pensa che essi siano i famosi caratteri "di prima del passaggio del fiume" con i quali Mosè avrebbe scritto il suo "Sepher ". In merito a tale problema e a quello dei radicali riportiamo qui di seguito una traduzione dello studio di F.N. Levistre, "Origine delle lettere dell'alfabeto ebraico":
VALORE ASTROLOGICO -SIMBOLICO DELL'ALFABETO EBRAICO Aleph volontà-Sole Beth Scienza-Luna Ghimel azione-Terra Daleth realizzazione-Giove Hè ispirazione-Mercurio Vau prova-La Vergine Zain vittoria-il Sagittario Cheth (Hé) equilibrio-La Bilancia Teth prudenza-Nettuno Iod fortuna-il Capricorno Caph forza-il Leone Lamed morte-Urano Mem trasformazione umana-Saturno Nun iniziativa-L'Acquario Samech fatalità-Marte Ayn rovina-L'Ariete Phe speranza-Venere Tzade delusione-il Cancro Koph felicità-I Gemelli Resch rinnovamento-i Pesci Schin espiazione-il Toro Thau ricompensa-Lo Scorpione
ORIGINE DELLE LETTERE DELL'ALFABETO EBRAICO
Aleph (Disciplina, educazione). E' composto dalle due radici primitive Al (alto, elevato) e APA (portare) la cui riunione ALAPA, ALPHA. Significa: portare in alto, elevare, istruire, addomesticare (è anche la lettera del Principio spirituale n.d.t.).
Beth (Casa, tempio, tabernacolo). Questa parola che vuol dire casa, tempio, tabernacolo, deriva dalla particella BI o BE (con, in, vicino a) per cui l'esatta interpretazione è quella di luogo interiore, posto nell'interno. (E anche l'organo sessuale femminile n.d.t.).
Ghimel (Sostenere, puntellare). Viene dall'arabo Djemel (cammello). La radice CUM, KAM, KIM o GHIM indica qualcosa di curvo, d'arcato o anche un appoggio, un sostegno. una cariatide, un sesto. Dalla radice la parola Ghimel ha ricevuto il significato di sostegno alla maniera di un sesto o di una volta, e l'animale detto cammello ha ricevuto tal nome a motivo della configurazione arcuata del suo dorso che ne fa la bestia da soma per eccellenza (sostiene). (Può indicare anche uno spiazzo arcuato a forma di anfiteatro n.d.t.).
Daleth (Porta, ingresso, Entrata). La radice DAL o TAL implica l'idea del tagliare, incidere, scalpellare, e di rendere tenue, debole (indebolire).
Hè (Suo, di lui). Questa lettera che in ebraico é il pronome possessivo affisso SUO, corrisponde all'arabo. In ebraico è anche il pronome dimostrativo Questo, Questa. Corrisponde, in greco, se corta all'Epsilon, se lunga all'Eta. La figura dell'Epsilon si rapporta al fenico (E), quella dell'Eta all'ebraico (H). La figura di questa lettera vuol rappresentare due mani sovrapposte, oppure una sola mano col pollici allargato e le altre dita unite e distese. Detta figura, che è quella del L runico e dell'E giapponese, è anche quella del numero 5: cinque significa mano, o viceversa. (In Guarany, cinque è detto PANDEPO, che significa tutta la tua mano; e dieci, PAVANDEPO, "tutte le tue mani"). La mano è stata scelta come emblema dell'aggettivo dimostrativo QUESTO perché gli oggetti si mostrano con la mano.
Vau (Dove, anche, piuttosto, soprattutto, proprio). È lo OUAOU degli Arabi (pronuncia UAU), e nelle due lingue U è la particella congiuntiva e. La figura di questa lettera è quella dell'Uovo (latino: OVUM, bretone: VIOU). L'uovo è la figura e il simbolo del mondo che è anche rappresentato dal serpente che si morde la coda (OPH IS). (L'uovo è anche il simbolo della vita n.d.t.). Il VAU corrisponde, come vocale, all'o (l'uovo) e come consonante a U, V, W, la cui figura corsiva è un serpente. Il motto primitivo UAU (uovo) fu scelto quale particella congiuntiva (e) perché la sua figura ellittica o circolare abbraccia tutte le cose nella sua circonferenza. Nelle lingue celtiche la parola inglese Egg (di provenienza celtica) indica quasi senza alterazione la congiunzione e: OCUS (irlandese): Hag (bretone) ecc.
