Dove Porta il
Martinismo
di Francesco Brunelli
-
Nebo
S:::I:::I:::
Vi sono delle accuse che sovente si fanno all'Ordine Martinista e
tra queste la principale è che troppo si discute e poco si opera in
senso verticale come s'esso fosse una specie di teosofismo o di
circolo spiritualista. Vorrei subito dire che per quanto concerne la
mia esperienza e la mia conoscenza ultraventennale in questo campo,
tale giudizio sommario è piuttosto immeritato. E'vero, diciamolo
francamente, che in molti gruppi non viene svolto alcun lavoro, nè
orizzontale, nè verticale intendo, e che molti Martinisti non sanno
neppure cosa voglia dire Martinismo. In altri
raggruppamenti prevale il devozionismo verso qualche Maestro
passato, vedi per esempio il culto del Maestro Filippo in Francia,
in altri il lavoro assume tinte ed aspetti massonici che nulla hanno
a che vedere con il nostro Ordine.
Quale dunque
dovrebbe essere la tipologia di lavoro di un gruppo se il Martinismo
veicola qualche cosa di valido?
E la risposta è semplice:
iniziatica ed
operativa, seguendo una didattica che non è quella del mondo
profano.
Iniziatica quando
esercita una funzione introduttrice ai misteri mediante la creazione
di un uomo "nuovo" dapprima "denudato", poi "rivestito" poi messo in
condizioni di vedere e di muoversi verso la Luce sino ad
identificarsi con essa mediante i suoi sforzi personali.
Operativa quando determina un campo magnetico, attraverso un
effettivo lavoro di catena - che ha delle regole semplici, ma
rigidamente meccaniche - e non una catena diciamo... poetica,
sognante, utopica (come è in realtà in certi tipi di Ordini
iniziatici oggi, anche Martinisti).
Tale campo magnetico agendo in armonia con le forze cosmiche, spinge
necessariamente alla realizzazione della propria reintegrazione
favorendo l'ascenso e contribuisce alla reintegrazione universale.
Reintegrazione
individuale e generale: i due obbiettivi, i due scopi irrinunciabili
del Martinismo di tradizione.
Ricordo un lavoro di Sette S:::I:::I::: dal titolo "Meditazione sul
Martinismo e sui doveri dei Martinisti" che mi fece personalmente
portare a termine, sull'onda delle verità ivi enunciate, degli
appunti sul lavoro esoterico che diffusi ebbero un notevole
successo.
Bene, in quella meditazione di Sette, sono contenuti i germi del
senso del lavoro operativo collettivo dell'Ordine che si allinea
(magari con tecniche differenti da quelle adoperate dai Martinezisti
della prima ora, ma la tecnica è un mezzo e non uno scopo) e che
traduce l'oscurità del linguaggio di Martinez, a quell'Opera invano
tentata dal Pasqually.
Ma sulla
tipologia del lavoro collettivo della nostra Comunità si parlerà
altrove, qui ci limiteremo a studiare quali sono i limiti cui porta
il Martinismo e se limiti vi sono.
Praticamente lo scopo del Martinismo è quello della reintegrazione
individuale ed universale. Su questi scopi dovremo soffermarci, a
parer nostro, per chiarire la terminologia usata e con essa la
problematica che ci siamo posti. Noteremo innanzi tutto che esistono
due scopi, l'uno strettamente legato all'altro e interdipendenti: il
primo è la riconciliazione e la reintegrazione individuale, il
secondo è la reintegrazione universale.
Questi termini sono stati usati dai nostri Maestri e scorrendo la
letteratura Martinista si incontrano ovunque, essi inoltre
coincidono con altrettanti termini e con altrettanti scopi dei
gruppi iniziatici più riservati sia occidentali che orientali,
indipendentemente dalle tecniche da questi usate.
I termini
"riconciliazione" e "reintegrazione" presuppongono una scelta
iniziale che l'iniziando compie, quella della accettazione puramente
teorica e quindi non pratica e pertanto ipotetica delle tre
differenti maniere di cominciare a considerare l'essenza dell'uomo.
