Astrologia e
religione
Conferenza di Napoli 1986
Clara Negri
Nel secolo
appena trascorso abbiamo assistito al boom dell’astrologia popolare
che, entrata sempre più prepotentemente nella nostra vita grazie a
quel mai sufficientemente stigmatizzato “oroscopone”, ci ha
sbrigativamente suddivisi in dodici stereotipi, uno per ogni segno
dello zodiaco, distribuendo a destra e a sinistra “incontri
interessanti” e “svolte inaspettate nel destino”…
Questa ingenua letteratura celeste è seguita da strati vastissimi
della popolazione – le statistiche insegnano – ed anche i più
incalliti razionalisti spesso sbirciano di soppiatto l’oroscopone,
attribuendogli all’occorrenza un valore beneaugurale.
Da molte parti si afferma persino che né politico, né vip, né uomo
della strada usa prendere una decisione senza prima consultare le
stelle e questa palese esagerazione sta purtroppo ottenendo lo
stesso credito del summenzionato oroscopone.
Forse anche per tali motivi alcuni uomini della Chiesa si sono
nuovamente sentiti in dovere di prendere posizione contro
l’astrologia, ammonendo i lettori troppo creduloni a non credere
alle stelle, che sarebbero solo espressione di superstizione,
ignoranza e peccato.
A quasi tutti gli astrologi sarà capitato almeno una volta di essere
stati interrogato sull’eventuale incompatibilità fra il credere
negli influssi astrali e il credere in Dio. E penso che ognuno abbia
cercato di spiegare che non esiste conflitto fra le due cose sia
perché le stelle predispongono principalmente a un certo clima di
vita e non ad avvenimenti rigidamente prestabiliti, sia perché le
stelle sono sempre state considerate espressione della volontà
celeste e quindi subordinate ad essa.
“Gli astro governano gli uomini ma Dio governa gli astri” è
un’antica frase che risolve brillantemente la disputa astrologia e
religione.
E ancora, non va dimenticato che l’astrologia si è sempre fusa con
la religione anche perché l’antico uomo che, sollevando il capo,
contemplava il Sole e la Luna, i fenomeni atmosferici e il cielo
stellato, stabiliva un rapporto istintivo tra l’alto, indipendente
dalla sua volontà, e il basso, sul quale esercitava una relativa
influenza e dominazione. Sicché fu spontaneo che l’alto divenisse
per lui un attributo della divinità tanto più che, come giustamente
scrive Mircea Elide: “la semplice contemplazione della volta celeste
è sufficiente a far nascere un’esperienza religiosa”.
Ma non credo nemmeno sia un caso che, fra tutti gli esseri viventi
del nostro pianeta, solo all’uomo sia dato di tenere gli occhi
alzati verso il cielo e di poter osservare il movimento degli astri.
E il loro disegno rigoroso, preciso, ordinato, soggetto a leggi
fisse e periodiche, suggerisce un altro disegno altrettanto
rigoroso, preciso, ordinato proveniente da una Legge superiore.
Caldei, Babilonesi, Cinesi, Ebrei, Maya o Aztechi, tutti hanno
osservato affascinati lo spettacolo celeste “la cui bellezza e
grandiosità si addice più di ogni altra cosa a suscitare il
sentimento del sublime” Questa volta la citazione è di E. Kant.
Sebbene all’origine l’astrologia abbia indubbiamente assunto anche
caratteri di astrolatria – cioè culto dedicato agli astri
considerati semplici forme visibili della divinità – essa divenne
subito prerogativa dei più saggi, degli osservatori più acuti e più
aperti a un’interpretazione di tipo “sottile” di tutti i fenomeni
del creato: i sacerdoti-astrologi.
Furono essi i primi a codificare il moto delle stelle e dei pianeti,
a prevedere le eclissi di Sole e di Luna oltre che gli effetti delle
configurazioni celesti sul clima, sui raccolti, sulle epidemie o le
guerre.
