www.iltibetano.com

Le Scuole Iniziatiche dell'Antica  Saggezza

MARTINISMO

                                
Chi siamo Martinismo  Massoneria Teosofia  Scuola Arcana  Gnosi Rosacroce Messaggi Miscellanea

 

 

FONDAMENTI DEL MARTINISMO

di Simon Pietro

 

Intendo parlare del Martinismo e dei suoi principi basandomi su quelli che mi hanno spinto ad accettare in pieno questo Ordine. Principi che inconsciamente erano già in me perché universali, ma che il Martinismo mi ha aiutato - e mi aiuta - a mettere in pratica da tanti anni. L'Ordine Martinista, così come si è venuto strutturando nel tempo attraverso le opere dei suoi maestri, presenti e passati, mi ha dato libri da leggere, studiare e meditare: e sottolineo l'importanza del verbo meditare. E' infatti necessario, per chi intraprende con serietà questi nostri studi, meditare costantemente, altrimenti nulla si può approfondire e, tanto meno, applicare.

Leggere, studiare e meditare i nostri libri significa rendersi conto che i principi in essi contenuti sono quelli che sollecitano l'attenzione e il rispetto di ogni essere umano; non solo: attraverso essi è possibile intuire - e poi comprendere - quale preparazione occorre (e non solo sul piano culturale) per poter essere un buon martinista.

Uno studio dell'Occulto, come si consiglia per uno sviluppo armonico e integrale, richiede una preparazione approfondita nei campi alchemico, fisico, chimico, fisiologico e astrologico, non ché uno studio approfondito soprattutto dell'uomo, per quello che l'uomo è: studiare, insomma, dapprima psicologia, quindi psicosintesi e finalmente parapsicologia e psicanalisi. Personalmente mi sono resa conto dell'importanza dì questi studi proprio grazie al N.V.O.

Il N.V.O. possiede un fine, una metodologia e una didattica che tutti noi abbiamo accettato, anche se molti, purtroppo, se ne vanno per la tangente, disorientati dalla vastità della materia che gli si presenta sotto forma di caos. Non è colpa di nessuno: la colpa — se c'è e se così si può chiamare — è di ciascuno di noi, che non ha saputo o voluto meditare abbastanza. A questi fratelli non mi viene da dare altro consiglio se non quello di andarsi a rileggere i nostri libri ("Lege, lege, lege, relege..." con quel che segue), magari con spirito diverso perché essi, da un punto di vista specificatamente occulto, sono una vera e propria miniera.

Il fine ultimo del Martinismo mira ad unire i due piani, e, meglio a far scomparire il dualismo nell'individuo e quindi nella natura così come è vista dagli occhi dell'individuo più l'individuo è reintegrato, più lo è tutto ciò che lo circonda. Il Martinismo mira quindi ad unire i due piani — il sensibile e il soprasensibile, l'umano e il divino — a realizzare, insomma, nella pratica quello che il simbolo dell'Esagramma suggerisce.

Per poter realizzare ciò, le strade da intraprendere sono tante quanti sono gli individui, ma la via maestra che le raccoglie tutte è sempre una. Si tratta di non perdersi in queste stradine perché molte possono far tornare indietro e altre far girare in tondo senza mostrare sbocchi sulla via maestra. Il metodo che il N.V.O. indica consiste nel guardarsi sempre dentro, sistematicamente, non solo tutte le sere, ma anche prima di compiere qualsiasi azione, allo scopo di essere sempre presenti a se stessi.

Questo metodo porta a conoscersi e a capire le proprie carenze, porta a voler approfondire certi argomenti per poter avere idee chiare sull'iter che vogliamo percorrere; esso, inoltre, ci rende consapevoli del fatto che dobbiamo lavorare da soli, pur seguendo una guida. Per essere presenti a se stessi l'Ordine consiglia esercizi di introspezione, esercizi sull'attenzione, nonché varie forme di meditazione per tutti i gradi, a partire da quella dei 28 giorni per finire a quella cabalistica. Il N.V.O. inoltre, non pone limiti nella scelta delle forme di meditazione o degli studi, purché tutti mirino al risveglio e, di conseguenza, alla reintegrazione.