Martinez de
Pasqually agiva in un contesto cristiano e pertanto non poteva
assolutamente che usare una didattica che partisse dall'abito
culturale dei suoi adepti, Louis Claude de Saint Martin viveva più
addentro in questo habitat ed accentua tale aspetto, ma il saggio
deve comprendere il reale significato delle cose attraverso i veli e
le nebbie emananti dalla umanità, dalla sua cultura, dalla
civilizzazione che in "quel momento" sta vivendo.
In effetti sia
che si usi un linguaggio od un'altro le cose non cambiano! Si tratta
solo di prendere coscienza, di essere iniziati al fatto che in
potenza ciascuno qui in basso, può porsi in grado di affermare "Io
sono Io, Colui che è, che è stato e che sarà".
Il linguaggio
Martinista è quello della "caduta", il linguaggio Kabbalista,
adombrato nella dottrina di Martinez e chiaramente espresso nelle
sue tecniche è quello della "emanazione".
Ambedue
presuppongono un ritorno.
E' su questo "ritorno" su questa "ridivinizzazione" di una essenza
degradata attraverso non importa quali o quanti "piani" o "sfere",
che si pone l'interrogativo che ora non interessa più il Martinismo
come dottrina, ma l'Ordine come organizzazione in possesso di una
filiazione iniziatica ed agente mediante questo ed in virtù dei
poteri derivanti da questa filiazione.
La domanda "dove
porta il Martinismo" dovrebbe quindi essere ritrascritta così:
"Quale contributo può dare l'Ordine Martinista al processo di
reintegrazione individuale ed al processo di reintegrazione
universale?".
Il compianto Maestro Aloysius così scrisse nel '68 intervenendo sul
tema "I doveri dei S:::I:::I:::":
"La forma di iniziazione propria del movimento Martinista nel mondo
è di essenza SACRALE, nel senso che l'iniziando, accetando il
principio che lo impegna irrevocabilmente al duplice lavoro di
integrazione individuale del proprio Io e di collaborazione al
lavoro di integrazione collettiva dell'Universo e, più
specificatamente, della piccola collettività ch'egli riuscirà ad
organizzare attorno a se, si pone su di un terreno di azione, e di
potenziale reazione, Magicamente Consacrato.
Il carattere Sacrale è gia acquisito in potenza dal profano
iniziando nel momento della associazione all'Ordine... diventa
fenomeno di impegno operativo al ricevimento del 3° grado le cui
caratteristiche di acquisizione sottintendono il futuro conferimento
della autorità sacerdotale, che diverrà effettiva con il 4° grado
con l'acquisizione delle facoltà di trasmissione dei poteri, facoltà
di carattere certamente sacerdotale.
...L'impegno operativo dell'Ordine nella vita, nella società, nel
mondo, in via preliminare, l'integrazione della propria personalità
nel più ampio dei modi e dei significati... sino al superamento
della separazione e la realizzazione nel quadro generale della
economia evolutiva della specie... la seconda parte dello stesso
dovere: sul piano dei rapporti sociali e collettivi, è l'inserimento
della propria umana personalità e capocità nella catena operativa -
fenomeno e compito primigenio nelle funzioni del nostro Venerabile
Ordine - ...al fine di potenziare il lavoro di purificazione e
rigenerazione della Vita Umana, in senso universale e cosmico, come
a noi è iniziaticamente noto... ".
Questa citazione
tratta dal lavoro del Fratello Aloysius ci trova perfettamente e
globalmente d'accordo.
L'appartenenza all'Ordine comporta un lavoro di progressiva
sacralizzazione dell'Uomo di Desiderio (la condizione richiesta per
l'appartenenza all'Ordine) che viene marcata al momento della
iniziazione al 3° grado quando l'iniziando viene posto sulla Croce
Kabbalistica che DEVE REALIZZARE in se stesso acquisendo la
effettiva potenza di Malkuth (il regno), di Geburah (la giustizia),
di Chesed (la misericordia).
Una volta
acquisita la sacralizzazione, essa viene effettivamente riconosciuta
con il conferimento del potere di trasmissione nel 4° grado. Ma il
cammino, l'iter iniziatico è terminato?
Termina qui?