IL tracciato luminoso formato dagli astri, simile a una rilucente
scrittura su un gran libri nero, da questi sacerdoti-astrologi venne
considerato un messaggio denso di significati che riguardavano
direttamente il destino del cosmo e delle umane cose. L’astrologia
diventò la scienza dello spazio e, comme aggiunge Grad, “la scienza
del tempo”. Posiamo affermare senza esitazione che essa è stata la
prima scienza dell’uomo e, contemporaneamente, la sua prima
religione giacché ogni religione è una cosmogonia il cui principio è
una concezione globale del mondo e delle sue origini.
L’astrologia perciò non è stata solo il prodotto di una religione o
di una superstizione astrale bensì un messaggio
astronomico-scientifico tramandato sino ai nostri giorni, di cui
troviamo traccia in ogni religione. Apparentemente politeista
(l’astrologia, da chi non la comprese, è stata accusata di avere una
pluralità di forse e di dèi) essa è invece “il primo e più grandioso
tentativo di dare una spiegazione globale dell’universo”. (Cassirer)
IL monoteismo ebraico non l’ha mai ignorata, l’astrologia è
indissolubilmente legata ad esso e basta leggere con un po’ di
attenzione le Sacre Scritture per rendersi conto del rapporto
ambiguo, anche se ufficialmente sconfessato, fra la tradizione
astrologica e la cultura ebraica.
Vogliamo fare insieme una piccola verifica?
Molti di voi avranno nella modesta o importante biblioteca una copia
della Sacra Bibbia. Essa, come tutti sappiamo, è composta di due
parti, la prima chiamata Antico Testamento, che comprende il
Pentateuco di Mosè, i libri profetici e didattici e la seconda
composta dai quattro Vangeli, dagli Atti degli Apostoli e
dall’Apocalisse di Giovanni.
Dell’Antico Testamento non sono giunti a noi testi originali
antecedenti al 1000 a.C., anche se la Genesi racconta gli
avvenimenti riguardanti la nascita del mondo.
L’astrologia invece, benché codificata dalle prime regole precise
grazie a Berose, sacerdote-astrologo caldeo del III secolo a.C,,
nacque circa cinquemila anni fa nella Babilonia meridionale,
probabilmente a Sumer, e rapidamente si diffuse il tutto il mondo
egizio e greco.
Orbene, gli ebrei che appartengono alle popolazioni semitiche del
XVIII sec. a.C., erano un popolo di pastori nomadi che, nei loro
spostamenti, furono a contatto con numerose altre etnie e
obbligatoriamente ne dovettero conoscere la cultura, le tradizioni,
la filosofia, la religione.
La diaspora ebraica li ha quindi mescolati ad altre popolazioni, in
particolare a quella egizia, facendo sì che ne assimilassero almeno
in parte gli usi e i costumi. Non è quindi lecito supporre che essi
ignorassero l’astrologia sia nel suo aspetto scientifico che
divinatorio. Né tanto meno possiamo accettare l’ipotesi che
ignorassero le mantiche, ossia l’arte di prevedere il futuro, comune
a tutte le popolazioni del mondo.Profezia è eguale a profeti e
l’antico Testamento è pieno di libri profetici…
Per toglierci ogni dubbio in proposito iniziamo a prendere la Genesi
che, già nel versetto 1:14, contiene queste parole:”si facciano dei
luminari nel cielo per fare una divisione tra il giorno e la notte
ed essi dovranno servire come segni (il corsivo è mio) per le
stagioni, per i giorni e gli anni”.
Questi “segni” intendono in modo implicito ed esplicito l’astromantica
in quanto in numerosi passi delle Sacre Scritture troviamo
l’intervento di indovini, maghi, astrologi e interpreti di sogni.