Zain (Genere, razza, specie). In caldaico e siriaco significava arma, freccia, spada. (Gli Ebrei ravvisarono la genesi della razza - gli "angeli caduti" in Enoch - attraverso la spada corrusca di Gabriel n. d.t.).
Cheth (Hé) (Chi vive, i viventi). Il verbo ebraico CHIA, significa vivere e viene da CHIAH (soffiare, respirare) da cui CHI (al plurale CHITH o CHETH), vivo vivente, come in egiziano. Vi è somiglianza con il Guarany HA e l'arabo HAI, per cui la Hè e la Hé (Cheth) spesso si confondono. La Hè, usata come vocale o come pronome si confonde nel suo valore simbolico e numerico con la Hé. Va sottolineato che la Hè è anche Il verbo essere. che coincide con la Hé (essere in ragione di vivere) vita. (Come è noto la vita viene dal SOFFIO creatore n.d.i)
Teth (scopa, pulire, far pulizia, purificare). Il verbo TUA significa pulire, scopare; TUTH, che ne consegue, vuol dire 'a digiuno", netto", puro.
Iod (Dito, mano). (Anche il phallus n.d.t.) Dal verbo IDAH (lanciare). Dall'arabo IED = mano. (A nostro avviso il verbo deriva dal sostantivo e non il sostantivo dal verbo n.d.t.) La radice è OT oppure AT (in egiziano TOT = mano). L'I iniziale è un pronome che indica (ciò, questo, quello). La mano è ciò che lancia, agisce, può (come nella lingua Kichua: ATI = vincere, potere, vittoria, Potenza). La figura dello Iod è un dito che mostra un punto. (È notorio che Iod - IOD o IAD - è anche il membro virile, indice di potenza, che lancia il seme fecondante: Iod è quindi il simbolo della creazione della vita fisica, e l'inizio di essa n.d.t.).
Caph (Cavità, il cavo della mano, caverna). Il palmo, dal verbo CAPHEPH, curvare, a conca. Nel libro di Giobbe. Elia parla in questi termini del segno misterioso che Dio ha impresso nel cavo della mano dell'uomo: "È Lui, Dio, che ha marcato con un segno la mano di tutti gli uomini affinché ogni uomo riconosca la sua opera" (Qui in manu omnium hominum signat, ut noverint singoli opera sua. Giobbe XXXVII,7).
Lamed (Insegnare). Ammaestrare, istruire, da cui THALMUD = insegnamento, tradizione; THALMIO = discepolo. La lettera e' rappresentata da un uomo in marcia, geroglifico del movimento in avanti: la guida che mostra la strada, simbolo dell'insegnamento, in seguito rappresentato essenzialmente ed emblematicamente con la gamba e il piede. In egiziano la lettera era raffigurata da un leone in riposo, simbolo del guardiano vigilante, equivalente alla Sfinge, Colei che sa tutto. La Sfinge è il simbolo della Scienza, la cui acquisizione richiede l'intuizione della donna, la vivacità dell'aquila, l'ardore del leone; e, come la Sfinge della favola, la Scienza, che uccide chi non riesce a penetrare i suoi segreti (Cfr. l'Albero della Vita, il simbolismo vegetale esprimente la forza universale concepita sotto specie femminile n.d.t.). Nella scrittura ebraica la lettera Lamed è figurata dal serpente in marcia, diritto sulla coda, la testa alzata. Secondo tarde interpretazioni questo geroglifico sarebbe il simbolo del progresso.
Mem (Da dove; latino "unde"). Sia in ebraico che in arabo Mem e la preposizione indicante l'origine (Il genitivo n.d.t.). Indica anche la separazione di, di dove, dove. In etiopico (Amarico) MIM = Acqua; in Kichua MAYA = fiume; in egiziano MAI = acqua; in arabo MOIA = acqua; in ebraico MAIM = acqua. Esiste dunque un rapporto fra l'idea dell'acqua (MA), del flutto, della corrente e quella di sorgente, origine, emanazione (spagnolo: manantial = sorgente acquea, origine, principio). La figura di questa lettera rappresenta due gocce di acqua e due onde che si inseguono. Nella scrittura libica è figurata da un vaso, un recipiente la cui apertura è volta nel senso della scrittura. In ebraico rappresenta il filo d'acqua uscente dalla sorgente. Arabo MIM, greco Mu.
