Martinez de Pasqually
di
Daniele Mansuino
Sulle origini di Martinez de Pasqually
non si sa praticamente nulla. C’è chi sostiene che fosse un ebreo
sefardita nato a Grenoble nel 1727 (si diceva che egli avesse
studiato la Qabbalah alla
scuola di Simon Ben Jochai, uno dei massimi rabbini del suo tempo).
Ma altri documenti, incluso il certificato di matrimonio, attestano
invece che professava la religione cristiana, e il nome della sua
famiglia non è stato mai trovato nei registri degli ebrei
convertiti.
Il vuoto di informazioni fu senza
dubbio alimentato dal personaggio stesso, che – al pari di altri
grandi esoteristi del settecento – volle così sottolineare come la
sua dottrina costituisse un punto di inizio: un qualcosa destinato a
cambiare il mondo, che prima non c’era.
Quel che è sicuro è che a partire dal
1754 un giovanissimo Maestro che rispondeva al nome di Jacques
Livron de la Tour de Martinez de Pasqually percorse le Logge
massoniche della Francia meridionale, entusiasmando un gran numero
di Fratelli con i suoi insegnamenti circa le origini e il destino
dell’uomo.
Questi insegnamenti sono sintetizzati
nell’unico libro che Martinez ci ha lasciato : il “Trattato della
Reintegrazione degli Esseri”, che circolò manoscritto tra i suoi
discepoli fino al 1899, ed è stato pubblicato solo in anni molto
recenti.
Nella dottrina delle Scuole qabbaliste,
la Gloria di Dio si espande nel creato riempiendo progressivamente
dieci vasi, le cosiddette Sephiroth, che corrispondono a dieci
progressivi livelli di manifestazione. La disposizione delle
Sephiroth è analoga a quella di un corpo umano, perchè tutte e dieci
erano contenute nel corpo di Adamo ; si trovano ancora dentro ognuno
di noi allo stato latente, ed è possibile risvegliarle mediante
l’uso di tecniche adatte.
Nel caso che tale lavoro venga portato
a termine con successo, l’uomo si trova “reintegrato” in tutte le
facoltà di cui godeva Adamo prima della caduta. Per questo, il
processo che noi definiamo “trasmutazione
interiore” viene definito dai Qabbalisti “reintegrazione”.
Per renderla più comprensibile ai
Massoni, Martinez si era sforzato di trasporre questa visione in
termini cristiani. Il risultato fu un sistema più complesso di
quello sephirotico, che contava dodici centri anziché dieci:
collegati non solo fra loro ma anche con un gran numero di “potenze
spirituali” esterne all’uomo, e governati da ben 2400 Angeli.
Il “Trattato della Reintegrazione
degli Esseri” è in sostanza un commentario
esoterico ai primi libri
della Bibbia, in cui viene dapprima descritta la caduta degli esseri
spirituali creati da Dio, che diede origine alla Creazione. E’
proprio in conseguenza di questo primo dramma che Dio emana l’uomo:
un uomo-Dio avente la missione di “sorvegliare gli Angeli decaduti e
regnare sull’Universo, sulla Terra e su tutti gli spiriti celesti e
terrestri”.
Ma anche l’uomo lo tradisce a causa
della sua superbia, e Dio lo precipita dal Paradiso Terrestre sulla
Terra, accordandogli però la possibilità di espiare la colpa e
percorrere il cammino inverso - quello della “reintegrazione nelle
sue primitive proprietà, virtù e potenze”.
Di tutto questo, la parte che più
interessava ai Massoni era quella in cui Martinez, pur riconoscendo
la legittimità delle trasmissioni sacerdotali ebraica e cristiana,
affermava che né l’una né l’altra erano più in possesso delle chiavi
per rendere a Dio la sola forma di culto che Egli ritiene degna,
ovvero il lavoro dell’uomo per la propria la reintegrazione. Per
quanto evitasse di insistere troppo su questo punto, la conclusione
era evidente: la sola forma di sacerdozio valida era quella che
Martinez si proponeva di instaurare, se solo la
Massoneria avesse adottato
il sistema da lui proposto.
Inutile, credo, sottolineare le
implicazioni di questo passaggio, che fa di Martinez qualcosa di ben
diverso da un mero adattatore della Qabbalah alla cultura cristiana
(come purtroppo ancora oggi viene presentato da molti Martinisti).
Con un secolo o due d’anticipo, aveva intuito che l’avanzata del
razionalismo avrebbe generato la necessità di colmare il vuoto
spirituale dell’ “uomo nuovo” con qualcosa di più immanente della
devozione religiosa tradizionale; così, fagocitati in un sol colpo
Ebraismo e
Cristianesimo, il suo
sistema offre il primo autentico esempio di religione “misterica”
moderna, che ben lungi dal sovrapporsi alle strutture religioni
preesistenti vi si pone in alternativa.