No,
assolutamente. Già i riti individuali inseriti sin dal primo grado,
e gli altri, fanno presagire che il membro dell'Ordine deve
proseguire oltre, attraverso una sua ascesi personale, attraverso
delle tecniche particolari che l'iniziatore gli potrà o no affidare
e che necessariamente si basano sull'albero della vita il pentacolo
a noi giunto dalla tradizione kabbalistica, ma che sicuramente trae
origini dall'Egitto, dalla Caldea ecc... e che, come tale, scrive
Ambelain, non ha potuto subire quelle alterazioni o quelle
deformazioni cui possono andare incontro dei testi.
In questo pentacolo che esprime le differenti tappe della creazione
e della incarnazione dello "spirito" nella materia e del suo ritorno
alla fonte primigenia, nonchè le sfere di influenza dell'Universo
sull'uomo, il Martinista o meglio l'Adepto, in virtù della legge
delle analogie potrà ritrovare quelle chiavi che gli permettono
l'identificazione con il SE, il suo Angelo o il suo Demone, tappa
questa unica e fondamentale per la effettiva realizzazione della
riconciliazione individuale e della reintegrazione universale.
I testi "Abramelin le mage" tradotto da Ambelain in lingua francese
e "La Kabbale pratique" dello stesso Ambelain danno le chiavi e le
tecniche.
Dove porta
l'Ordine Martinista dunque?
Risponde Stanislao de Guaita: "Tu sei un Iniziato: sei uno che gli
altri hanno messo sulla via; sforzati di divenire un Adepto".
L'Ordine
Martinista porta innanzi sulla via, porta alla comprensione delle
cose oltre il "velo", porta sino alla soglia dell'adeptato, non
porta oltre, anche se il Martinismo, attraverso i suoi Autori,
delinea chiaramente le mete ultime, anche se Martinez tentò di dare
una via operativa, oggi impraticabile nella sua globalità come ben
comprese Ambelain intorno agli anni '60.
Il Soro traccia dei quadri della tradizione occidentale interessanti
anche per le loro corrispondenze ma dai suoi quadri emerge una
conferma ancora che l'Ordine ha i suoi limiti sia pure indefinibili.
Malgrado ciò, credo fermamente che se una sola persona ogni milione
di abitanti della terra, realizzasse solo gli scopi pratici
dell'Ordine e non quelli teorici del Martinismo l'itera umanità
vivrebbe in una era di serenità e di pace profonda, oggi addirittura
impensabile.
Voglio concludere
che lo studio approfondito dei rituali di iniziazione e delle
tecniche note mi fanno affermare che l'Ordine conferisce ai suoi
membri:
- una iniziazione
oggettiva caratterizzata dall'introduzione dell'Uomo di desiderio in
un nuovo mondo ed in una nuova dimensione mediante la creazione del
legamento iniziatico che termina con la trasmissione del Sacramento
dell'Ordine e con la potestà sacrale di poterlo a sua volta
conferire.
- La possibilità
di una iniziazione soggettiva, realizzantesi cioè in virtù del
lavoro e delle applicazioni pratiche dell'iniziato che lo porta sino
alla soglia dell'Adeptato, sino cioè alla soglia della realizzazione
ultima.
Qui finisce la missione dell'Ordine Martinista.
Tale missione si estrinseca mediante:
a) la
trasmissione fisica da Iniziatore ad Iniziando delle energie
eggregoriche, che avviene durante i differenti riti di Iniziazione
(il legamento);
b) la
trasmissione di una dottrina che è quella contenuta nei rituali e
che deve essere sviluppata da ciascuno mediante una ricerca, uno
studio ed una applicazione costante;
c) il simbolismo che rinserra parte della dottrina e parte delle
tecniche, prima tra queste la introspezione, la purificazione, la
meditazione ecc...;
d) i riti di
catena (che possono essere variati in ogni momento senza pertanto
comportare una variazione nella sostanza e nello scopo dei riti di
catena stessi) con l'inevitabile effetto traente dell'Eggregoro e la
rivelazione degli Arcani;
e) i riti
individuali trasmutatori dopo la rivelazione.
Questa è la nostra risposta alla domanda: "Dove porta il
Martinismo?"
tratto da
Fuoco Sacro
Il pensiero esoterico
http://www.fuocosacro.com/
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