Nun (Crescere. Propagare). Come sostantivo significa pesce (Vita nell'acqua n.d.t) certo in ragione della fecondità senza pari di questi animali e della rapidità con cui questa specie si moltiplica e propaga. NIN significa anche figli, posterità, discendenza.
Samech (Sostenitore, colui che aiuta). È anche verbo che significa sostenere, servire di base. Dal caldaico SAMECH e SAMEHA = base, supporto, sostegno, letto. soccorso.
Ain (Occhio). In ebraico, arabo, caldaico e siriaco = occhio e fontana, da cui occhio che lacrima, acqua sprizzante, acqua cadente (pioggia). La figura della lettera è un occhio visto di fronte o di profilo.
Phe (Apertura). Bocca dell'uomo, origine del soffio, dal verbo PHUAH = soffiare. Indica anche l'orifizio nasale, dato che il soffio vitale passa sia per le narici che per le bocca. La figura rappresenta una porta o una finestra, ed anche il naso o le due narici separate dal loro trammezzo.
Tzade (Faccia. lato, costa). Da TSAD - costa, TSEDA = faccia di una cosa, lato. Qualche cosa che sta a lato.
Koph (Vetta, cima, punta). KEPHA = rapprendere, congelare, coagulare, divenire compatto. KEPH = pietra, roccia. La figura di questa lettera rappresenta la testa figurata in un cerchio con l'attacco del collo. E' anche assai probabile che rappresenti la parte posteriore del corpo umano ornata della sua coda.
Resch (Capo). Ebraico, RASH = testa, capo, promontorio; RESCHIT, principio, inizio, Fenicio, RAST; caldaico, RISH, siriaco RUSH hanno lo stesso significato. Arabo, RAS = capo; ROUS = testa; RAIS = capitano; RAI = avviso, consiglio. La radice è RAH = vedere sia fisicamente che figuratamente. RESH è l'organo della vista esteriore e di quella interiore (il pensiero). Latino, RATIO = calcolo, rapporto, faccenda, considerazione, ragione, motivo, parere, scienza, che derivano da RETR - RATUS SUM (ho pensato, ho giudicato, ho visto) ed hanno per radici RA Egiziano RA = il Dio Sole (che vede e sa tutto, secondo Orazio); Kichua, RICU = vedere, guardare, giudicare; - Bretone, RAT = idea, pensiero. La lettera è rappresentata dalla testa umana sopra il collo, o munita di due gambe ad indicare che si tratta della testa umana.
Schin (Andare, muovere, fare, agire). La figura dello Schin, in greco Xi, rappresenta dei denti di sega o di tenaglia, e in relazione al significato del verbo SCHENEN, la punta di una spada, di una lancia, d'una freccia. (E' il simbolo del fuoco. Qualcuno ci vede anche il trilume - tre luci del triangolo divino - n.d.t.).
Thau (Segno). Dal verbo Thauah = segnare; AUTH = segno, marchio, bandiera, insegna, lettera. Il dio Thaut, fenicio, indicava l'inventore delle lettere e dei segni. THAU Si esplica attraverso il _verbo AUTS = stringere, premere visto che i marchi si ottengono pressando, imprimendo o percuotendo. Nella religione dei Galli, TEUTATES era il Dio della morte; lo si assimilava, anche a Mercurio perché i TEUT o TOT vuol dire percuotere, marcare. Si attribuiva a Mercurio, come a TEUT l'invenzione delle lettere e del danaro. Il verbo francese Tuer (Provenzale: Tudar) deriva certamente da un verbo gallico della forma Tuta. La figura di questa lettera rappresenta il "segno" per eccellenza, la croce diritta o modificata. Il nome greco è TAU, cioè il nome fenicio nella sua integrità. La figura, in greco e latino e quella della croce. La croce diritta raffigura il T nell'antico libico e nell'attuale scrittura Targui. Secondo S. Gerolamo, nell'antico ebraico aveva la figura di una croce.
Bibbliografia: Appunti sui primi elementi di lingua ebraica di Gastone Ventura La cabala operativa di R. Ambelain
Redazione di "Kether" Rassegna siciliana di studi Martinisti dell'OMAT - 1997
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