Nel 1760, Martinez e i suoi seguaci
mettevano in pratica le loro idee dando vita al più leggendario dei
sistemi di “Alti gradi”massonici, l’ “Ordine dei Cavalieri Massoni
Eletti Cohen dell’Universo”. Era diviso in quattro Classi e dieci
Gradi, ciascuno corrispondente a una Sephirah, secondo questo
schema:
1a classe – Massoneria Azzurra:
1° grado - Apprendista
(Sephirah : Malkuth)
2° grado - ompagno (Sephirah : Yesod)
3° grado – Maestro (Sephirah : Hod)
4° grado – Apprendista Cohen (Sephirah :
Netzach)
2a classe – Classe del Portico:
5° grado – Compagno Cohen
(Sephirah : Tiphareth)
6° grado – Maestro Cohen (Sephirah : Geburah)
7° grado – Maestro Particolare (Sephirah :
Chesed)
3a classe – Classe del Tempio:
8° grado – Gran Maestro
Eletto Cohen (Sephirah : Binah)
9° grado – Cavaliere d’Oriente (Sephirah :
Chokmah)
4a classe (segreta):
10° grado – Reau-Croix (Sephirah :
Kether).
I sette gradi inferiori erano
destinati esclusivamente agli studi teorici; solo a partire dal
grado di Gran Maestro Eletto Cohen l’iniziato poteva partecipare in
veste di assistente ai riti sacerdotali, la cui pratica era
riservata ai membri delle ultime due classi. C’erano riti di diverso
tipo, uno dei quali – la cosiddetta “Invocazione dei tre giorni” –
era espressamente dedicato al lavoro di trasmutazione interiore.
Possiamo definirla, se vogliamo, una
forma di …trasmutazione rateale. Prima di cominciare, il Reau-Croix
(iniziato del 10° grado) sceglieva un certo numero di Angeli le cui
“virtù e potenze” desiderava risvegliare nel suo corpo energetico:
se gli riusciva di evocarli, nell’Invocazione successiva sarebbe
passato ad altri e così via, attivando progressivamente i vari
centri del suo corpo come se fossero una serie di lampadine, fino
alla “reintegrazione” totale.
Il successo di ogni singola evocazione
gli veniva segnalato da un cosiddetto “passo”: ovvero l’irradiazione
nella sua mente di un geroglifico luminoso, a ciascuno dei quali
corrispondeva a un Angelo diverso. Ciascuno poteva apparirgli una
sola volta nella vita, e simultaneamente la forza angelica (o “buono
spirito”) corrispondente si incorporava nel suo corpo energetico. Il
più delle volte i “passi” erano accompagnati da un leggero suono,
“come di sassi che rotolano sul soffitto”.
Il riassunto che segue è tratto dalla
cosiddetta “versione estesa” dell’ Invocazione dei tre giorni,
entrata in vigore nel 1768.
Dopo essersi preparato con una serie
di preghiere, il Reau-Croix tracciava col gesso nell’angolo est
della “camera di operazione” un quarto di cerchio, il cui segmento
era rivolto a Oriente. Dopo aver tracciato la corda del segmento,
iscriveva nel triangolo isoscele così ottenuto un piccolo cerchio
intersecato da una croce. Nell’angolo ovest disegnava un altro
cerchio detto “cerchio di ritiro”. Le due figure erano separate tra
loro da uno spazio di due piedi.
Nel cerchio di ritiro tracciava le
lettere I A B, nel quarto di cerchio le lettere R A P e i
geroglifici: relativi agli Angeli che desiderava evocare. Non sempre
i “passi” avrebbero assecondato i suoi desideri, e c’era la
possibilità che gli apparissero i geroglifici di Angeli del tutto
diversi; per cautelarsi contro questo inconveniente, egli aveva a
disposizione un atlante (detto “Repertorio”) nel quale erano
raffigurati tutti i 2400 geroglifici corrispondenti ai 2400 Angeli,
corredati da informazioni circa le loro corrispondenze e
caratteristiche. Con il suo aiuto poteva identificare “in tempo
reale” gli Angeli apparsi, conoscendo così quali parti del suo corpo
energetico fossero già trasmutate e su quali altre dovesse
concentrare la sua attenzione in futuro.
Per concludere i preparativi,
disponeva una candela accesa nel cerchio di ritiro, tre al vertice
dei cateti del triangolo, una ciascuno per gli altri vertici, una
nel triangolo e una nel quarto sud-occidentale del cerchio
inscritto.