Il linguaggio matematico dell’astrologia viene rispettato in
numerosi passi della Bibbia. Il dodecagono, ossia il cerchio diviso
in dodici parti che corrispondono alle nostre costellazioni chiamate
Ariete, Toro, Gemelli eccetera, nell’antico Testamento viene
presentato come le Dodici tribù di Israele. Leggiamo ad es. in
Genesi 49: “Ruben il primogenito, il mio vigore ed il principio del
mio potere generativo, l’eccellenza della dignità e l’eccellenza
della forza” . Chi non riconosce la simbologia dei primi tenta gradi
zodiacali? E continua: “Simeone e Levi sono due fratelli, essi
tagliarono i garretti al Toro …”Giuda è un leoncello, Issacar è un
asino che giace fra due bisacce (la Bilancia) . Sia Dan un serpente
presso il lato della strada …che morde i calcagni del cavallo…”
(vicino allo Scorpione c’è la costellazione del Serpentario e il
cavallo, ovviamente, è il Sagittario).
Le dodici costellazioni e lo zodiaco lunisolare sono ulteriormente
proposte nell’Apocalisse di Giovanni, al versetto 12: “E un gran
segno fu visto nel cielo: una donna vestita del Sole, e la luna era
sotto i suoi piedi e sulla testa era una corona di dodici stelle…” o
ancora, parlando della Nuova Gerusalemme, la menzione ancora più
chiara al simbolismo zodiacale delle pietre, versetto 21:10: “La
città santa…Gerusalemme...aveva un grande ed alto muro e aveva
dodici porte, e alle porte dodici angeli e furono incisi dei nomi
che sono quelli delle dodici tribù dei figli d’Israele. Ad Oriente
erano tre porte, e al settentrione tre porte, e al meridione tre
porte e ad occidente tre porte…Le fondamenta dei muri della città
erano adorne di ogni sorta di pietre preziose: il primo fondamento
era diaspro, il secondo zaffiro, il terzo calcedonio, il quarto
smeraldo, il quindi sardonico, il sesto sardio, il settimo
crisolito, l’ottavo berillio, il nono topazio, il decimo crisopazio,
l’undicesimo giacinto, il dodicesimo ametista”
Né, tanto meno, nella Bibbia viene dimenticato il sette, che
corrisponde al numero dei pianeti allora conosciuto e che si
trasforma nel simbolo equivalente del Candelabro a sette braccia o,
sempre nell’Apocalisse di Giovanni, nei sette candelabri d’oro, nei
rotoli con sette sigilli, “nell’agnello con sette corna e sette
occhi che significano i sette spiriti di Dio) (gli Spiriti planetari
che ho trattato in articoli precedenti) e poi i sette angeli, i
sette tuoni, le sette trombe del Giudizio…
Completiamo questa prima parte con la visione di Giovanni in
Apocalisse 4:7: “Quattro creature viventi che sono pieni d’occhi
davanti e di dietro e la prima creatura vivente è simile a un leone,
e la seconda creatura vivente è simile a un giovane toro, e la terza
ha la faccia come quella d’un uomo e la quarta è simile a un’aquila
volante,,,”Qui abbiamo i simboli della Croce fissa zodiacale, col
viso d’uomo che corrisponde all’Acquario e con l’Aquila, simbolo
superiore dello Sorpione.
Fine prima parte
Astrologia e religione 2 parte
Nel secolo appena trascorso abbiamo assistito al boom
dell’astrologia popolare che, entrata sempre più prepotentemente
nella nostra vita grazie a quel mai sufficientemente stigmatizzato “oroscopone”,
ci ha sbrigativamente suddivisi in dodici stereotipi, uno per ogni
segno dello zodiaco, distribuendo a destra e a sinistra “incontri
interessanti” e “svolte inaspettate nel destino”…
Questa ingenua letteratura celeste è seguita da strati vastissimi
della popolazione – le statistiche insegnano – ed anche i più
incalliti razionalisti spesso sbirciano di soppiatto l’oroscopone,
attribuendogli all’occorrenza un valore beneaugurale.
Da molte parti si afferma persino che né politico, né vip, né uomo
della strada usa prendere una decisione senza prima consultare le
stelle e questa palese esagerazione sta purtroppo ottenendo lo
stesso credito del summenzionato oroscopone.
Forse anche per tali motivi alcuni uomini della Chiesa si sono
nuovamente sentiti in dovere di prendere posizione contro
l’astrologia, ammonendo i lettori troppo creduloni a non credere
alle stelle, che sarebbero solo espressione di superstizione,
ignoranza e peccato.
