Le Scuole Iniziatiche dell'Antica Saggezza ALCHIMIA
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LETTERE ALCHEMICHE N. 5 Le uova pasquali Quest'anno la Pasqua ortodossa è coincisa con la Pasqua ebraica. Dalla Domenica delle Palme, giornalmente, si è avuto un flusso dì fedeli in attesa e preparazione alla Santa Pasqua. Nel giorno di Pasqua, sono intervenuti ortodossi e cattolici insieme, provenienti da varie parti della Sicilia orientale e dalla Calabria, italiani ed immigrati. L'archimandrita ortodosso, Monsignor N. non ha avuto problemi a farsi capire da tutti, celebrando in italiano, greco e russo. Tra canti e processioni sono rimasta colpita dalla tradizione che ancora permane tra gli ortodossi di donare le uova sode colorate, quasi esclusivamente, di rosso. M'è ritornato alla mente che tale pratica era compiuta da mia madre quando ero piccola... e, come allora, ho visto macchiare i polpastrelli con il colorante usato. Qualcuno, dimentico della Tradizione (ma forse non l'ha mai conosciuta), ha chiesto perchè le uova erano colorate di rosso. Non poteva il "Professore" esimersi dal dare una spiegazione non proprio exoterica: "il tuorlo è il Solfo, l'albume è il Mercurio, il guscio è il Sale". Il Solfo ( |) + il Mercurio (—) = il Sale (+). Il simbolismo alchemico cinese non prevede lo zolfo, che è yang, ma al suo posto sta il piombo. Il fine dell'operazione alchemica non è, comunque, il sale, prodotto neutro dell'azione reciproca dello yin e dello yang, ma lo yang allo stato puro, l'oro. E ciò corrisponde in pieno a quanto perseguito dagli alchimisti occidentali: "il piombo va trasformato in oro". Pare che si utilizzasse, simbolicamente, proprio il cinabro per la sua capacità riconosciuta a produrre oro, in quanto la trasformazione operata non è fisica, materiale, ma spirituale. L'oro è lo yang essenziale, la luce assoluta. Il suo fiorire procede dalla Terra-cinabro secondo un metodo che ricorre a tre principi: "l'Acqua seminale, il Fuoco dello Spirito e la Terra dei pensieri", considerati, rispettivamente, la base, il principio attivo e la sostanza, per cui possono essere messi in relazione con il Mercurio, il Solfo e il Sale dell'Alchimia occidentale. L'operazione alchemica consiste di due fasi: la fioritura, che sembra riferirsi alla produzione del cinabro (solfuro di mercurio, in cinese tan, il Sale alchemico, simbolicamente e fisicamente espresso nel crogiuolo dell'alchimista dal colore rosso, che in cinese si dice sempre tan), omologabile con l’'elisir, prodotto della cristallizzazione (o interazione) dell'Acqua (yin) e del Fuoco (yang), e la maturazione, che sembra riferirsi alla produzione dell'Embrione d'Oro, il Figlio dei Saggi di Angelo Silesio, la Pietra Filosofale degli alchimisti occidentali, I'Hiranyagarbha indù, l'Uovo del Mondo e il T'ai-ki. In Cina la fase terminale della cristallizzazione era chiamata "metter mano", nel senso di "cominciare il lavoro" (come si usa dire anche da noi). Questa fase determinava il ritorno al Centro dell'essere, raffigurato dalla "caverna del cuore", chiamato in Cina Campo medio del Cinabro, un chakra la cui localizzazione può mutare a seconda della natura delle funzioni considerate. Stabilirsi nel Centro, "custodire il Centro" è anche "custodire l'Uno" e identificarsi con esso. Come ci riferisce Guénon, ne I Simboli della Scienza Sacra, ciò che, secondo la tradizione indù, è nascosto nella "caverna del cuore" è il principio stesso dell'essere, e ne L 'uomo e il suo divenire secondo il Védanta, sempre lo stesso autore ci riferisce che il Sé, non distinto da Atma, identificato con Brama stesso, risiede nel centro vitale di ogni essere umano. Si ritiene che questo centro vitale corrisponda analogicamente al ventricolo più piccolo (guha) del cuore (hridaya), che però non deve essere confuso con l'organo fisiologico che ha questo nome. Il cuore è considerato il centro della vita, dal punto di vista fisiologico, ma è inoltre considerato tale in un ordine superiore, e in qualche modo simbolicamente, rispetto all'Intelligenza universale nelle sue relazioni con l'individuo. Gli stessi Greci attribuivano al cuore la medesima funzione e ne facevano, inoltre, la sede dell'intelligenza e non del sentimento. In sanscrito, il termine guha (caverna), che si applica alla cavità interna del cuore, è derivato dalla radice guh, il cui senso è "coprire" o "nascondere", senso che è pure quello di un'altra radice similare gup, da cui gupta che si applica a tutto ciò che non si manifesta esteriormente: è l'equivalente del greco Kruptos, da cui la parola "cripta", sinonimo di caverna. "In questa dimora di Brama (Brama-pura) vi è un piccolo loto, una dimora nella quale c'è una piccola cavità (dahara) occupata dall'Etere (Akasha); si deve cercare Ciò che risiede in questo luogo, e Lo si conoscerà" (Chhandogya Upanishad). Nel centro vitale non risiede solo l'anima vivente, jivatma, ossia la manifestazione particolare del Sé nella vita (jîva), ma anche Atma incondizionato o Paramatma. "Questo Atma che sta nel cuore è più piccolo di un chicco di riso, più piccolo di un chicco d'orzo, più piccolo di un chicco di senape, più piccolo di un chicco di miglio, più piccolo del germe racchiuso nel chicco di miglio; questo Atma che sta nel cuore è anche più grande della terra (il dominio della manifestazione grossolana), più grande dell'atmosfera (il dominio della manifestazione sottile), più grande del cielo (il dominio della manifestazione informale), più grande di tutti questi mondi messi insieme (vale a dire è al di là di ogni manifestazione, essendo l'incondizionato)" (Chhandogya Upanishad). Atma incondizionato, o Paramatma, e jivatma sono distinti tra loro in modo soltanto illusorio, cioè relativamente alla manifestazione stessa, e sono identici nella realtà assoluta. Sono "i due che sono entrati nella caverna" e contemporaneamente sono detti "dimorare sulla vetta più alta". Spiega Guénon che Nara, l'umano o il mortale, che è jivatma, è assimilato ad Arjuna (manifestato), e Narayana, il divino o l'immortale, che è Paramatma, è assimilato a Krishna (non manifestato). Il simbolismo è uguale a quello dei Dioscuri, l'uno illuminato, l'altro scuro. Questi "due" sono anche i "due uccelli" che "risiedono nello stesso albero" (così come Arjuna e Krishna stanno sullo stesso carro) e sono detti "inseparabilmente uniti" perché sono in realtà uno solo e si distinguono solo illusoriamente. I.D.S. © Copyright - Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale
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