Terminato questo lavoro per cui
occorrevano circa due ore, l’Adepto era pronto per l’operazione, che
iniziava a mezzanotte precisa. A piedi scalzi, indossando soltanto
l’ “alba” sacerdotale che ancora oggi è in uso nell’Ordine
Martinista, prendeva la candela accesa del cerchio di ritiro e la
metteva alla propria destra, fuori dal cerchio. Restando nel cerchio
si distendeva al suolo, la fronte appoggiata sui polsi incrociati.
Dopo essere rimasto sei minuti in questa posizione, si rialzava,
accendeva le candele del quarto di cerchio, metteva all’estremità
del quarto di cerchio la candela posta accanto alle lettere R A P e
quella che stava al centro della corda del segmento, dopodichè si
prosternava nel quarto di cerchio.
Poi ritornava nel cerchio di ritiro,
con il ginocchio destro a terra e le mani a squadra poggiate al
suolo. In questa posizione “rilevava” i nomi scritti nei due cerchi
e nel quarto di cerchio, cioè li ripeteva tre volte, inserendoli
nella formula seguente: “in quali die x, x, x invocavero te,
velociter exaudi me”. Chiedeva a Dio di accordargli, in virtù della
potenza che aveva dato ai suoi servitori, la grazia che desiderava
“con cuore sincero, veramente contrito e sottomesso”.
Lo supplicava poi di ripetergli, come
segno della Sua misericordia, uno dei geroglifici che aveva
tracciato con il gesso al centro della stanza. Dopo aver incensato
ripetutamente il quarto di cerchio e l’angolo ovest, spegneva tutte
le candele tranne quella in mezzo al quarto di cerchio. La spostava
nel cerchio di ritiro, dove si metteva lui stesso, e finalmente -
dopo aver recitato le invocazioni - cominciavano i “passi”…
Nel 1772, Martinez si imbarcò
improvvisamente per Haiti. Non risulta che avesse nemici né debiti,
il suo Ordine era bene avviato e nessuno ha mai trovato una
spiegazione convincente per questo viaggio. Un violentissimo attacco
di malaria lo stroncò a Saint-Domingue (Santo Domingo, che in
quegli anni era in mano francese) il 20 settembre 1774, alla
probabile età di quarantasei anni.
In seguito alla sua morte, gli Eletti
Cohen conobbero una terribile crisi: si dice che gli iniziati non
riuscissero più a concentrarsi sui riti, i “passi” non funzionavano
più, insomma tutto era bloccato. Furono fatti molti inutili
tentativi per risollevare le sorti dell’Ordine, finchè nel 1780 il
Gran Maestro Sebastian de Las Casas lo “assonnò” ufficialmente,
determinando la sua definitiva cancellazione dal panorama dei
sistemi massonici di Alti gradi.
Martinez però, probabilmente
consapevole di aver avviato un esperimento troppo avanti sui suoi
tempi, si era premurato di approntare anche una linea di successione
extramassonica tramite un’organizzazione “sorella” dalle pretese
assai più limitate: l’Ordine Martinista – materialmente fondato dal
suo discepolo prediletto, Louis Claude de Saint Martin (1743-1803) –
i cui primi tre gradi sono sostanzialmente corrispondenti ai primi
tre gradi Cohen, e il quarto (Superiore Incognito Iniziatore)
sintetizza “virtualmente” tutti gli altri.
Louis Claude de Saint Martin – il
“Filosofo Incognito”, come venne denominato – era un pensatore
mistico di una certa originalità, che interpretava il “martinezismo”
soprattutto come un tentativo di conciliare cristianesimo e
razionalismo. In disaccordo con il suo maestro sulla complessità, a
suo dire artificiosa, dei rituali Cohen (“è veramente necessario
tutto questo per pregare Dio?” scrisse una volta), tendette a
minimizzare l’aspetto qabbalistico dei suoi insegnamenti, e imboccò
la strada di accreditare l’Ordine Martinista come unica vera forma
di esoterismo cristiano.
Con questa svolta, Saint-Martin si
illudeva probabilmente di proteggere il lavoro di Martinez dal
preoccupante clima intellettuale che andava rapidamente
sostituendosi al “secolo dei lumi”, con fenomeni di sospetto e
violenza nei riguardi di ogni forma di pensiero che apparisse
eterodossa; non comprendeva però che nei confronti del pensiero
martinezista una svolta di questo genere era esiziale, perché
l’equidistanza da ogni forma religiosa precedente costituiva
condizione necessaria alla sua esistenza.