A quasi tutti gli astrologi sarà capitato almeno una volta di essere
stati interrogato sull’eventuale incompatibilità fra il credere
negli influssi astrali e il credere in Dio. E penso che ognuno abbia
cercato di spiegare che non esiste conflitto fra le due cose sia
perché le stelle predispongono principalmente a un certo clima di
vita e non ad avvenimenti rigidamente prestabiliti, sia perché le
stelle sono sempre state considerate espressione della volontà
celeste e quindi subordinate ad essa.
“Gli astro governano gli uomini ma Dio governa gli astri” è
un’antica frase che risolve brillantemente la disputa astrologia e
religione.
E ancora, non va dimenticato che l’astrologia si è sempre fusa con
la religione anche perché l’antico uomo che, sollevando il capo,
contemplava il Sole e la Luna, i fenomeni atmosferici e il cielo
stellato, stabiliva un rapporto istintivo tra l’alto, indipendente
dalla sua volontà, e il basso, sul quale esercitava una relativa
influenza e dominazione. Sicché fu spontaneo che l’alto divenisse
per lui un attributo della divinità tanto più che, come giustamente
scrive Mircea Elide: “la semplice contemplazione della volta celeste
è sufficiente a far nascere un’esperienza religiosa”.
Ma non credo nemmeno sia un caso che, fra tutti gli esseri viventi
del nostro pianeta, solo all’uomo sia dato di tenere gli occhi
alzati verso il cielo e di poter osservare il movimento degli astri.
E il loro disegno rigoroso, preciso, ordinato, soggetto a leggi
fisse e periodiche, suggerisce un altro disegno altrettanto
rigoroso, preciso, ordinato proveniente da una Legge superiore.
Caldei, Babilonesi, Cinesi, Ebrei, Maya o Aztechi, tutti hanno
osservato affascinati lo spettacolo celeste “la cui bellezza e
grandiosità si addice più di ogni altra cosa a suscitare il
sentimento del sublime” Questa volta la citazione è di E. Kant.
Sebbene all’origine l’astrologia abbia indubbiamente assunto anche
caratteri di astrolatria – cioè culto dedicato agli astri
considerati semplici forme visibili della divinità – essa divenne
subito prerogativa dei più saggi, degli osservatori più acuti e più
aperti a un’interpretazione di tipo “sottile” di tutti i fenomeni
del creato: i sacerdoti-astrologi.
Furono essi i primi a codificare il moto delle stelle e dei pianeti,
a prevedere le eclissi di Sole e di Luna oltre che gli effetti delle
configurazioni celesti sul clima, sui raccolti, sulle epidemie o le
guerre.
IL tracciato luminoso formato dagli astri, simile a una rilucente
scrittura su un gran libri nero, da questi sacerdoti-astrologi venne
considerato un messaggio denso di significati che riguardavano
direttamente il destino del cosmo e delle umane cose. L’astrologia
diventò la scienza dello spazio e, comme aggiunge Grad, “la scienza
del tempo”. Posiamo affermare senza esitazione che essa è stata la
prima scienza dell’uomo e, contemporaneamente, la sua prima
religione giacché ogni religione è una cosmogonia il cui principio è
una concezione globale del mondo e delle sue origini.
L’astrologia perciò non è stata solo il prodotto di una religione o
di una superstizione astrale bensì un messaggio
astronomico-scientifico tramandato sino ai nostri giorni, di cui
troviamo traccia in ogni religione. Apparentemente politeista
(l’astrologia, da chi non la comprese, è stata accusata di avere una
pluralità di forse e di dèi) essa è invece “il primo e più grandioso
tentativo di dare una spiegazione globale dell’universo”. (Cassirer)
IL monoteismo ebraico non l’ha mai ignorata, l’astrologia è
indissolubilmente legata ad esso e basta leggere con un po’ di
attenzione le Sacre Scritture per rendersi conto del rapporto
ambiguo, anche se ufficialmente sconfessato, fra la tradizione
astrologica e la cultura ebraica.