Il primo principio cui fa capo questa didattica è il principio di libertà, che è la base operativa per chi voglia veramente conoscersi e crescere.

Una volta che ci studiamo continuamente e che mettiamo in pratica i consigli ricevuti, soltanto noi possiamo saper scegliere il tipo di meditazione e di pratica necessario per raggiungere un determinato traguardo. Si tratta di un traguardo che dovremmo imporci da soli, giacché soltanto noi avremo imparato a capire qual è il primo passo che saremo in grado di fare, se ci siamo scrupolosamente e assiduamente analizzati. La natura, si dice, non fa salti, e nemmeno la nostra evoluzione, che, attraverso questi salti, rischia di essere fittizia. Perché questo non avvenga dobbiamo conoscere bene noi stessi, mentre, per quanto riguarda i consigli dell'istruttore, abbiamo il dovere di essere disponibili, di cercare di capirli e di provare a metterli in pratica, ma anche di accantonarli se non si rivelano adatti al nostro grado di evoluzione del momento.

L'eclettismo negli studi, suggerito dal N.V.O., serve, prima di tutto, a scoprire che tutte le strade possono condurre alla via maestra se hanno lo stesso fine e, in secondo luogo, ad ampliare le capacità di accettazione, di discernimento e di comprensione, cioè a capire che tutto può essere positivo o negativo a seconda delle tendenze e delle capacità recettive dell'individuo.

L'eclettismo, quindi, può portarci a trovare la nostra strada perché, con l'acquisire la capacità di discernimento, acquisiamo altresì autonomia, sicurezza e indipendenza. Quanto agli studi della Cabala, dell'astrologia, dell'alchimia, del tarocco, delle dottrine orientali, essi servono a farci capire come dobbiamo fare per camminare da svegli sulla via della purificazione.  Molte volte basta mettersi in meditazione o praticare riti e sentirsi in unione con il Divino per potersi purificare. Nei momenti in cui si ha la netta impressione di aver stabilito un collegamento con l'infinito, si avvertono la pace e il benessere, ci si sente infiniti e come reintegrati; ma una volta passato l’attimo magico, le nostre capacità fisiche, psichiche, intellettuali, nonché spirituali, sono come pietrificate, tanto che talvolta può accadere che non riusciamo neppure a sentirci in grado di affrontare gli ostacoli che la vita di tutti i giorni ci pone davanti. Lo sviluppo, invece, se veramente c'è, deve essere armonico e coinvolgere tutte le sfere e le esigenze dell'individuo. Sarà pur vero che la continua immersione nell'Assoluto fa acquisire consapevolezza dell'Assoluto, tanto da dare l'impressione di essere divenuti l'Assoluto stesso; ma incombe sempre il rischio di sentirsi tali senza esserlo e senza accorgersi della propria pochezza. Il Martinismo insegna ad essere continuamente svegli, consci di se stessi, ad analizzarsi e a guardarsi dentro.

Voglio soffermarmi sull'importanza del guardarsi dentro, di quell'analisi continua che sfocia in una continua meditazione e in un continuo atteggiamento rituale; ma perché questo si produca occorre essere preparati, altrimenti il nostro guardarci rimane limitato sempre alle stesse cose, resta, cioè, in superficie.

Questo discorso introduce quello della purezza: per arrivare a capire che purezza è tolleranza e che tolleranza è amore bisogna aver lavorato in se stessi, riflettuto e meditato.  Il fine ultimo del Martinismo, abbiamo visto, è far vivere il divino che c'è nel l'uomo, abbreviare, o, meglio, annullare le distanze con la divinità. Indiarsi. Per raggiungere questa meta si deve arrivare all'annullamento dell'io egoistico e, per raggiungere questo annullamento, si deve essere sempre presenti a se stessi. I mezzi per questo obiettivo sono tanti perché lungo è il cammino sul quale si innestano esigenze e tendenze di vari livelli, commisurate alle caratteristiche dei vari individui. Bisogna imparare prima di tutto a coordinare tendenze, esigenze, desideri, volontà verso un unico fine (il cocchiere, la Volontà di Assagioli, il Super-ego ecc.). Essere presenti significa prima di tutto conoscere le proprie debolezze e amarsi con tutte le debolezze, proprio come si ama un figlio che ha bisogno di aiuto perché malato:significa conoscere le proprie debolezze per governarle e poi, pian piano, superarle.