Inoltre, le discrepanze del “Trattato
della Reintegrazione degli Esseri” dalla teologia cristiana erano
davvero troppe e troppo grandi per sperare di superarle con un
generico “volemose bene” di taglio mistico (oggi si direbbe “di
ispirazione new age”): per
esempio, Martinez negava esplicitamente la Trinità, non escludeva la
possibilità per i demoni di essere salvati, aveva insomma
deliberatamente introdotto nel suo sistema svariati elementi
espressamente volti a lasciarsi il cristianesimo dietro le spalle.
Rifiutarsi di vedere questo poteva forse garantire ai Martinisti
protezioni politiche più sicure, ma li spingeva all’umiliazione di
mendicare inutilmente ortodossia da quel cattolicesimo che, in
duemila anni di storia, ha sempre orgogliosamente rifiutato la
necessità e financo l’esistenza dell’esoterismo.
In definitiva, ogni tentativo operato
da Saint-Martin per diffondere il Martinismo si rivolse in un
fallimento, con una sola eccezione: l’iniziazione (operata nel 1780)
del principe russo Alexis Galatzin, che ritornato in patria lo
diffuse presso la nobiltà zarista con successo travolgente: nel
periodo di maggior fulgore, i Gran Maestri dell’Ordine Martinista
russo venivano scelti soltanto tra i membri della famiglia reale.
In Francia, invece, fu solo con grande
fatica che l’Ordine Martinista – ormai inviso tanto ai laici che ai
religiosi – sopravvisse nell’ottocento; ma era ridotto (pare) a …tre
soli membri quando nel 1891 ascese al grado di Superiore Incognito
Iniziatore il dott. Gerard Encausse (1865-1916), più noto come
Papus, uno dei massimi artefici del movimento occultista francese.
Papus fu il primo a comprendere che il
Martinismo avrebbe potuto salvarsi solo recuperando le sue radici di
scuola trasmutatoria; operazione che non avrebbe potuto dirsi
compiuta senza il “risveglio” dell’Ordine degli Eletti Cohen.
Purtroppo i suoi tentativi furono frustrati dall’oblio di cui i
rituali Cohen avevano sofferto per oltre un secolo: parte erano
dispersi in biblioteche e fondi privati, parte non si sapeva dove
fossero finiti.
In tali condizioni non se la sentì di
procedere oltre, e scelse di mantenere per il momento inalterata la
divisione in quattro gradi creata da Saint-Martin; ma comunque
lavorò sodo per propagandare il Martinismo negli ambienti occultisti
e neo-spiritualisti, determinando la rinascita di una corrente
“martinezista” che si poneva come obbiettivo di ricostituire gli
Eletti Cohen appena possibile.
Purtroppo il movimento occultista non
era soltanto caratterizzato dal risorgere della Qabbalah e delle
tecniche di trasmutazione interiore,
ma anche dal mito duro a morire di un ”esoterismo cristiano” -
auspicato questa volta come freno al dilagare delle discipline
orientali, in cui molti (non c’è niente di nuovo sotto il sole)
ravvisavano una minaccia all’identità delle culture nazionali
europee. Tra i nuovi Martinisti non mancavano quindi i sostenitori
di Saint-Martin, e il conflitto tra le due correnti segnò
dolorosamente la storia del Martinismo per tutto il ventesimo
secolo, ritardando oltremisura ogni progetto di ricostituzione degli
Eletti Cohen e fornendo pretesto per dolorose lotte e scissioni.
Anche la “grande storia” diede il suo
contributo a segnare drammaticamente l’esistenza di questa piccola e
gloriosa famiglia esoterica: nel 1926 la repressione staliniana si
abbattè duramente sui Martinisti russi, centinaia dei quali subirono
la condanna a morte (alcuni superstiti fuggirono in Sud America,
dove la “successione Galitzin” prospera a tutt’oggi, con filiali
anche in Europa). In Francia, invece, il Martinismo finì nel mirino
dei Nazisti perché secondo loro contribuiva a diffondere la cultura
ebraica; nel 1944, il Gran Maestro Constant Chevillon venne fucilato
da eroe, dopo essersi rifiutato fino all’ultimo di rivelare dove
aveva nascosto l’elenco degli iscritti.
Dopo mille vicissitudini, il risveglio
dell’Ordine degli Eletti Cohen venne infine attuato dal gruppo
facente capo a Robert Ambelain nel 1960. Negli ultimi decenni la
crescita è stata lenta ma costante, e numerosi Capitoli sono oggi
attivi in vari Paesi; quello italiano, seppure numericamente esiguo,
gode di ottima reputazione per l’elevato livello culturale e la
qualità del lavoro.
Tratto dalla sezione "Riflessioni sull'Esoterismo"
del sito
www.riflessioni.it
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