Vogliamo fare insieme una piccola verifica?
Molti di voi avranno nella modesta o importante biblioteca una copia
della Sacra Bibbia. Essa, come tutti sappiamo, è composta di due
parti, la prima chiamata Antico Testamento, che comprende il
Pentateuco di Mosè, i libri profetici e didattici e la seconda
composta dai quattro Vangeli, dagli Atti degli Apostoli e
dall’Apocalisse di Giovanni.
Dell’Antico Testamento non sono giunti a noi testi originali
antecedenti al 1000 a.C., anche se la Genesi racconta gli
avvenimenti riguardanti la nascita del mondo.
L’astrologia invece, benché codificata dalle prime regole precise
grazie a Berose, sacerdote-astrologo caldeo del III secolo a.C,,
nacque circa cinquemila anni fa nella Babilonia meridionale,
probabilmente a Sumer, e rapidamente si diffuse il tutto il mondo
egizio e greco.
Orbene, gli ebrei che appartengono alle popolazioni semitiche del
XVIII sec. a.C., erano un popolo di pastori nomadi che, nei loro
spostamenti, furono a contatto con numerose altre etnie e
obbligatoriamente ne dovettero conoscere la cultura, le tradizioni,
la filosofia, la religione.
La diaspora ebraica li ha quindi mescolati ad altre popolazioni, in
particolare a quella egizia, facendo sì che ne assimilassero almeno
in parte gli usi e i costumi. Non è quindi lecito supporre che essi
ignorassero l’astrologia sia nel suo aspetto scientifico che
divinatorio. Né tanto meno possiamo accettare l’ipotesi che
ignorassero le mantiche, ossia l’arte di prevedere il futuro, comune
a tutte le popolazioni del mondo.Profezia è eguale a profeti e
l’antico Testamento è pieno di libri profetici…
Per toglierci ogni dubbio in proposito iniziamo a prendere la Genesi
che, già nel versetto 1:14, contiene queste parole:”si facciano dei
luminari nel cielo per fare una divisione tra il giorno e la notte
ed essi dovranno servire come segni (il corsivo è mio) per le
stagioni, per i giorni e gli anni”.
Questi “segni” intendono in modo implicito ed esplicito l’astromantica
in quanto in numerosi passi delle Sacre Scritture troviamo
l’intervento di indovini, maghi, astrologi e interpreti di sogni.
Il linguaggio matematico dell’astrologia viene rispettato in
numerosi passi della Bibbia. Il dodecagono, ossia il cerchio diviso
in dodici parti che corrispondono alle nostre costellazioni chiamate
Ariete, Toro, Gemelli eccetera, nell’antico Testamento viene
presentato come le Dodici tribù di Israele. Leggiamo ad es. in
Genesi 49: “Ruben il primogenito, il mio vigore ed il principio del
mio potere generativo, l’eccellenza della dignità e l’eccellenza
della forza” . Chi non riconosce la simbologia dei primi tenta gradi
zodiacali? E continua: “Simeone e Levi sono due fratelli, essi
tagliarono i garretti al Toro …”Giuda è un leoncello, Issacar è un
asino che giace fra due bisacce (la Bilancia) . Sia Dan un serpente
presso il lato della strada …che morde i calcagni del cavallo…”
(vicino allo Scorpione c’è la costellazione del Serpentario e il
cavallo, ovviamente, è il Sagittario).