Accorgersi delle proprie debolezze fisiche è già un gran passo avanti per essere svegli nella grande battaglia contro i nostri istinti: essa va affrontata a piccole dosi, difetto per difetto, e in tutte le sfaccettature. Per fare questo - che è l'opera prima e più importante dell'uomo perché tempra nella pazienza e nella volontà - il Martinismo consiglia lo studio dell'alchimia. Dall'alchimia si impara ad affrontare la lotta con un fuoco costante e duraturo; si impara a mettere la materia prima nel crogiolo, ad analizzarla, a valutare l'entità della sostanza da trasformare e a preparare un fuoco lento, costante, tenace, senza fretta ed agitazione, con consapevolezza ed amore. Se noi veramente riusciamo ad amare noi stessi con tutte le nostre carenze, riusciremo ad amare tutto il genere umano ed avremo così acquisito il più giusto modo di essere tolleranti, perché tolleranza deve essere amore.

Il Martinismo è soprattutto operatività e non solo per i Riti: operatività è anche mettere in pratica ciò che teoricamente acquisiamo. La teoria è molto importante, ma se non si mette in pratica ciò che si acquisisce con essa, il sapere rimane sterile ed inutile; l'operatività è nella lotta continua per arrivare all'Essere. Essa, per prima cosa, deve farci tendere a raggiungere l'equilibrio in noi, nelle nostre tendenze e nei nostri desideri.

Il mistero della vita è tutto nell'equilibrio: esso genera l'armonia degli astri - e l'armonia è amore e amore è esistenza. L'esistenza cui tutti aspiriamo, quella autentica, è sinonimo di equilibrio, armonia, amore. La natura si regge in virtù dell'equilibrio e ogni squilibrio, giunto a maturazione, viene compensato con qualche sovvertimento che ripropone un nuovo equilibrio, in base alla legge di compensazione. Anche l'essere umano, che fa parte della natura, vive questa legge, spesso senza comprenderla, per cui non riesce a spiegarsi il perché di tanti fatti. Ma all'uomo è dato prendere coscienza di ciò che accade intorno a lui e dentro di lui e può, da solo, ristabilire l'equilibrio.

Questo si può imparare con il lavoro su se stessi, meditando, guardandosi dentro, ritualizzando. L'equilibrio è dato dalla capacità di discernimento che si viene ad acquisire man mano che la coscienza si amplia. La coscienza è come un contenitore che, pur avendo tanti limiti apparenti, in realtà è senza fondo e sfocia in quell'infinito dove dobbiamo arrivare. Il nostro discernimento è quindi proporzionato alle nostre limitate capacità: bisogna saper riconoscere le nostre capacità e intuirne i limiti per poterli superare.

Le cose e il loro valore si riconoscono se ci fermiamo ad osservarle lungamente, profondamente, in silenzio e non soltanto in superficie per quello che appare.

Dobbiamo avere tanta pazienza per noi stessi se vogliamo crescere, quale che sia il nostro livello; dobbiamo porci davanti ai nostri passi senza fretta, senza desiderio, senza pensieri, senza stancarci mai. L'osservazione non deve seguire la via orizzontale, ma quella verticale e arrivare all'ex senza delle cose.

Il fine: la reintegrazione.

Il metodo: introspezione, meditazione, rito.

La didattica: studio e pratica della Cabala, dell’alchimia, dell’astrologia, del Tarocco, delle varie psicologie, delle dottrine orientali ecc.

Simon Pietro


 

©  Copyright - Tutti i diritti riservati.

È vietata la riproduzione anche parziale

 

 

Sito di riferimento per ulteriori approfondimenti "O.M.U."

www.martinismo.it

 

 

Chi siamo Martinismo Massoneria Teosofia Scuola Arcana Gnosi Rosacroce
Messaggi Miscellanea Eventi Libri Contatti Links Ringraziamenti