Le dodici costellazioni e lo zodiaco lunisolare sono ulteriormente
proposte nell’Apocalisse di Giovanni, al versetto 12: “E un gran
segno fu visto nel cielo: una donna vestita del Sole, e la luna era
sotto i suoi piedi e sulla testa era una corona di dodici stelle…” o
ancora, parlando della Nuova Gerusalemme, la menzione ancora più
chiara al simbolismo zodiacale delle pietre, versetto 21:10: “La
città santa…Gerusalemme...aveva un grande ed alto muro e aveva
dodici porte, e alle porte dodici angeli e furono incisi dei nomi
che sono quelli delle dodici tribù dei figli d’Israele. Ad Oriente
erano tre porte, e al settentrione tre porte, e al meridione tre
porte e ad occidente tre porte…Le fondamenta dei muri della città
erano adorne di ogni sorta di pietre preziose: il primo fondamento
era diaspro, il secondo zaffiro, il terzo calcedonio, il quarto
smeraldo, il quindi sardonico, il sesto sardio, il settimo
crisolito, l’ottavo berillio, il nono topazio, il decimo crisopazio,
l’undicesimo giacinto, il dodicesimo ametista”
Né, tanto meno, nella Bibbia viene dimenticato il sette, che
corrisponde al numero dei pianeti allora conosciuto e che si
trasforma nel simbolo equivalente del Candelabro a sette braccia o,
sempre nell’Apocalisse di Giovanni, nei sette candelabri d’oro, nei
rotoli con sette sigilli, “nell’agnello con sette corna e sette
occhi che significano i sette spiriti di Dio) (gli Spiriti planetari
che ho trattato in articoli precedenti) e poi i sette angeli, i
sette tuoni, le sette trombe del Giudizio…
Completiamo questa prima parte con la visione di Giovanni in
Apocalisse 4:7: “Quattro creature viventi che sono pieni d’occhi
davanti e di dietro e la prima creatura vivente è simile a un leone,
e la seconda creatura vivente è simile a un giovane toro, e la terza
ha la faccia come quella d’un uomo e la quarta è simile a un’aquila
volante,,,”
Qui abbiamo i simboli della Croce fissa zodiacale, col viso d’uomo
che corrisponde all’Acquario e con l’Aquila, simbolo superiore dello
Sorpione.
II parte
Nella puntata precedente credo di aver in parte dimostrato che non
vi è reale conflitto fra astrologia e religione e che anzi, proprio
il testo principale della religione cristiana – la Sacra Bibbia – è
ricco di riferimenti astrologici.
Religione e astrologia hanno sostanzialmente una struttura simbolica
comune che appartiene a un linguaggio universale, impropriamente
chiamato “esoterico” e che, ovviamente, è molto lontano
dall’oroscopo e la divinazione spicciola. Sicché è solo l’aspetto
mantico viene apertamente e spesso ferocemente stigmatizzato come,
ad esempio, nel versetti di Isaia (47:13) riferentisi alla futura
distruzione di Babilonia: “Stiano in piedi, ora, e ti salvino, gli
adoratori dei cieli, quelli che guardano le stelle, che alle lune
nuove danno conoscenza circa le cose che verranno su di te”.
Mosè, in Deuteronomio 18:10 e seguito addirittura ammonisce: “Non ci
sia in mezzo a te…nessuno che usi la divinazione, né praticante di
magia, né alcuno che cerchi presagi…perché chiunque fa queste cose è
detestabile a Geova…”
Gli ebrei davano però importanza ai sogni, che supponevano fossero
un mezzo di comunicazione con Dio. In Genesi 41 leggiamo che
Giuseppe fu chiamato dal Faraone per interpretargli il sogno delle
sette vacche grasse e delle sette vacche magre mentre Daniele, a sua
volta, fu chiamato da Nabucodonosor per interpretare un altro sogno.
Né tanto meno era bandito il contatto medianico coi morti se,
citando a caso, vogliamo ricordare il personale tentativo di Saul di
interrogare Geova mediante i sogni, i profeti e gli Urim (gli Urim,
presso gli ebrei, erano elementi che si ponevano sul petto per
conoscere l’oracolo divino ma nessuno sa cosa siano) e poi, non
essendoci riuscito, il suo andare presso una medium famosa,
pregandola di usare i suoi poteri per parlare col defunto Samuele.
“Usa la divinazione, ti prego, mediante lo spirito medianico, e
chiamami colui che ti designerò…”chi ti chiamerò?” a ciò egli disse:
chiamami Samuele” (Samuele 28 e seguito).
D’altronde non possiamo ignorare che la patria di Adamo era Ur,
quest’ultima a sua volta patria dell’astrologia, mentre a Babilonia
o Babele (che significa “la porta di Dio” o “la porta degli dèi”)
costituiva il più importante centro religioso e politico della
Mesopotamia. I Babilonesi, poi, furono i continuatori della dinastia
numerica crollata nel 2000 circa a.C. e attinsero largamente alla
religione dei sumeri il cui Pantheon comprendeva una trinità cosmica
(Anu, Enlil, Ea) e una trinità astrale (Shamash, Sin e Ishtar, cioè
Sole, Luna e Venere).
A loro volta i Caldei, popolo aramaico insediatosi nel II millennio
a.C. nella Babilonia meridionale, venivano considerati dagli ebrei
una classe di maghi proprio per il gran numero di indovini e
astrologi che militavano fra loro.
A questo punto possiamo anche concludere che la predestinazione e il
fato, palesemente aborriti dalla religione cristiana, erano in fondo
ipotesi largamente accettate dal popolo ebraico, tanto è vero che in
Geremia 10:23-24 leggiamo: “Non appartiene all’uomo terreno la sua
vita. Non appartiene all’uomo che cammina nemmeno di dirigere il suo
passo” il che ci ricorda l’attuale “ non si muove foglia che Dio non
voglia”, mentre Giobbe rincalza dicendo: “Se i suoi giorni
(dell’uomo) sono decisi, il numero dei suoi mesi è presso di te; hai
fatto un decreto oltre il quale l’uomo non può andare”. Questo
concetto è esplicitamente ripetuto in Ecclesiaste 3:1 e seguito:
“per ogni cosa c’è un tempo fissato; pure un tempo per ogni affare
sotto ai cieli: un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo
per piantare un albero e un tempo per sradicare ciò che si è
piantato…un tempo per piangere e un altro per ridere…”
Sicché, nonostante gli sforzi dei Dottori, tesi a estirpare le arti
magiche in generale e l’astrologia in particolare, queste arti
accompagnarono sempre il popolo ebraico, profondamente influenzato
da Caldei, Babilonesi ed Egizi.
“ I pianeti non hanno influenza su Israel” tuonavano i Dottori ma
l’uomo è stato sempre affascinato dall’idea che sia possibile
conoscere il destino e, quando non gradito, possibilmente
ingannarlo.
La credenza del popolo ebraico era, purtuttavia, che le previsioni
sfavorevoli di un astrologo, per quanto esatte, potessero essere
stornate con un atto di bontà. Si racconta nel Talmud che due uomini
erano andati a tagliar legna in un bosco e che un astrologo,
vedutili, predisse che non sarebbero tornati vivi. Lungo la strada i
due incontrarono un vecchio mendicante che chiedeva la carità d’un
pezzo di pane perché era stanco e affamato. I taglialegna,
impietositisi, divisero il loro umile pane col vecchio che li
benedisse dicendo: “Come oggi avete salvato la mia vita, possiate
ora salvare la vostra”. Ed essi tornarono in pace, con gran
meraviglia di coloro che, avendo ascoltato la previsione
dell’astrologo, li immaginavano morti. L’astrologo stesso, vedendoli
sani e salvi, a questo punto esclamò: “ Cosa posso farci io se il
Dio degli Ebrei si placa con la metà di un pezzo di pane?”
Gli Ebrei accettavano l’influenza dei pianeti sulla vita umana,
consideravano importanti e pericolose le eclissi, in particolare
quelle di Sole per i popoli pagani e quelle di lUna per i nemici di
Israel ma non per Israel, il cui calendario era regolato sui tempi
lunari mentre i pagani lo regolavano su quelli solari.
E’ probabilmente proprio a causa di questi due simboli-archetipi,
Sole e Luna, che si creò il divario tra astrologia e ebraismo. Uno
dei principali motivi dell’avversione per la divinazione in
generale, e per l’astrologia in particolare, è certamente il fatto
che la religione caldea, babilonese o egizia, oltre a possedere una
moltitudine di divinità, era prevalentemente lunare e teneva in gran
conto gli stati alterati di coscienza, la medianità, l’intuizione,
prerogative specifiche del femminile.
Mosè, per contro, contrappose il monoteismo più severo al politeismo
pagano e, contemporaneamente, instaurò una cultura rigidamente
patriarcale per opporsi all’influenza femminile nella vita sociale.
I simboli e i valori solari e lunari (Che sono comuni a tutte le
culture, asiatica, europea, mediterranea o indoamericana, esprimono
il concetto di una divinità maschile o femminile. Dalla prima,
positiva patriarcale, nacque il culto di “un dio mascolino della
ragione” che ritroviamo anche nell’Antico Testamento, espressione di
forza, logica, potenza. Dalla seconda, in antitesi con la prima,
nacque quello della Luna Dea-Madre, simbolo di sub-conscio,
ispirazione e magia.
Il culto solare e quello lunare, espressioni di due diverse
polarità, venne principalmente a esprimere due diverse concezioni
religiose. La prima, che attribuiva al creatore dell’universo il
sesso maschile, rispettava la donna ma proclamava la supremazia
patriarcale; la seconda, al contrario, attribuiva alla divinità
creatrice valori femminili, estendendone il significato anche alle
forse della natura in tutte le sue espressioni, inclusi i riti di
fertilità, le arti magiche, gli stati superiori o alterati di
coscienza.
Ovviamente le due opposte concezioni religiose esprimevano solo “il
segreto della duplice natura umana” ma gli uomini, incapaci di
comprenderne appieno il significato, hanno sempre parteggiato per il
mascolino o il femminino, combattendosi aspramente. I Babilonesi, ad
esempio, adoravano il Sole sotto il nome di Bel o Baal e gli Aztechi
si proclamavano “Figli del sole”. I Druidi, invece, popolo
influenzato dal culto femminile lunare, sostenevano di “possedere
poteri magici, di predire il futuro, di cambiare forma fisicamente,
di gettare incantesimi che procuravano pazzia o morte, di possedere
in pratica tutti i poteri attribuiti alle streghe” (C. Wilson
“Misteri”)
Finanche nelle cosmogonie popolari indiane troviamo dinastie solari
e lunari. Quelle solari avevano regole morali severissime,
sostenevano la necessità della preghiera, il culto degli avi e la
supremazia maschile. Quelle lunari praticavano le arti magiche, i
riti orgiastici e la religione del piacere. Le guerre sanguinose tra
i Pandava o “Figli della Luna” e i Kurava o “Figli del Sole”, ci
sono state tramandate dai poemi epici Purana e Mahabaratha.
La demonizzazione del femminile è la conseguenza di una cultura
maschilista patriarcale che, presso gli Ebrei, fu particolarmente
sentita. Gli antichi Dottori ebraici disputavano persino sulla
capacità intellettuale della donna, a cui molti attribuivano solo
queste qualità: ” sono golose, curiose, pigre e gelose”.
Ma se la donna è stata più o meno impropriamente legata al femminile
quest’ultimo, espressione di trascendenza, doveva appartenere a una
stretta e segreta schiera di privilegiati, se il Talmud riporta
questa strana esortazione: “ Non ricercare quel che è troppo
difficile per te, e quel che ti è nascosto non tentar di scoprire.
Applicati a ciò che ti è permesso ma non ti occupare delle cose
segrete”.
Non ancora paga di tante citazioni, in risposta chiudo con questa
frase di Nietzche: “Se vuoi essere felice, credi. Se vuoi essere
libero, dubita”.
Ed è propriamente questo desiderio di libertà che ci conduce
all’astrologia, mondo dei segni e dei simboli. Gli Ebrei sostenevano
che “non vi è realtà nella divinazione ma nei segni” e saranno
proprio questi ultimi oggetto di studio “esoterico” nel prossimo
lavoro.
Clara Negri
Breve bibliografia:
L’Antico Testamento.
Il Talmud;
C. Collins MISTERI
Mircea Eliade: Trattato di storia delle religioni;
James Frazer IL ramo d’oro
TRATTO DAL SITO "ASTRARMONIA"
http://www.astrarmonia.com/ |